Anche il feto risponde al cellulare della mamma

27 maggio 2015
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Anche il feto risponde al cellulare della mamma



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Le donne in dolce attesa dovrebbero cercare di tenere il cellulare più lontano possibile dal bimbo che portano in grembo, per evitare di spaventarlo o comunque disturbarlo a ogni chiamata o messaggio in arrivo. Lo ha affermato pochi giorni fa un gruppo di ricercatori statunitensi nel corso del congresso degli Ostetrici e Ginecologi americani che ha avuto luogo a San Francisco.

«Lo scopo del nostro lavoro era valutare l'effetto di smartphone e dispositivi simili sul feto» spiega Boris Petrikovsky, professore di ostetricia e ginecologia e direttore della medicina materno-fetale al Wyckoff heights medical center di New York City, «e ci siamo resi conto che un piccolo che si trova nell'utero e che viene svegliato frequentemente da una suoneria non è certo particolarmente felice». Per arrivare a questa conclusione, Petrikovsky e colleghi hanno coinvolto nel loro studio 28 donne arrivate al terzo trimestre di gravidanza e che continuavano a svolgere il proprio lavoro di medici interni in ostetricia e ginecologia durante la gestazione. La scelta di questo gruppo di professioniste non è casuale: «Studi precedenti hanno messo in luce che i medici interni hanno in genere più complicazioni in gravidanza, come per esempio parti prematuri o pre-eclampsia (un problema alla placenta che può provocare alla donna ipertensione, presenza di proteine nelle urine e gonfiore)» dicono gli autori ricordando che, per la natura del loro lavoro, queste donne tengono spesso nella tasca del camice (e quindi vicino alla testa del bambino) il cellulare o il cerca-persona.

Ecco come si è svolto lo studio: i cellulari delle future mamme, tutti posti vicino alla testa del bambino, sono stati attivati con una serie di squilli separati da intervalli di 5 minuti e contemporaneamente le mamme sono state sottoposte a ecografia per vedere le reazioni del bambino. «Tutti i piccoli hanno mostrato reazioni al suono del cellulare: hanno ruotato la testa, aperto la bocca o mosso le palpebre» dice l'autore, ricordando che tutti i piccoli avevano un'età compresa tra 27 e 41 settimane. Reazioni simili se gli squilli arrivavano a intervalli di 10 minuti di distanza: il 90 per cento dei feti reagiva alla prima occasione, l'80 per cento anche agli squilli successivi.

«Non sappiamo se queste continue interferenze con i ritmi del bimbo portino a complicazioni della gravidanza, ma se possibile le future mamme dovrebbero cercare di tenere i loro smartphone più lontano possibile dal nascituro» conclude il ricercatore, che sottolinea però come anche i piccoli sembrano a un certo punto "abituarsi" a questi continue interruzioni, limitando le proprie risposte.



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