Fibrillazione atriale: non è solo un problema di cuore

18 aprile 2016
Aggiornamenti e focus

Fibrillazione atriale: non è solo un problema di cuore



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Secondo i dati dello studio Isaf: Italian survey of atrial fibrillation, pubblicati un paio di anni fa, la fibrillazione atriale interessa in Italia il 2 per cento circa della popolazione di età uguale o superiore a 15 anni e in oltre la metà dei casi (55,5 per cento) è in forma permanente o cronica. E gli anziani con fibrillazione atriale, un disturbo molto comune nelle persone più in là con gli anni, invecchiano più rapidamente dal punto di vista fisico rispetto ai loro coetanei senza il disturbo. È quanto emerge da uno studio da poco pubblicato sulla rivista Circulation: arrhythmia and electrophysiology da un gruppo di ricercatori statunitensi guidati da Jared Magnani della Boston University.
«L'età è il principale fattore di rischio per la fibrillazione atriale, ma non è mai stato analizzato con precisione il rapporto tra questo disturbo cardiaco e il declino nelle performance fisiche degli anziani» afferma l'autore, che assieme ai colleghi ha coinvolto nella ricerca persone che avevano raggiunto o superato i 70 anni.

«Il declino fisico legato alla fibrillazione atriale è pari a circa 4 anni. In altre parole gli anziani che soffrono del disturbo, dal punto di vista della performance fisica sono di 4 anni più vecchi dei loro coetanei senza fibrillazione» dice Magnani, che nella sua ricerca ha analizzato proprio il declino nella performance fisica dei partecipanti ogni 4 anni, all'età di 70, 74, 78 e 82 anni. In particolare, gli anziani con fibrillazione atriale hanno ottenuto risultati peggiori nella distanza percorsa in due minuti, nel tempo impiegato a percorrere 400 metri, nella forza per afferrare e stringere oggetti e nell'equilibrio. «Con la fibrillazione il tempo necessario per percorrere 400 metri aumentava in genere di 20 secondi» precisano gli autori, ricordando che lo studio non dimostra un rapporto causa-effetto, ma solo l'esistenza di un'associazione tra fibrillazione atriale e declino fisico. E Gregg Fonarow, professore di cardiologia alla University of California di Los Angeles commenta: «I dati ottenuti suggeriscono che la fibrillazione atriale può contribuire al decadimento fisico legato all'invecchiamento e per questa ragione è necessario identificare strategie efficaci per prevenire e trattare il disturbo negli anziani».

Cosa si intende esattamente per fibrillazione atriale, quali sono i campanelli di allarme e le eventuali terapie? Gli esperti sono certi che conoscere a fondo il disturbo sia un passo fondamentale per riuscire a gestirlo al meglio. Innanzitutto bisogna capire di cosa si tratta.

«Si parla di fibrillazione atriale di fronte a un battito cardiaco irregolare e spesso più veloce della norma» spiegano gli autori della ricerca che poi aggiungono: «Durante un episodio di fibrillazione le due camere superiori del cuore - gli atri - battono in modo caotico e non coordinato con le sue inferiori - i ventricoli».

Tra le cause del disturbo, che può essere solo occasionale oppure perdurare nel tempo e richiedere quindi un trattamento ad hoc, ci sono anomalie cardiache, ipertensione, attacchi di cuore, coronaropatie, problemi metabolici come per esempio una tiroide iperattiva, esposizione a stimolanti come caffeina, tabacco, alcol e farmaci, infezioni virali e apnee notturne, l'eccesso di peso e anche la predisposizione familiare.

Per quanto riguarda i sintomi, è importante ricordare che in alcuni casi la fibrillazione atriale può essere del tutto asintomatica, mentre quando i sintomi sono presenti compaiono soprattutto sotto forma di palpitazioni, debolezza, ridotta capacità di svolgere esercizio, capogiri, confusione, fiato corto e dolore al petto. Grazie all'analisi di questi segni e sintomi e ai risultati di alcuni esami specifici (elettro- ed eco-cardiogramma, Holter, stress test, raggi x del torace, eccetera) il medico è in grado di arrivare a una diagnosi certa.

La fibrillazione atriale non rappresenta in genere un problema che mette a rischio la vita. Con il disturbo si può oggi convivere senza troppi problemi, ma ciò non significa che lo si debba prendere sottogamba. Il primo passo per non correre rischi inutili è seguire scrupolosamente il trattamento prescritto dal medico che nella maggior parte dei casi si basa su farmaci che impediscono la formazione di coaguli di sangue, allontanando così il rischio di ictus. In alcuni casi si può anche cercare di ripristinare il corretto ritmo cardiaco (la cosiddetta "cardioversione") grazie a farmaci o a uno shock elettrico che arriva al cuore attraverso il torace: il cuore smette di battere e quando ricomincia il ritmo è di nuovo corretto. La scelta del trattamento dipende da molti fattori che il medico valuta con grande attenzione prima di prendere qualsiasi decisione terapeutica.



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