Robot scova melanoma

30 novembre 2005
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Robot scova melanoma



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L'idea di automatizzare la diagnosi di alcune malattie è un'aspirazione antica, basti pensare ai topoi della fantascienza. In alcuni casi, al di là della comodità, potrebbe essere un valido ausilio quando la diagnosi si basa sull'uso dei sensi, in particolare la vista, che oltre a conoscere una certa variabilità da individuo a individuo, con l'età tendono a farsi meno affidabili. In pratica, esattamente la situazione della diagnosi del melanoma. E' vero che sempre, di fronte a un sospetto, il medico preferisce non correre rischi e procedere all'asportazione della lesione per passare all'esame istologico. Tuttavia, può anche darsi che il sospetto non venga, senza contare che anche saper diagnosticare a colpo d'occhio richiede una notevole esperienza, che raramente i non specialisti hanno modo di acquisire.

Alla ricerca dell'impronta caratteristica


Di qui i tentativi di mettere a punto un sistema esperto al quale "insegnare" quali sono le caratteristiche visive del melanoma così che, sottoponendo un'immagine della lesione, questa possa essere analizzata dal sitema e classificata di conseguenza. Spostando il tutto su un livello di maggiore sofisticazione, un po' quello che fanno i sistemi per l'identificazione delle impronte digitali. Gli studi sono iniziati prima degli anni novanta a opera anche di italiani come Natale Cascinelli e Sergio Chimenti. Oggi si aggiunge uno studio australiano, che ha messo a confronto l'abilità di un gruppo di medici e quella di un sistema esperto. Il sistema, o meglio il suo algoritmo, è stato preparato sottoponendogli un set di immagini (poco meno di duemila) corrispondenti a lesioni di varia natura (melanomi, lesioni pigmentate non melanocitiche, altre lesioni) di cui si conosceva l'esatta natura grazie all'esame istologico. Un altro set di immagini è stato invece usato per condurre il test. I medici che hanno affrontato il confronto erano: superspecialisti internazionali del melanoma, specialisti dermatologi, specializzandi e medici di famiglia.

La macchina funziona, ma l'occhio serve sempre


La "macchina" si è comportata bene, non solo ha mostrato un'elevata sensibilità e specificità, ma i risultati erano riproducibili anche su esemplari diversi del sistema. Quanto al confronto con il diagnostico in carne e ossa, anche questo è stato lusinghiero, il sistema era altrettanto sensibile dei medici nell'intercettare lesioni sospette, e superiore addirittura ai medici di famiglia. Quanto alla specificità (cioè la capacità di individuare come melanoma solo il melanoma) anch'essa era uguale o superiore a quella dei clinici umani. Allora tutto fatto? Si può fare a meno del dermatologo e rifarsi alla diagnosi automatizzata? Non proprio e per diversi motivi. Intanto, non per tutte le lesioni è possibile ottenere immagini dermatoscopiche adeguate (il dermatoscopio è il particolare microscopio che si impiega per le indagini sulla cute). Per esempio, le lesioni collocate sulle pinne del naso o su mucose o palpebre, quelle in zona genitale o perianale possono con difficoltà essere riprese dallo strumento. Poi alcune presentano caratteristiche morfologiche (la presenza di peli o bolle d'aria) che inquinano l'immagine. In questi casi la valutazione del clinico resta insostituibile. Certamente, però, disporre di queste apparecchiature può essere fondamentale per risparmiare tempo e risorse nei grandi screening di popolazione, oppure per poter decidere se procedere o meno alla biopsia anche se non è presente un oncologo dermatologo (un ospedale decentrato, per esempio).

Maurizio Imperiali



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