Metabolismo alterato dal rene

22 giugno 2009
Aggiornamenti e focus

Metabolismo alterato dal rene



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Scoprire di avere un'insufficienza renale, è un'evenienza che spesso si verifica con troppo ritardo rispetto all'insorgenza della patologia e, in certi casi, il passo successivo è già l'inizio della dialisi. Una delle difficoltà principali nella diagnosi è la mancanza di sintomi nella fase precoce che si può protrarre fino alle fasi più avanzate quando il danno d'organo, e non solo di quello, è già avanzato. E questo spiega la diffusione di patologie correlate, spiega perché quasi il 23% dei nefropatici è diabetico, perché il 28,5% è iperteso, perché il 15,3% soffre di patologie cardiache e l'11% di patologie vascolari. Spiega anche perché la mortalità cardiovascolare aumenta di 3-4 volte nei pazienti con danno moderato ma fino a 20-500 volte in quelli già in dialisi. I dati sono stati presentati al Congresso Mondiale di Nefrologia tenutosi a Milano.

L'attenzione degli esperti si è concentrata molto sulla diagnosi precoce, la cui importanza è molto stressata per altre patologie, forse meno per l'insufficienza renale che trascurata diventa cronica (CKD - chronic kidney disease). Molte malattie renali, come per esempio le nefriti croniche, hanno pochissimi sintomi e possono passare inosservate: tracce di sangue o di proteine nelle urine possono essere presenti anche senza segni clinici evidenti o preoccupanti. Un segno importante e non trascurabile di CKD è l'anemia: compare dal momento che i reni danneggiati non producono sufficiente eritropoietina, l'ormone che stimola la produzione di globuli rossi, ed è spesso poso diagnosticata e quindi poco trattata. Alcuni studi documentano che l'anemia si sviluppa presto con la CKD, che la maggioranza dei pazienti è anemica quando viene visitato per la prima volta da un neurologo e, infine, che, in Europa, solo il 20-40% dei pazienti nefropatici raggiunge i livelli di emoglobina indicati dalle linee guida internazionali. Si tratta di pazienti con un rischio maggiore di patologie e mortalità cardiovascolari e i dati recenti indicano che i decessi avvengono prima dell'ingresso in dialisi proprio per queste cause. Si tratta, quindi, di un sintomo che oltre a indicare la malattia, va anche trattato correggendo i valori della concentrazione di emoglobina vanno riportati a livelli indicati dalle linee guida, ora aggiornati 10-12g/dl. Il trattamento consiste nella somministrazione di farmaci che stimolano l'eritropoiesi (ESA - Erythropoiesis Stimulating Agents), con periodicità variabile ma tale da mantenere sempre elevato il livello di emoglobina, è stato infatti osservato che al di là delle oscillazioni dei valori, i rischi maggiori sono associati ai livelli più bassi del parametro i rischi minori al livello più alto mantenuto.

Un altro aspetto critico della CKD, sollevato dai medici, è la comparsa di iperparatiroidismo secondario nei pazienti già entrati in dialisi: l'aumentata secrezione dell'ormone paratiroideo può portare a patologie dell'osso, a dolore osseo e fratture, a calcificazione dei tessuti molli e cardiovascolari e a iperplasia della ghiandola paratiroidea. In questi casi la patologia renale riduce la capacità di eliminare fosforo e di produrre vitamina D attiva (la cui azione aumenta l'assorbimento intestinale di fosforo e calcio), con la conseguenza di un calo dei livelli di calcio nel sangue. Per un meccanismo di autoregolazione, le paratiroidi aumentano la produzione di ormone per risollevare la concentrazione di calcio inducendone il rilascio da parte delle ossa. Nel tempo si verificano danni alle ossa e ai tessuti molli con un aumento del rischio cardiovascolare. Gli studi epidemiologici indicano che il 26% dei pazienti nefropatici in dialisi presentano questa complicanza, misurabile con il livello di ormone paratiroideo nel sangue che secondo le linee guida KDOQI (Kidney Disease Outcomes Quality Initiative), supera i 300 picogr/ml. In questi soggetti la terapia consiste nella somministrazione di vitamina D per abbassare i livelli dell'ormone, e con leganti del fosforo per abbassarne la concentrazione. Approcci innovativi propongono l'uso di agenti calciomimetici vale a dire che legano i recettori del calcio sulle ghiandole paratiroidee amplificandone la regolazione. Al di là del danno renale, eventualmente risolvibile con il trapianto d'rogano, resta necessario il controllo delle complicanze metaboliche che la CKD comporta, proprio per ridurre i rischi e la mortalità non direttamente legati alla funzione renale compromessa.

Simona Zazzetta

World Congress of Nephrology 2009 - Milano, 22-26 maggio 2009



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