Generici, quando il cambio è da soppesare

15 ottobre 2015
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Generici, quando il cambio è da soppesare



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Non c'è da pensare male se il medico talvolta preferisce continuare a prescrivere il brand anziché "passare" all'equivalente. Può succedere quando si tratta in particolare di glaucoma, di epilessia e di ipotiroidismo. Ma sono attenzioni più che ragionevoli, senza nulla togliere all'efficacia dei generici, che rimane fuori discussione. Come dichiarano gli esperti.

Glaucoma. Questa malattia cronica provoca un aumento della pressione interna dell'occhio che si tiene sotto controllo con colliri specifici.
Per fare chiarezza sulla prescrizione del collirio generico è scesa in campo la Società europea del glaucoma, che ha dedicato una sezione della quarta edizione delle Linee Guida, proprio agli equivalenti.
«Se è una prima diagnosi e con livelli border line, cioè 18-20 mm/Hg, si può iniziare col generico», spiega Francesco Bandello, Direttore della Clinica Oculistica dell'Università Vita-Salute, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano. «Certo, se non viene raggiunto l'obiettivo, si cambia. Il rischio è di avere nel tempo effetti negativi sullo stato di salute del nervo ottico, con un restringimento del campo visivo».
Hanno un peso gli eccipienti, che possono essere diversi rispetto all'originator, e in più cambiare da un equivalente all'altro. «Si è visto che possono modificare l'efficacia terapeutica del principio attivo», aggiunge Bandello. «Questo perché alcuni eccipienti possono alterare la viscosità, osmolarità e il pH delle gocce oculari e di conseguenza la tollerabilità e la penetrabilità nelle strutture oculari».
Gli specialisti suggeriscono quindi di "alzare la guardia" in caso di cambio da originator a generico, e tenere maggiormente sotto controllo il paziente per monitorare la pressione intraoculare. È anche vero però che tutto ciò ha un costo che, alla fine, vanifica i risparmi dati dall'uso del collirio equivalente. È importante allora, avvisano gli specialisti, tenere informati i pazienti sull'esistenza di colliri generici per la cura del glaucoma e sul fatto che solo lo specialista può decidere per la sostituzione. «Il farmacista può proporre il cambio e chiaramente il risparmio in termini di costi è una tentazione, visto soprattutto il periodo di crisi e che si tratta di una cura da continuare per sempre», prosegue Bandello. «Da parte nostra però possiamo far sì che il paziente sappia che per la sua malattia è prevista l'esenzione dal ticket. E questo gli permette di continuare con la sua solita cura».

Ipotiroidismo. La cura per questa malattia provocata da un rallentamento nella funzionalità della ghiandola tiroidea, è con un farmaco a base di ormoni tiroidei, la levotiroxina.
Anche in questo caso l'entrata in commercio dell'equivalente è stato seguito da una nota del ministero della Salute. «Se viene eseguito il "passaggio" al generico, viene consigliato il dosaggio del TSH nelle prime 6-8 settimane di trattamento», interviene Roberto Castello, direttore di Medicina generale azienda ospedaliera Borgo Trento, Verona. «Questo perché a causa della bioequivalenza e biodisponibilità, i risultati potrebbero non essere i medesimi nonostante venga mantenuto lo stesso dosaggio di farmaco». Il TSH è il parametro principale per verificare l'efficacia del farmaco e ha un stretto "range di riferimento". In questo caso, continua l'esperto, può non valere la pena visto che l'analisi del TSH ha un costo di cinque euro, decisamente più elevato del risparmio che si ottiene prescrivendo il generico. Che fare dunque? «L'equivalente è meglio prescriverlo nel paziente naive, cioè che è alla prima cura farmacologica», aggiunge Castello. «Fermo restando che per le categorie più "fragili", cioè anziani e donne in gravidanza, è preferibile il brand. Perché ci mette al riparo da eventuali sostituzioni di generico da parte del farmacista. Continuando a cambiare, infatti, non sappiamo al momento se possa verificarsi una modifica nella resa del farmaco, a causa della diversa bioequivalenza contenuta nelle eventuali varie marche di generici, perché per la proprietà transitiva un generico è considerato uguale a un altro, ma in realtà non è così».

Epilessia. La cura di questa malattia neurologica è delicata. Per questo il dosaggio del farmaco viene calibrato al milligrammo. «Rispetto all'originator, con l'equivalente possiamo avere delle lievi variazioni nella biodisponibilità del principio attivo», interviene Fabio Minicucci, neurologo, responsabile dell'unità di Neurofisiologia del SNC e Centro Epilessia, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano. «Questo può determinare un migliore o peggiore andamento della malattia, con tutto quello che può portare con sé per quanto riguarda il rischio di crisi». Anche per l'epilessia, dunque, non ci sono regole assolute. Per alcuni pazienti il controllo delle crisi è facilmente raggiungibile e piccole variazioni non ne determinano una perdita. Per altri l'equilibrio fra effetti collaterali e risultato terapeutico è molto precario e questa variabilità non è tollerabile. «Se almeno fosse possibile per il paziente avere a disposizione sempre lo stesso generico (stesso produttore), si potrebbe costruire per ogni singolo paziente una terapia su questo nuovo farmaco», dice Minicucci. «Purtroppo in farmacia possono essere cambiati i prodotti contenenti quella molecola. Per l'epilessia dovrebbero esistere solo generici con un nome commerciale che li renda chiaramente identificabili per evitare eventuali variazioni di biodisponibilità in grado di vanificare gli sforzi dello specialista».



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