La sindrome del tunnel ha due uscite

30 giugno 2006
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La sindrome del tunnel ha due uscite



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La sindrome del tunnel carpale è uno dei disturbi muscolo-scheletrici collegati all'attività lavorativa più diffusi. Probabilmente anche perché può colpire sia chi svolge mansioni manuali, dall'operaio al carpentiere alla sarta, sia chi teoricamente ha mansioni di concetto (!), ma usa tastiera e mouse a lungo. In pratica si tratta di un'infiammazione del nervo mediano che scorre lungo il polso all'interno, appunto, del tunnel carpale. Quest'ultimo è la struttura costituita dalle ossa del polso e chiusa sul lato del palmo, dal legamento traverso del carpo. Fastidiosa, e dolorosa al punto da impedire le normali attività, la sindrome viene trattata in due modi, chirurgico e non chirurgico (mediante applicazione di tutori o con infiltrazioni di steroidi). Alcuni studi hanno però dimostrato la superiorità del trattamento chirurgico, che in pratica consiste nel taglio del legamento traverso del carpo (intervento di decompressione). Molti, però, sostengono che prima di ricorrere al bisturi è opportuno tentare vie meno invasive.

Duplice scelta chirurgica


Ma anche dopo essersi risolti alla chirurgia, si prospetta una scelta: intervento tradizionale o endoscopico?. I vantaggi presentati dall'intervento endoscopico sono quelli classici della chirurgia mini-invasiva: ferita molto contenuta, recupero più rapido e, infine, minore dolore post-operatorio.Per stabilire fino a che punto si estendono i vantaggi della chirurgia endoscopica, un'équipe britannica ha condotto uno studio di comparazione tra i due trattamenti. Allo scopo sono stati coinvolti 128 pazienti in cui il disturbo era stato dimostrato sia clinicamente sia con l'elettromiografia e giudicato idiopatico, cioè non dovuto ad altre malattie o traumi. Di questi, 63 sono poi stati operati in endoscopia e gli altri 65 nel modo tradizionale. L'elemento principale preso in considerazione era la gravità del dolore post-operatorio nel punto della ferita chirurgica o nella parte prossimale del palmo (vicino al polso) e, naturalmente, la misura in cui il dolore o la tumefazione compromettevano le normali attività. Altri elementi considerati sono stati il periodo di assenza dal lavoro, la gravità dei sintomi collegati alla sindrome, la funzionalità, la sensibilità e la forza della mano. La valutazione dei pazienti è stata condotta dopo tre e dopo sei settimane dall'intervento e, successivamente, dopo 3 mesi e dopo un anno.

Questa o quella..


I risultati hanno in parte confermato le attese. In effetti fino al controllo dei tre mesi, il dolore in corrispondenza della ferita o al palmo era più frequente o più intenso nel gruppo sottoposto all'intervento tradizionale. A tre mesi lo lamentava il 52% del gruppo dell'intervento endoscopico e l'82% dell'altro. Quanto ai sintomi della sindrome, a tre mesi non vi erano differenze tra i gruppi, e solo al controllo dopo tre settimane i pazienti trattati per via endoscopica mostravano una funzionalità superiore. Quindi effettivamente una ripresa più rapida c'è, ma nulla di clamoroso. Nessuna differenza per la qualità della vita, né per l'assenza dal lavoro tra i due gruppi. La vera differenza, per questo aspetto, la faceva il tipo di occupazione: gli operai avevano un convalescenza più lunga rispetto agli impiegati, perché una cosa è usare il mouse e un'altra il martello pneumatico. Le due procedure, quindi, si equivalgono quanto a risultati clinici, e questo è comunque un dato interessante, anche se i chirurghi hanno dovuto reintervenire in due pazienti trattati endoscopicamente e in uno trattato nel modo tradizionale. Però i vantaggi in termini di disagio fisico per il paziente paiono abbastanza ridotti e, quindi, se si sposta la valutazione sul piano del rapporto tra costo ed efficacia, è incerto che l'endoscopia mantenga un vantaggio. Le apparecchiature costano, la formazione del chirurgo a questa metodica anche... Al di là di questo, però, resta un 'indicazione utile per il paziente: se il chirurgo è esperto nella metodica tradizionale, ci si può affidare con fiducia: il risultato non cambia e anche il decorso cambia di poco. E se il chirurgo è esperto del trattamento in endoscopia? Anche.

Maurizio Imperiali



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