Che cosa dice la legge

04 febbraio 2005
Aggiornamenti e focus

Che cosa dice la legge



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La storia dei farmaci generici in Europa e in Italia comincia nel 1965, con la direttiva CEE n. 65/65 sui medicinali, che all'art. 8, comma 3, conteneva una norma che avrebbe dovuto facilitare l'ingresso dei "farmaci copia" anche in Italia. La direttiva però è stata recepita nel nostro paese solamente dopo più di un quarto di secolo, nel 1991. Una lentezza che spiega il ritardo italiano rispetto alla commercializzazione e alla vendita dei farmaci generici nonché il fatturato irrisorio confrontato a quello degli altri paesi europei.

Che cosa si considera generico

Farmaci generici erano considerati fino all'entrata in vigore del DL 178/91 i galenici officinali (Elenco A del Formulario Nazionale della Farmacopea Ufficiale), con l'entrata in vigore del decreto entra in gioco una nuova definizione: farmaci preconfezionati prodotti industrialmente. Le cose cambiano così in modo significativo sia per quel che riguarda gli obblighi del farmacista sia per quel che riguarda norme di preparazione e di commercializzazione. Un passo in avanti significativo confermato nel 1996 quando la definizione ufficiale di generico diventa così "Farmaco, la cui formulazione non sia più protetta da brevetto, a denominazione generica del principio seguita dal nome del titolare della AIC".Un concetto in breve tempo ampliato fino all'attuale definizione cui si è giunti con il DL 323 del 20/6/1996: medicinale a base di uno o più principi attivi, prodotto industrialmente, non protetto da brevetto o da certificato protettivo complementare, identificato dalla denominazione comune internazionale del principio attivo o, in mancanza di questa, dalla denominazione scientifica del medicinale, seguita dal nome del titolare dell'AIC, che sia bioequivalente rispetto ad una specialità medicinale già autorizzata con la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche. Lo stesso decreto sancisce anche le norme riguardanti l'immissione in commercio e la documentazione necessaria al Ministero della Salute.

Quanto dovrebbe costare

Un aspetto molto significativo poi ripreso nelle Finanziarie successive riguarda l'abbassamento del prezzo di almeno il 20% rispetto alla corrispondente specialità medicinale che ha goduto della copertura brevettuale. L'aspetto della registrazione, con tempi ben più lunghi di quanto previsto dalla legge, è in realtà uno dei più problematici inerenti la turbolenta storia dei generici. I rallentamenti burocratici, infatti, riducono la disponibilità sul mercato di un ampio numero di molecole, condizione necessaria allo sviluppo di un mercato rilevante.

Che cosa significa brevettare un farmaco

I prodotti farmaceutici sono diventati brevettabili nel 1978 per una sentenza della Corte Costituzionale seguita da una ratifica della Convenzione di Monaco che ha istituito il Brevetto Europeo e dalla emanazione del DPR 338/1979 che adeguava la normativa nazionale. Poi la legge 349/91 ha istituito il CPC (Certificato Complementare di Protezione), successivamente abrogato per effetto del Regolamento CEE1768/92 istitutivo del SPC (Supplementary Protection Certificate). Le differenze? Mentre l'SPC ha una durata dell'estensione alla fine della durata legale del brevetto, di 5 anni, con il CPC è non superiore a 18 anni. Una notevole semplificazione, peccato però che, nel periodo di transizione legislativa tra i due decreti, una larga parte dei circa 400 principi attivi presenti sul mercato italiano abbia ottenuto il CPC, con una copertura brevettuale ulteriore e notevolmente più lunga e senza la necessaria pubblicità sulle molecole per le quali era stato concesso. Questo certificato protettivo complementare rappresenta così una delle cause che hanno frenato lo sviluppo del generico in Italia.

La svolta del 2000

Il 2000 è stato prodigo di importanti novità nel campo dei generici. Per cominciare a partire dal 31 gennaio 2000 i farmaci generici sono meno cari del 5%, nel corso dell'estate poi è stato predisposto un documento relativo ai farmaci a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN): il "Formulario SSN". All'interno vengono classificati i farmaci generici con l'indicazione di quelli disponibili. Il tutto allo scopo di favorire l'appropriatezza della scelta dei medicinali commercializzati sul nostro territorio da parte sia del medico sia del farmacista. Vengono così definiti sia i requisiti del farmaco sia i controlli che è necessario superare per ottenere l'AIC dal Ministero della Salute, definendo così, se ancora ce ne fosse bisogno, che il farmaco generico garantisce la stessa qualità ed efficacia della specialità di riferimento, per di più ad un prezzo inferiore. Molto significativa tra le iniziative regionali quella della Regione Toscana che con una delibera, in vigore dall'estate, si è rivolta ai medici dipendenti pubblici indicando loro di prescrivere i farmaci generici in fase di dimissione dall'ospedale o nelle visite occasionali o specialistiche. Un provvedimento peraltro aspramente criticato dalla Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale. Un fatto è certo. In Italia il generico risulta ancora essere, per 9 persone su 10, un prodotto destinato alla cura della salute poco noto e quindi di cui non sa se fidarsi. L'assenza di cultura e di informazione, tra i cittadini ma anche tra i medici e i farmacisti, ha reso di fatto l'Italia il fanalino di coda europeo. È evidente come sia necessaria una maggiore collaborazione tra i vari soggetti in gioco: aziende, operatori sanitari e cittadini per fare chiarezza su questi prodotti e favorire una diffusione sul mercato in linea con il resto d'Europa. Come aspettarsi, infatti, questi risultati se i farmaci generici non vengono prescritti ai pazienti, i farmacisti non li vendono e i grossisti ne limitano al minimo le scorte?

Marco Malagutti



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