Ricerca sul cancro, dal Dna al letto del malato

11 novembre 2011
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Ricerca sul cancro, dal Dna al letto del malato



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Guarigione dalla malattia e cronicizzazione in modo che il paziente possa conviverci il più a lungo possibile e con una buona qualità di vita. Sono questi i due obiettivi fondamentali della ricerca sul cancro, il primo più lontano da raggiungere, il secondo decisamente più a portata di mano. L'occasione per ricordarlo è la 14esima edizione della Giornata per la ricerca sul cancro, promossa l'11 novembre dall'Airc, associazione leader in Italia per il finanziamento della ricerca oncologica. Ed è anche grazie al suo sostegno che la ricerca nell'ultimo decennio ha fatto passi da gigante.

«L'anno della svolta è stato il 2001» spiega a Dica33 Marco Pierotti, direttore scientifico dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano. «In quell'anno è avvenuta la decodifica del genoma e la scoperta che le cause del cancro sono racchiuse nel Dna». La codifica del genoma, infatti, ha portato alla medicina molecolare, cioè alla personalizzazione delle terapie. Il titolo della giornata è "Dal genoma alla cura", a indicare che la ricerca non si è fermata in laboratorio, ma numerose scoperte hanno avuto un'applicazione clinica, in termini diagnostici e terapeutici. «Il genoma ci ha fornito le basi razionali del perché, ad apparente parità di malattia, abbiamo una terapia che funziona in un caso e, invece, nell'altro per nulla» spiega Pierotti. «La chiave di lettura è la farmacogenetica, un concetto che definisce i meccanismi enzimatici, in base ai quali una stessa azione farmacologica porta beneficio ad alcuni, per altri è deleteria e per alcuni del tutto ininfluente». Una sorta di definizione della carta d'identità del paziente che è ancora un "work in progress", ma quanto più si capirà come ognuno di noi è diverso dagli altri in termini molecolari tanto più ci si avvicinerà a una terapia efficace. L'altro aspetto importante nella predizione del tumore è la farmacogenomica. «Si tratta di definire» sottolinea il direttore dell'Istituto dei tumori «le alterazioni molecolari della cellula tumorale che sappiamo corrispondere alla possibilità o meno di rispondere a una terapia». È questo passaggio che permette di effettuare terapie più mirate. Farmaci che colpiscono specificamente l'alterazione genetica della cellula neoplastica e in questo modo risultano anche meno tossici. «Il farmaco simbolo di questo approccio è imatinib, il primo in grado di colpire con successo l'alterazione della leucemia mieloide cronica, che ha cambiato completamente la prognosi della malattia» spiega Pierotti.«Se prima la sopravvivenza media era di 15 mesi ora si è passati a 15 anni». Altri esempi di approccio personalizzato cioè «che parte dal presupposto che ci siano meccanismi molecolari che possono essere personalizzati, sono trastuzumab, per il tumore al seno, erlotinib, per il tumore al polmone e del colon e crizotinib per il tumore non a piccole cellule del polmone. Ma è un elenco che si fa sempre più ricco» sottolinea l'oncologo.

Un tipo di farmaci che agisce nella direzione della cronicizzazione della malattia, ma fa emergere un problema nuovo. «È la resistenza, cioè che il tumore non eradicato ma stabilizzato a livello microscopico possa avere varianti resistenti al farmaco. Un'ulteriore sfida sarà trovare farmaci in grado di lavorare a questo aspetto e su ciò stiamo lavorando sperimentalmente, agendo a livello metabolico» spiega Pierotti. E proprio il livello metabolico, insieme all'immunologico e all'infiammatorio sono gli ambiti nei quali più si sta muovendo la ricerca. Un'altra chiave del futuro sarà distinguere le mutazioni chiave che avviano la cellula verso la malignità dalle altre che, pur presenti nel tumore, non sono le dirette responsabili del suo sviluppo. Per fare passi in avanti in queste direzioni è fondamentale la ricerca «sicuramente si potrebbe fare di più a livello istituzionale ed è un fatto assodato che non abbiamo ottemperato a quanto previsto dal trattato di Lisbona. Va anche detto» sottolinea con orgoglio Pierotti «che la ricerca oncologica italiana è al 4° posto nel mondo ed è un settore di assoluta eccellenza, anche grazie ai finanziamenti di Airc. Ma oltre ai fondi istituzionali a mancare sono i fondi privati». Infine non si deve dimenticare che il cancro è una malattia legata agli stili di vita. «È proprio così» sottolinea Pierotti «il fumo innanzitutto, sarebbe assolutamente da evitare. Invece arrivano dati allarmanti sul tumore al polmone tra le donne, che nello stato di New York sta diventando il primo tumore al femminile. Eppure le giovani generazioni continuano ad avere questo vizio. Ma anche lo stile di vita alimentare, conclude l'oncologo «è fondamentale».

Marco Malagutti



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