Antidepressivo2

17 luglio 2004

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09 luglio 2004

Antidepressivo2

Dopo alcuni giorni di totale disperazione, in cui potei constatare con grandissimo dolore che non riconoscevo la persona che avevo davanti, soprattutto grazie alle persone che mi sono state accanto, ho provato ad analizzare più razionalmente il comportamento della persona che mi stava davanti. Ne è emerso un quadro a mio avviso abbastanza preciso: il mio fidanzato appare ora più efficiente di prima nello svolgimento delle sue attività (le vertigini sono scomparse, ha sostenuto due esami in due settimane e afferma di non essere mai riuscito a concentrarsi così bene come dall'inizio della cura) al tempo stesso però vi è una totale mancanza di qualsiasi espressione emotiva e, così sembra, della capacità di avvertire il peso delle altrui emozioni. Mi spiego meglio: l'uomo che fino a meno di un mese fa arrivava al pianto, quand'io avessi messo in dubbio la solidità della nostra relazione, ora non versa una sola lacrima davanti alla nostra separazione. é riuscito da un giorno all'altro a passare dalla condizione di cercarmi e di comunicare intensamente anche i più inutili dettagli della quotidianità, al non farsi del tutto più sentire per l'arco di giorni, e ciononostante rispondere prontamente (anche se con assoluto distacco, come quando si parla con un passante per chiedergli un informazione stradale) ai miei messaggi e alle mie telefonate. Io sono disperata, non so più chi ho di fronte, ho paura e non so cosa aspettarmi. La distanza tra me e questa persona complica ulteriormente le cose. Non sono però nemmeno disposta a rinunciare alla persona che amo senza prima aver tentato ogni strada. La mia domanda è: cosa posso ancora aspettarmi da questi farmaci? è l'effetto principale del farmaco l'induzione di questo stato mentale alterato (perchè solo così si spiegano gli atteggiamenti che egli presenta) o è da considerarsi un effetto collaterale, un esagerazione dell'effetto desiderato. . . ? è lecito aspettarsi che al termine dell'assunzione del farmaco il paziente 'torni in sè'? Esiste addirittura la possibilità che insorgano complicazioni più temibili (leggevo a tal proposito articoli dove si parlava dell'ideazione di tendenze suicide e ciò mi spaventa particolarmente perchè il mio fidanzato vive solo, lontano non solo da me ma anche dai genitori). Spero di aver fornito elementi sufficienti per la comprensione del caso, e spero di non essermi spinta troppo oltre in quei campi che il regolamento del vostro servizio esclude. D'altro canto non so proprio a chi rivolgermi, non so quale strada tentare e l'idea di aver perso la persona che amo è a tratti insostenibile. . . Ringrazio anticipatamente di cuore tutti i professionisti che vorranno fornirmi un indicazione da seguire. Chiara

Risposta del 17 luglio 2004

Risposta a cura di:
Dott.ssa GIULIA MARIA D'AMBROSIO


Chiara, mi segua bene.
La storia che lei racconta è complessa, ma avrà mille sfumature che non sono state riportate per forza di cose.
Quando ci si trova nei guai, si cerca la fonte magica a cui attingere un'acqua guaritrice. La capisco, comprendo e posso persino sentire il dolore lancinante che lei sta provando per quello che accade.
Ma è necessario che lei si scuota, perché la fonte di cui sopra è solo e soltanto dentro di lei.
Il suo fidanzato forse è molto diverso da come lei pensava. Provi a dare per buono il fatto che il farmaco stia funzionando e che stia rivelando quello che veramente c'era dietro un fare timido e insicuro, emotivamente dipendente.
Lui ha dei problemi, che non è detto che siano curabili.
Ma lei deve chiedersi come mai è stata attratta da un uomo la cui realtà nascosta era questa anafettività.
Sebbene vi sia una remota possibilità che in parte il senso di distacco che lei vede sia veicolato dai farmaci, in realtà non si manifesterbbe con questa potenza se sotto non ci fossero problemi seri. Ma, ripeto, lei che è una donna di grande forza, coraggiosa e tenace negli affetti, come mai non si è scelta un suo pari, ma un giovane uomo con una voragine affettiva così evidente?
Si faccia aiutare da qualcuno, ma per se stessa. Il resto, da qualsiasi parte conduca, verrà da sé, mi creda. E abbia fiducia nei fatti che la vita porta. Spesso ciò che consideriamo una discgrazia ha dei risvolti di importanza fondamentale, se si ha la pazienza di chiedersi perché e di cercare.
Un caro saluto.

Dott. Ssa Giulia Maria D'Ambrosio
Specialista attività privata
MILANO (MI)



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