Virus dell’epatite C, infezione difficile da curare

16 dicembre 2011
Interviste

Virus dell’epatite C, infezione difficile da curare



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L'infezione da virus dell'epatite C (Hcv) ha un decorso caratterizzato da una fase iniziale senza sintomi e senza danni al fegato, ed è questo il motivo per cui molti pazienti si accorgono solo dopo alcuni anni di essere infetti, a volte per caso, a volte perché l'infezione diventa malattia, cioè epatite. Antonio Gasbarrini, professore ordinario di Gastroenterologia all'Università Cattolica e direttore della struttura complessa di medicina interna e gastroenterologia del Policlinico Gemelli di Roma, spiega a Dica33 in che cosa consiste la malattia, come avviene la diagnosi e come la si può curare efficacemente.

Dottor Gasbarrini che cosa accade a chi viene in contatto con il virus dell'epatite C?
L'inizio dell'infezione è asintomatico e passa inosservato a meno che non ci sia insufficienza epatica o particolare aumento delle transaminasi. In questa fase il sistema immunitario dà una risposta che in una percentuale di casi tra il 10 e il 30% riesce a eliminare il virus. Nel 60-80% dei casi invece, il virus riesce a sfuggire al controllo del sistema immune ed entra nelle cellule del fegato, gli epatociti e vi resta a lungo, in questo modo l'organismo tollera la sua presenza e ci convive rendendo, così, cronica l'infezione. Questo, è importante sottolinearlo, non significa avere la malattia, poiché si parla di epatite cronica quando, a distanza di sei mesi dall'infezione, gli epatociti iniziano a subire danni dal virus stesso o dal sistema immunitario che tenta di colpirlo.

Come si pone la diagnosi?
L'epatite cronica, come quella acuta, non ha sintomi specifici ma i pazienti hanno elevati livelli di transaminasi, misurabili con un semplice esame del sangue. Se si rileva questa anomalia va cercato il virus con esami più specifici. Per la sua semplicità, il dosaggio delle transaminasi, che sono indicatori di epatiti, andrebbe inserito nel normale screening che si esegue periodicamente, soprattutto nei soggetti più a rischio.

Chi sono i soggetti che vanno considerati a rischio?
La principale via di trasmissione è il contatto con sangue infetto, ma non va esclusa anche quella per via sessuale, anche se in misura più contenuta. Si devono quindi considerare più esposti alla possibilità di contrarre il virus, o di averlo già contratto, persone che hanno subito chirurgia o trasfusioni prima degli anni '90 quando il virus non era ancora noto. Ma anche persone che hanno fatto tatuaggi o piercing in condizioni non igienicamente protette o che hanno una vita sessuale promiscua e non adotta protezioni adeguate. Inoltre, esiste una parte di popolazione, che oggi ha tra i 50 e i 70 anni, che si è infettata negli anni '60 e '70, in particolare in alcune cittadine del Sud Italia, in periodo storico in cui non si prestava attenzione alle precauzioni igieniche e alla sterilità degli strumenti, e anche andare dal dentista poteva essere causa di infezione con Hcv. Questa fascia di età, che rappresenta la maggior parte del milione e mezzo di persone infette, ha maggiori probabilità di avere un'epatite cronica e dovrebbe sottoporsi quanto meno a test delle transaminasi per essere intercettate e curate.

Come si cura questa infezione?
La terapia cardine è rappresentata da due farmaci, interferone peghilato e ribavirina, che si somministrano in combinazione, ma non sono sempre efficaci poiché questo dipende dal genotipo del virus. In Italia circolano prevalentementequattro genotipi, 1, 2, 3 e 4, e il tipo 1, oltre a essere il più frequente, infatti interessa il 50% dei casi, è anche quello che risponde peggio, insieme al tipo 4 alla terapia. La cura dura da sei a 12 mesi, ma mentre il tipo 2 e il tipo 3 vengono eliminati nel 60-80% dei casi, e ciò significa che il paziente guarisce, se si tratta del tipo 1 la guarigione c'è solo nel 40% dei pazienti. A breve dovrebbero arrivare in Italia nuovi farmaci della classe degli inibitori delle proteasi virali, da combinare con gli altri due farmaci, che hanno dimostrato di far salire al 70-80% la probabilità di guarire. Si tratta di farmaci molto costosi e l'Agenzia italiana del farmaco, sta valutando a quali pazienti somministrare la nuova terapia. Tuttavia sono in studio altre molecole che dovrebbero arrivare entro i prossimi tre anni che sono efficaci in monoterapia e in tempi minori.

Che cosa accade se l'epatite C non viene diagnosticata e quindi curata?
In un lasso di tempo che va da 10 a 30 anni, chi ha un epatite cronica può andare incontro a cirrosi epatica, causata dalla cicatrizzazione che segue al danno provocato agli epatociti. La cirrosi a sua volta può evolvere in tumore del fegato con un'incidenza 3-5%. L'Hcv, infatti, è un virus oncogeno, proprio come lo sono il virus dell'epatite B e del Papillomavirus, ma mentre per questi esiste un vaccino, per l'Hcv l'unico modo per prevenire il tumore, e limitarne la diffusione, è curare l'infezione. Non va dimenticato, infine, che quando l'epatite cronica è arrivata a sviluppare queste complicanze in uno stadio avanzato, non resta che il trapianto d'organo.

Simona Zazzetta



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