Per prevenire le allergie alimentari gli allergologi vanno a scuola

02 novembre 2015
Interviste

Per prevenire le allergie alimentari gli allergologi vanno a scuola



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L'ultima tragedia è accaduta nello scorso week-end: un bimbo di sette anni, in vacanza con i genitori, è morto per le conseguenze della reazione anafilattica scatenata da un allergene finito chissà come nel suo piatto, anche se il cameriere del ristorante era stato informato della grave allergia alimentare di cui soffriva. Sono casi per fortuna molto rari, ma continuano a verificarsi, anche se dalla fine dello scorso anno la legge impone a mense e ristoranti di tutta Europa di conoscere bene, e comunicare ai consumatori, la presenza di allergeni negli alimenti elaborati e venduti.
Gli allergologi avevano espresso la propria preoccupazione, in particolare sulla prevenzione e gestione delle reazioni allergiche a scuola, giusto una decina di giorni fa, nel corso del Congresso nazionale dell'Associazione allergologi immunologi territoriali ospedalieri (Aaito) tenutosi a Bergamo. Dica33 ne ha parlato con Maria Beatrice Bilò, allergologa degli Ospedali Riuniti di Ancona e presidente dell'Aaito.

Dottoressa Bilò, quanto è preoccupante la situazione per i bambini con allergie alimentari?
«La situazione delle mense scolastiche merita molta attenzione da parte di tutti, perché le allergie sono tutte in aumento, e quelle alimentari lo sono più delle altre. Oggi si stima che circa l'8-10 per cento dei bambini soffre di un'allergia alimentare, in forma più o meno grave, che rappresenta la prima causa di reazione anafilattica in età pediatrica. I genitori dei ragazzi allergici sanno bene come comportarsi in caso di anafilassi, ma in un terzo dei casi le reazioni anafilattiche si verificano a scuola, dove generalmente non esiste una formazione specifica del personale, e tutto è lasciato all'iniziativa individuale, e alla buona volontà degli operatori».

Le scuole sono in grado di proteggere i ragazzi allergici da tutti i rischi?
«La situazione sta migliorando, grazie a numerose iniziative, ma nel complesso non è del tutto rassicurante, perché il personale non è sempre formato e non sa come prevenire al meglio gli episodi né gestire le eventuali emergenze, che possono riguardare sia i ragazzi che hanno già avuto una diagnosi di allergia, e magari anche una crisi anafilattica, sia quelli che hanno il primo episodio di allergia alimentare a scuola».

Come si riconosce una crisi allergica?
«Non sempre è facile, per chi non ha esperienza. La maggior parte delle reazioni allergiche sono da imputarsi a un numero relativamente piccolo di alimenti: latte vaccino, uovo, soia, grano, arachidi, noci e frutta a guscio, pesce e molluschi, vegetali. Gli esperti dell'Aaito hanno stilato l'elenco dei 10 sintomi più comuni, che potrebbero indicare una reazione allergica alimentare: prurito al palmo delle mani e dei piedi, rossore e gonfiore generalizzato e orticaria, difficoltà respiratoria, dolori addominali, vomito e diarrea, abbassamento della voce e raucedine, e infine debolezza da calo della pressione. Oggi alcune di queste reazioni allergiche passano inosservate, anche se in alcuni casi la crisi è talmente violenta da apparire immediatamente grave a chiunque.
Purtroppo, anche quando la gravità della crisi è evidente, non sempre c'è chi è disposto a praticare tempestivamente l'iniezione di adrenalina, che può fare la differenza tra la vita e la morte».

C'è chi nella scuola preferisce non somministrare farmaci per paura di conseguenze?
«Sì, ma questo è un errore, soprattutto quando il ragazzo ha con sé la penna autoiniettante per somministrare il farmaco nella coscia. Molti tra gli insegnanti e il personale non didattico pensano di non essere autorizzati, e credono così di evitare guai, ma non sanno che possono anche essere chiamati a rispondere dell'omissione di soccorso. È di poco fa la notizia che negli Stati Uniti il presidente Obama ha deciso di fronteggiare l'aumento delle allergie alimentari promuovendo la disponibilità di adrenalina autoiniettabile nelle scuole».

E in Italia?
«In Italia sono in corso a livello regionale iniziative importanti, come il progetto Gaia portato avanti in Liguria (che ha anche un sito internet ricco di informazioni utili) e altri in Sicilia e nel Veneto (in particolare a Padova), ma a livello nazionale siamo più indietro. Per questo noi allergologi abbiamo offerto la nostra collaborazione al ministero della Salute per affrontare le allergie alimentari proponendo la replicazione del progetto Gaia in tutte le regioni italiane in collaborazione con le associazioni di pazienti».

Fabio Turone



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