Diagnosi precoce e nuovi farmaci, il futuro è nelle nanotecnologie

06 dicembre 2012
Interviste

Diagnosi precoce e nuovi farmaci, il futuro è nelle nanotecnologie



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È grazie alle nanotecnologie che oggi moltissimi oggetti e dispositivi si stanno sempre più miniaturizzando, mantenendo capacità che fino a qualche anno fa necessitavano di molto più spazio per ospitare tutti i componenti. Ora si parla di nanocomponenti, con cui si costruiscono circuiti elettronici, telefoni cellulari, biciclette ultraleggere e aerei. Per comprendere le prospettive aperte da questa scienza soprattutto in medicina, per nuovi strumenti di diagnosi e nuovi farmaci, Dica33 ha intervistato Roberto Cingolani, direttore scientifico dell'Istituto italiano di tecnologia.

Professor Cingolani, che cosa significa parlare di nanotecnologia?
Significa parlare di concetti, processi e metodi di manipolazione e osservazione su scala nanometrica, cioè di un milionesimo di millimetro, che è la dimensione di "oggetti" costituiti da alcuni atomi. Si è arrivati a questo, sulla spinta dell'ingegneria elettronica che ha cercato di ridurre sempre più le dimensioni degli strumenti per processare più dati a una velocità maggiore, fino ad arrivare ai moderni dispositivi cellulari, pc portatili. Qualcosa del genere è accaduto anche nell'ambito della medicina e della biologia, dove la ricerca si è spinta verso strutture presenti in natura sempre più piccole, come le molecole o frammenti di molecole. Questo accadeva già alla fine negli anni '90, quando ci si è accorti che la tecnologia che si poteva applicare ai "nano-oggetti" era la stessa, e da allora si è sviluppata una forte interdisciplinarietà tra ingegneria, medicina, biologia, fisica, chimica.

Con quali ricadute?
Gli ambiti di applicazione delle nanotecnologie sono davvero tanti. Si va dalla cosmesi alla costruzione di aerei, dal dentifricio antibatterico al fondo antiaderente delle pentole. In pratica, oggi è possibile dare a un materiale, a un prodotto, una proprietà inserendo nanoparticelle di una sostanza che possiede tale proprietà, senza modificare le altre proprietà del materiale. Per esempio: per dare al dentifricio la proprietà antibatterica dell'argento, si inseriscono nanoparticelle del metallo nella pasta dentifricia che mantiene le sue proprietà, cioè non la fanno diventare dura come il metallo, per intenderci, ma ne acquisisce le proprietà di interesse. Nella cosmesi è sempre più frequente l'uso di nanoparticelle di sostanze che danno un colore particolare a un ombretto, o una proprietà nutriente o idratante a una crema. La stessa cosa accade con le fibre di carbonio con cui ormai si costruiscono aerei, biciclette, racchette da tennis, protesi.

Ci sono applicazioni anche in medicina?
Sì, anzi, la medicina è uno dei campi più rilevanti per l'applicazione di questa scienza. Si è molto vicini allo sviluppo di metodi che permetteranno di fare diagnosi sempre più precoce. Sono in studio sistemi di trasporto di nanoparticelle che hanno proprietà magnetiche e fluorescenti che possono isolare singole cellule, proteine o geni e per analizzarle attraverso l'imaging, una sorta di risonanza magnetica nanometrica. A sua volta il sistema fluorescente emette luce quando stimolato da un evento cellulare, che viene rilevata e diventa una spia, al pari di un tracciante. Ciò significa studiare un evento biologico a livello di una singola molecola, e quindi ottenere una diagnosi precoce con materiale biologico minimo: saliva, sangue, espettorato.

Si possono ottenere nuove terapie, nuovi farmaci?
Sono in studio nuovi farmaci a rilascio intelligente. Si tratta di particelle di dimensioni nanometriche, dotati di polimeri che fungono da piccole "spugnette" su cui si attaccano il farmaco vero e proprio, per esempio un chemioterapico; molecole in grado di riconoscere il bersaglio, la cellula tumorale; particelle magnetiche per ottenere l'imaging del bersaglio, quindi avere una diagnosi; o che possono rilasciare calore per trattare direttamente la cellula malata. Questo sistema di trasporto misura all'incirca di 150 nanometri, (di cui circa 20 nanometri sono dati dalla nanoparticella, per un totale di poche decine di migliaia di atomi), e non provoca reazioni del sistema immunitario poiché non viene percepita e quindi non viene distrutta.

Ma quanto sono sicure le nanotecnologie?
L'aspetto della sicurezza è in studio da molti anni, da quando in pratica sono in uso i nano componenti, proprio per evitare casi come l'amianto su cui si è agito con troppa leggerezza. Essendo oggetti molto piccoli, il sistema immunitario non li percepisce, ma ora bisogna capire se ci sono rischi da esposizione prolungata per ora non rilevati. La comunità scientifica sta studiando le interazioni con le nanoparticelle in vivo, su modelli animali ma poiché le interazioni, gli apparati interessati, la via si assunzione, i materiali, le forme e le dimensioni, sono davvero moltissimi, c'è un problema di rappresentatività. Bisogna quindi trovare modelli rappresentativi per poter stabilire i test da sviluppare e le regole per concepire test che siano significativi e standardizzati. Lo sviluppo delle nanotecnologie, comunque, va di pari passo con lo studio della loro sicurezza e ora c'è fretta di stabilire regole.

Simona Zazzetta



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