Sempre all'erta per la SARS 

19 dicembre 2003
Aggiornamenti e focus

Sempre all'erta per la SARS 



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12 marzo 2003. L'Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) emana l'allerta globale per i casi di severa polmonite atipica a seguito del crescere del numero di casi negli operatori degli ospedali di Hanoi e Hong Kong.
5 luglio 2003. l'OMS rende noto che l'ultima catena umana di trasmissione della Sars è stata interrotta.

Quattro mesi di allarme, nel corso dei quali è emerso in modo drammatico il caos globale che può essere provocato da una nuova malattia. Un allarmismo nel quale la stampa, specializzata e non, ha svolto un ruolo da protagonista, commettendo anche errori palesi. Un noto settimanale tedesco, per esempio, con una grossolana analisi è arrivato a prevedere un incremento crescente del numero di casi di SARS. Al contrario l'epidemia è stata contenuta. Non solo. Le conoscenze su questa sindrome sono aumentate notevolmente: oggi, per esempio, si può affermare con certezza che la sindrome è provocata da un nuovo coronavirus (SARS-CoV). Le informazioni sulla sua epidemiologia restano, invece, poche, ragione per cui, come sottolineato da un recente documento dell'OMS, non si può abbassare la guardia.

Cosa si sa della malattia


Ormai è ufficiale, la sindrome respiratoria acuta grave è una malattia causata da uno specifico coronavirus e riguarda in particolare gli adulti. Il periodo medio di incubazione è di 5 giorni, in un intervallo che va da 2 a 10 giorni sebbene ci siano alcuni casi riportati di periodi di incubazione più lunghi. I pazienti inizialmente sviluppano sintomi tipici dell'influenza, come febbre, malesseri, mialgie, mal di testa e brividi. L'insorgenza di febbre rappresenta il sintomo più comune, ma può anche essere inizialmente assente. Nella seconda settimana di malattia compaiono tosse, dispnea e diarrea. I casi gravi sviluppano difficoltà respiratorie che peggiorano rapidamente e carenza di ossigeno, con circa un 20% dei casi che necessitano di terapia intensiva. Fino al 70% dei pazienti sviluppano diarrea, descritta come di grande entità e acquosa, senza sangue o muco. Durante questa fase della malattia ci può essere trasmissione. Quanto al tasso di mortalità, secondo i dati giunti da Canada, Cina, Hong Kong, Singapore, Vietnam e Stati Uniti, la stima media è dell'11% ma si può arrivare al 50%. La mortalità più alta è stata associata con il sesso maschile e con la presenza di altre malattie in diversi studi. Modificazioni delle radiografie toraciche, infine, sono state osservate nella maggior parte dei pazienti entro i primi tre-quattro giorni della malattia, nonostante l'assenza di sintomi respiratori. In genere si vedono placche formate con una lesione periferica unilaterale che progredisce a formare lesioni multiple o di apparenza sabbiosa. Non esistono, invece, parametri specifici ematologici o biochimici.

Scenari futuri


E dal futuro cosa bisogna aspettarsi? Il documento dell'OMS è inequivocabile. Tutti i paesi devono continuare a vigilare sulla ricomparsa della SARS e mantenere la loro capacità di individuare e rispondere al suo ritorno, qualora questo dovesse avvenire (ndr un nuovo caso è stato segnalato a Taiwan proprio mentre l'articolo veniva scritto). Quanto all'Italia, Donato Greco dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha individuato quattro punti fondamentali per una strategia a lungo termine.
  • Una maggiore conoscenza sull'origine del virus
  • L'interruzione della trasmissione. Idealmente mediante un vaccino
  • Un test diagnostico specifico, sensibile sin dalle prime fasi della malattia
  • L'unico ospite del virus dovrebbe essere l'uomo altrimenti bisogna coinvolgere anche gli altri serbatoi.
Per quel che riguarda il test diagnostico proprio l'ISS ne ha messo a punto uno nuovo. Si tratta di un test veloce, validato dall'OMS, che è il risultato finale di un'attività di ricerca internazionale durata almeno 4-5 mesi, coordinata dagli stessi laboratori dell'OMS. Le premesse sono ottime visto che i medici dovranno attendere appena 6-8 ore per sapere se il paziente ricoverato è stato realmente contagiato dal "coronavirus" della polmonite atipica. Quanto al vaccino, la mutagenicità del virus non deve inquietare in quanto tutto dipende dalla localizzazione delle mutazioni in siti importanti per il riconoscimento immunitario, come dire che basta che i cambiamenti non interessino la struttura fondamentale del virus. Quello che è certo è che il risultato non è dietro l'angolo. In gennaio partirà la prima sperimentazione sull'uomo di un vaccino contro la SARS. Se lo studio darà i frutti sperati, un vaccino efficace potrebbe essere disponibile nell'arco di un paio d'anni. Nel frattempo se la SARS dovesse colpire di nuovo, gli strumenti a disposizione non mancano e si chiamano sorveglianza, diagnosi precoce, controllo dell' infezione ospedaliera, traccia dei contatti e servizi di informazione internazionali.

Marco Malagutti



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