Ematoma in paziente dializzata - ca dr nicola giotta

27 settembre 2014

Ematoma in paziente dializzata - ca dr nicola giotta


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14 settembre 2014

Ematoma in paziente dializzata - ca dr nicola giotta

Ringrazio il Dott. Nicola GIOTTA per le cortesi risposte del 07-09-2014 però chiedo:
1) considerando che già anni fa in dialisi mia moglie ebbe un TIA di pochissimi minuti(eseguite Tac, etc. , tutto negativo) le venne prescritta l'aspirinetta che provocando dopo meno di 2 anni epistassi, venne sostituita in seguito con Plavix alternata ad Eparina fino al momento della FA. Per cui in considerazione del rischio Coumadin nei pazienti dializzati, soprattutto per i nefrologi che conoscevano la precedente storia clinica, non bisognava forse considerare il rapporto rischio/beneficio e provare o cercare altri medicinali con minor rischio emorragico?
2) perché si continua a dire che la media trapianto è 3 anni quando dopo 5 ancora non si vedeva la via d'uscita nonostante gli oltre 24 anni di dialisi che la stavano sfiancando(è dire poco) moralmente e fisicamente?.
Scusatemi per le ulteriori domande, ma la mia è una situazione di profondo dolore per cui ringrazio anticipatamente e sentitamente coloro o colui che vorrà gentilmente rispondermi.

Risposta del 27 settembre 2014

Risposta a cura di:
Dott. NICOLA GIOTTA


Riguardo la terapia utilizzata per anticoagulare il sangue, si puo'essere piu'precisi con la valutazione delle cartelle cliniche di sua moglie. Il medico nel momento in cui decide di anticoagulare o antiaggregare un paziente fa un bilancio del rischio/beneficio della terapia in relazione al quadro clinico del paziente, che, nel caso nel soggetto in dialisi, è piu'articolato e complesso rispetto ai soggetti che non fanno dialisi. Ci sono ad esempio delle malattie che predispongono ad una coagulazione precoce del sangue anche nel soggetto giovanissimo e pertanto la via piu'seguita è quella di impedire che questo avvenga utilizzando un farmaco anticoagulante/antiaggregante in relazione ai fatti avvenuti, che possono pertanto ripetersi, alla necessità di mantenere ben funzionante una fistola od un catetere per dialisi, ed a riscontri sia clinici che laboratoristici anche sofisticati cui sua moglie sarà stata sottoposta. Ripeto che il medico ha necessità di monitorare il funzionamento del farmaco soprattutto se viene usato per lungo periodo. Questo controllo tuttavia non è sempre possibile o facilmente applicabile per tutti i farmaci in commercio.
Trapianto renale. Il mondo del trapianto renale è altresì molto complesso. In Italia il problema maggiore è quello delle donazioni che sono poche in relazione alla richiesta pur essendo numericamente molte. Vi è una forte variabilità riguardo le donazioni in tutta la Penisola e nelle isole maggiori e questo puo'a volte condizionare il tempo di permanenza nella cosiddetta'lista d'attesa'trapianto renale da donatore deceduto. Tuttavia non è infrequente trovare anche nelle regioni del Nord pazienti giovani in dialisi che aspettano un rene da oltre 8 anni (di lista d'attesa ). I motivi sono i piu'vari: malattie intercorrenti che controindicano temporaneamente il trapianto, emogruppo e genetica non compatibili con i donatori, ma soprattutto, lo ripeto, il basso numero di donazioni e l’elevato numero delle richieste.
In Italia circa il 30% delle possibili donazioni da donatore deceduto viene persa per la negazione alla donazione a causa di una scarsa cultura in merito.
Una valida alternativa a questo è rappresentata dal trapianto da vivente. In tutta la penisola i Centri Trapianto di Rene offrono la possibilità di studiare i consanguinei o il partner al fine del trapianto renale, su base volontaria. I risultati sono molto buoni, sia in termini di riuscita del trapianto che in termini di buona salute a lungo termine del ricevente ed ancor piu'del donatore e con livelli qualitativi di assistenza medica e farmacologica tra i piu'elevati al mondo.
Cordialmente

Dott. Nicola Giotta
Medico Ospedaliero
Specialista in Nefrologia
Asti (AT)


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