Mercurio con le pinne

06 dicembre 2002
Aggiornamenti e focus

Mercurio con le pinne



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Sul fatto che sia un inquinante ambientale con effetti tossici sull'uomo (per sistema nervoso e reni in particolare) ormai non ci sono più dubbi, dubbi che permangono, invece, su quali siano gli effetti a lungo termine di bassi livelli di esposizione. Se ne è occupato il New England Journal of Medicine, in riferimento alla sua presenza nel pesce, con risultati contrastanti.

Che cosa dicono le istituzioni


La controversa storia del mercurio è venuta alla luce per la prima volta in Giappone dopo una serie di episodi di avvelenamento e le manifestazioni conseguenti. Annebbiamento della vista, perdita di sensibilità, sordità, fino a episodi più gravi con addirittura morti per intossicazione. Eventi associati all'ingestione di pesce contaminato con livelli di mercurio superiori alle 10 parti per milione (ppm), un quantitativo decisamente superiore a quello normalmente presente nel pesce ed associato ad inquinamento ambientale. Dati più recenti, poi, hanno associato l'esposizione fetale a metilmercurio ad alti livelli, ad un calo in una serie di parametri neurologici. Numeri che hanno condotto un'istituzione americana come l'Environmental Protection Agency (EPA) a rivedere verso il basso i valori associati alla sicurezza, cui ha fatto seguito un'analoga presa di posizione dell'FDA su consumo di pesce e mercurio. Attualmente le indicazioni cautelari riguardo al consumo di pesce sono rivolte alle donne in gravidanza, cui è raccomandato di evitare pesci ad alto contenuto di mercurio: sgombro, pesce spada e squalo in particolare. Una raccomandazione estesa a donne che stanno allattando o a bambini, pur non essendoci evidenze dirette sui rischi di questi due gruppi.

E gli altri pesci


Per quanto riguarda le altre specialità a base di pesce in vendita, generalmente i livelli di mercurio sono piuttosto bassi. L'FDA raccomanda perciò una dieta bilanciata, che tenga conto, oltre che dei livelli di mercurio presenti anche di quanto pesce viene consumato e con che frequenza. Per esempio per le donne in gravidanza è considerata sicura l'assunzione di almeno 340 g settimanali di pesce, escludendo le specie prima nominate. In questo modo si è al riparo dai rischi di deficit nello sviluppo e, oltretutto, si protegge il cuore secondo le indicazioni dell'American Heart Association. Si stima che attualmente l'8% delle donne in gravidanza superino il livello di sicurezza nell'esposizione a metilmercurio.

I due studi

Il primo dei due studi considerati suggerisce che il metilmercurio possa avere un effetto negativo sulla salute cardiovascolare degli uomini adulti. Lo studio caso-controllo condotto in otto paesi europei ed in Israele ha messo in relazione la presenza di mercurio nelle unghie e di acido docosaesanoico (un acido grasso a catena lunga) nel tessuto adiposo con il rischio di infarto del miocardio. I pazienti monitorati sono stati 684 con una prima diagnosi di infarto del miocardio, i pazienti- controllo, invece, sono stati 724 rappresentativi di una popolazione analoga. I ricercatori hanno, così, trovato una associazione significativa tra livelli di mercurio e rischio di infarto del miocardio, che sembrerebbe anche ridimensionare l'effetto cardioprotettivo dell'assunzione di pesce. L'altro studio, al contrario, non ha trovato alcuna associazione tra metilmercurio e malattie coronariche. In questo caso è stato documentato il livello di mercurio in una coorte di 34000 pazienti seguiti per 5 anni. Sono stati documentati 470 casi di malattia coronarica, un numero troppo esiguo per essere significativo, anche se non si può escludere una debole relazione.

L'ipotesi che il mercurio possa contribuire alle malattie cardiovascolari non è - secondo un editoriale che accompagna gli studi - da scartare. Si rendono necessari, però, ulteriori studi, su campioni più considerevoli, particolarmente utili sulle popolazioni nelle quali il pesce rappresenti uno dei cardini della dieta.

Marco Malagutti

Fonti
  • Guallar E. et al. Mercury, Fish Oils, and the Risk of Myocardial Infarction. The New England Journal of Medicine 2002: 347: 1747-1754
  • Yoshizawa K. et al. Mercury and the Risk of Coronary Heart Disease in Men. The New England Journal of Medicine 2002: 347:1755-1760
  • Bolger P.M. and Schwetz B.A. Perspective: Mercury and Health. The New England Journal of Medicine 2002: 347:1735-1736



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