Sofferenti anni verdi

09 aprile 2009
Aggiornamenti e focus

Sofferenti anni verdi



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Nei paesi occidentali, secondo le stime dell'Organizzazione mondiale della sanità, il 20% della popolazione giovanile vive uno stato di sofferenza provocato da una qualche forma di disturbo psicopatologico. Il dato si conferma con ricerche nel Nord America e Nord Europa che indicano una prevalenza complessiva dell'insieme dei disturbi psichici e cognitivi in età evolutiva che oscilla tra il 15% e il 22% della popolazione. Il dato epidemiologico italiano è stato recentemente aggiornato dallo studio Prisma (Progetto italiano salute mentale adolescenti), presentato dalla Fondazione Sapere, costituita da una task force fortemente multidisciplinare impegnata su prevenzione, epidemiologia, formazione e informazione sul disagio preadolescenziale.

Ragazzi disagiati


L'indagine è stata condotta in 7 città campione: Roma, Milano, Lecco, Cagliari, Pisa, Rimini, Conegliano, includendo nell'analisi scuole private parificate e statali e circa 3400 studenti tra 12 e 14 anni. E' emerso che l'8,2% dei preadolescenti che vive in aree urbane soffre di un disturbo mentale clinicamente diagnosticabile, In particolare, il 6,5% dei soggetti soffre di disturbi d'ansia e depressione, mentre l'1,2% presenta disturbi "esternalizzanti": disturbi della condotta, ADHD, disturbo oppositivo-provocatorio. L'età critica di insorgenza dei segni del disturbo è quella dei 14 anni: a quest'età si registra il picco dei tassi di prevalenza. L'analisi ha interessato anche i fattori di rischio socio-ambientali. Per esempio, il livello socio-economico basso e il basso tasso di scolarità dei genitori, in particolare nella madre, è risultato essere associato a una maggiore prevalenza di sofferenza, ma il fattore principale di rischio restava la disgregazione della famiglia. Gli autori hanno anche ipotizzato un aspetto biologico della fragilità in alcuni soggetti e hanno incrociato i dati con il profilo genotipico nei casi di comportamento aggressivo e melanconico depressivo. In effetti, solo i soggetti portatori di alcuni polimorfismi genetici (trasportatore della serotonina e recettori dopaminergici) specifici associati tra loro, che vivevano in condizioni socio-familiari disagiate, hanno presentato un rischio molto significativo di manifestare comportamenti anomali sul piano dell'aggressività. Se non combinati, i due fattori non erano in grado di selezionare nessuno specifico indicatore di rischio. Anche per l'altro disturbo è stato individuato un assetto neurobiologico (recettori serotoninergici e triptofano idrossilasi) come fattore di rischio determinante per sviluppare depressione ma solo in condizioni di stress particolari come il vivere in famiglie disgregate.

Una città che sorride


"In Italia è particolarmente vivace una cultura antinosografica in psichiatria infantile - spiega Massimo Molteni, neuropsichiatra infantile e responsabile dello studio - e contesta metodi che tendano a racchiudere in un indefinito stato di disagio relazionale l'insieme dei comportamenti e delle sofferenze emozionali. Questo approccio ha avuto probabilmente il merito di preservare la prassi clinica italiana dalla invasione degli psicofarmaci: l'Italia è il paese con il più basso tasso di utilizzo di psicofarmaci in età evolutiva, almeno a livello dei servizi medici specialistici dedicati all'infanzia". Questo ha però reso difficile lo sviluppo di conoscenze epidemiologiche rallentando la programmazione di servizi adeguati e di una metodologia di intervento appropriata rispetto. In questo contesto si inseriscono gli obiettivi della Fondazione Sapere che ha dato vita a una rete di azioni e servizi strutturati e programmati sul territorio sotto il nome di Città del Sorriso, la cui missione sarà aiutare i minori a esprimere al meglio le loro capacità psicologiche, attitudinali e vocazionali per prevenire ed eventualmente curare le possibili sofferenze evolutive. Si tratta quindi di un'azione rivolta a tutti i minori e alle loro famiglie che attraverso la figura di un tutor, come riferimento costante, seguirà il percorso di crescita e di sviluppo del soggetto. Tra gli obiettivi anche risolvere la frammentazione e la discontinuità degli interventi, cui via via si è assistito dopo il tramonto della figura dello "psicologo scolastico" molto efficace negli anni '70 e '80.

Simona Zazzetta



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