Infezioni emergenti

04 aprile 2003
Aggiornamenti e focus

Infezioni emergenti



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L'antrace prima e la SARS adesso, ma anche la meningite due mesi fa, hanno scatenato il panico di nuove epidemie. Eppure i dati raccolti dagli organismi internazionali di sorveglianza dimostrano che a suscitare focolai epidemici sono spesso microrganismi ben noti alla comunità medica. Non sono tanto i nemici, vecchi o nuovi, i responsabili di potenziali epidemie quanto la globalizzazione del mercato che ne consente, come mai prima, la rapida diffusione. Che siano gli uomini a viaggiare, o gli animali, o i prodotti alimentari, il risultato non cambia. Virus e batteri subiscono continue migrazioni e vengono a trovarsi, a volte, in condizioni climatiche più favorevoli alla loro contagiosità. Senza contare che un microrganismo emigrato lontano dal suo luogo d'origine ha molte probabilità di cogliere impreparati, dal punto di vista igienico e terapeutico, i suoi bersagli.

Coccidioidomicosi


Si tratta di una malattia fungina, provocata dall'infezione da Coccidioides immitis, che è endemica in Arizona, California e Nuovo Messico. Secondo le rilevazioni dell'Arizona Department of Health Services, dal 1998 al 2002 sono in aumento i casi di coccidioidomicosi. I picchi d'incidenza hanno un caratteristico andamento stagionale: il contagio, infatti, esplode nel periodo invernale, da novembre a febbraio. Dopo mesi di siccità, il caldo e l'atmosfera polverosa facilitano la diffusione delle spore, come se fossero un aerosol. Proprio l'inalazione delle spore causa la malattia che si manifesta con un semplice raffreddore, un'influenza oppure una polmonite. L'infezione respiratoria è acuta ma quasi sempre benigna (curabile), tuttavia per i residenti si può anche fare un po' di prevenzione: asfaltare le strade o bagnare il suolo nei cantieri, evitare (per i soggetti a rischio) le zone troppo polverose. Per tutti gli altri, meglio controllare con attenzione eventuali sintomi che insorgessero dopo un viaggio nelle zone endemiche.

Influenza aviaria


Eurosurveillance segnala ancora un'epidemia di influenza aviaria in parecchie fattorie olandesi, proprio agli inizi di marzo di quest'anno. L'11 marzo diversi lavoratori, che erano stati a contatto con pollame infettato dal virus dell'influenza aviaria A/H7N7, hanno manifestato congiuntivite e alcuni di loro sono anche risultati positivi al virus in questione. Già è strano il passaggio del virus dagli animali all'uomo, ma ci sono stati anche due casi di trasmissione da uomo a uomo: 2 parenti dei lavoratori infettati hanno sviluppato a loro volta i sintomi della congiuntivite, pur non essendo mai venuti in contatto con gli animali. Immediate le misure di contenimento, dall'introduzione di maggiori precauzioni, come l'utilizzo di occhiali e mascherine durante il lavoro, all'obbligatorietà per tutti i lavoratori del settore, dal 14 di marzo, di effettuare la profilassi con oseltamivir. Infatti l'incidenza delle infezioni, che a fine mese registravano 247 casi, ha iniziato a diminuire già dal 13 di marzo ma resta l'allarme. Il rischio maggiore risiederebbe nell'eventualità di una duplice infezione da A/H7N7 e A/H3 (un ceppo dell'influenza umana) che potrebbe indurre un pericoloso "riassortimento" di entrambi i virus.

Salmonella

I casi di salmonellosi in Europa sono calati da 100.267 nel 1997 a 73.006 nel 2001, tuttavia la sfida continua perché la salmonella ha affilato le sue armi.
Prima fra tutte l'importazione di cibi all'interno dell'unione: è così che il pollame olandese, infettato da Salmonella enteritidis del sierotipo Java, ha provocato i suoi danni nella popolazione scozzese, che di quei polli si era cibata. Stesso meccanismo per la recente epidemia che ha colpito 1.000 persone in Inghilterra e Galles, la colpa era di uova contaminate provenienti dalla Spagna. Paese, quest'ultimo, dove il numero di casi di salmonellosi è in controtendenza, essendo più elevato rispetto al trend europeo.
Difficile poi risalire, tra le derrate alimentari giunte sul mercato, a quale sia l'esatta provenienza di quelle adulterate e, di conseguenza, approntare controlli preventivi e mirati.
Difficile anche inseguire le tante mutazioni che hanno portato la salmonella a una super resistenza; nei casi registrati nel 2000 il 40% dei ceppi era resistente ad un antibiotico, il 18% addirittura a 4 o più antibiotici.

G.A.S.

Vengono così abbreviati gli streptococchi del gruppo A, responsabili di infezioni respiratorie acute particolarmente invasive, il più diffuso è lo Streptococcus pyogenes. Il contagio si diffonde facilmente tra le reclute militari, a causa della vita a stretto contatto in caserma, e può manifestarsi con faringite, febbre reumatica acuta o polmonite. Gli statunitensi, come si può immaginare, conoscono da tempo questo problema e lo risolvono, in ambito militare, sottoponendo tutti i nuovi arrivati a profilassi immunologica e antibiotica. Ma anche la popolazione civile non è immune da rischi: nel 1999 i casi registrati dall'Infectious Diseases Society of America erano 723, concentrati soprattutto nelle regioni sud-atlantiche, del pacifico e del centro nord-est. Le infezioni da Streptococcus pyogenes si connotarono per la loro gravità e furono fatali nel 21% dei pazienti. Più recenti e sempre preoccupanti i dati raccolti dai CDC (Centers for Diseases Control and prevention): la sorveglianza sulla popolazione rileva che le infezioni da GAS sono al terzo posto tra le malattie infettive più diffuse e che nelll'11-14% dei casi provocano polmonite.

Elisa Lucchesini



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