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29 novembre 2002
Aggiornamenti e focus

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"L'AIDS in Italia sta diventando la malattia delle persone normali..." queste parole di Mauro Moroni, direttore dell'Istituto di Malattie Infettive e Tropicali dell'Università degli Studi di Milano, fotografano la situazione sul fronte della "malattia del secolo" come meglio non si potrebbe. Se, infatti, negli anni passati, nel decennio '80-'90, le categorie a rischio erano considerate omosessuali e tossicodipendenti, oggi il "ghetto" non esiste più e la malattia si diffonde tra i cosiddetti "normali". Sposato, maturo, con possibilità di viaggiare e di spendere, è questo, perciò, il nuovo identikit del sieropositivo. Adulti con una stabile vita di coppia che si concedono rapporti occasionali e non protetti. Soggetti che, per di più, non riconoscono il rischio a cui vanno incontro e quindi non ricorrono al test. Ecco i numeri aggiornati al 30 giugno 2002.

Eterosessuali in crescita


Nel primo semestre 2002, i casi di AIDS nella forma conclamata riguardanti gli eterosessuali sono stati 822 (37,8%). Una crescita costante, se si pensa che si è partiti dal 10,7% prima del 1993 fino ad arrivare alla percentuale attuale. Segno, secondo gli osservatori, di una diffusa superficialità dell'opinione pubblica che, attribuendo la malattia a specifiche categorie, ha ritenuto che fosse sotto controllo. Il circuito di diffusione del virus è facile da ricostruire. Parte dal rapporto occasionale dell'uomo con prostitute non professioniste infette, in particolare ragazze provenienti dall'Europa dell'Est e dall'Africa, per chiudersi fra le mura domestiche. Succede così che il 75-80% delle donne (altra categoria in preoccupante aumento), acquisisce l'infezione dal partner stabile mentre più del 60% degli uomini la acquisisce da partner occasionali. Il dato più inquietante per le donne riguarda il fatto che 4 su 10 si sono infettate avendo rapporti protetti con partner sieropositivi dichiarati: il 36% con il partner stabile e il 3,1% con un partner occasionale che aveva dichiarato la propria condizione prima del rapporto sessuale.

C'è chi sale e c'è chi scende


La storia, perciò, è cambiata e per le "vecchie" categorie a rischio, tossicodipendenti e omosessuali, i numeri sono più confortanti. Per quanto riguarda i tossicodipendenti si è passati da un indice del 67,4% prima del 1993 all'attuale del 38%, un valore pari a quello degli eterosessuali. Va anche detto che l'HIV si è trasformato in una malattia a trasmissione sessuale: secondo lo Studio I.CO.N.A. (Italian CohOrt of Naive Antiretroviral patients) l'infezione per via sessuale si verifica nel 70% dei casi. Passando agli omosessuali la percentuale si è ridotta dal 18% del 1999-2000 al 16,8% degli ultimi dati aggiornati. Calo sì ma inferiore alle attese e probabilmente sintomatico di un abbassamento della guardia anche fra gli omosessuali.

Virus multietnico 

Un altro dato che spicca fra gli altri riguarda gli extracomunitari. Basti pensare che circa il 30% delle nuove infezioni da HIV in Italia avviene in cittadini stranieri. Una crescita denunciata anche dall'aumento dei casi di AIDS conclamati: si è passati dal 2% del 1992 al 15% del 2001 ripartiti tra Africa (8,9%); Sud America (2,8%); Europa dell'Est (0,9%; Asia (0,5%). Molti degli infettati provengono da aree dove la malattia è endemica quindi si presume che l'infezione sia avvenuta nella terra d'origine e sia poi stata esportata in Italia. Il passaggio inverso peraltro è piuttosto diffuso con i rischi connessi di importare il virus nelle terre d'origine degli infettati.

Dal particolare al generale

L'imminente Giornata Mondiale dell'AIDS è anche l'occasione per tirare le somme e per fare dei bilanci. Dal 1982, anno della prima diagnosi di AIDS in Italia, al 30 giugno 2002 si sono avuti nel nostro paese secondo il COA (Centro Operativo AIDS) dell'Istituto Superiore di Sanità 50271 casi di malattia nella forma conclamata. Per il 77,9% si tratta di uomini e per l'1,4% di bambini. Al 30 giugno i decessi sono stati 33097, un valore non assoluto visto che il decesso per AIDS non è obbligatoriamente notificato. Nel primo semestre di quest'anno i nuovi casi di AIDS sono 935, mentre si stima che i sieropositivi possano aver raggiunto il tetto dei 110 mila. Il triste primato del numero dei casi di AIDS, sia per numero assoluto sia per incidenza dei casi, spetta alla Lombardia.
Infine uno sguardo all'età media della malattia, anch'essa in aumento. Se nel 1985 l'età media era di 29 anni negli uomini e di 24 nelle donne, adesso è cresciuta a 40 anni per gli uomini e a 36 per le donne. Per quanto riguarda i casi pediatrici, invece, il loro calo è motivo di conforto. Anche se dall'inizio dell'anno si sono registrati 4 nuovi casi.

Marco Malagutti

Fonte

XVI congresso ANLAIDS Torino 23 - 26 novembre 2002



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