Solitudine e silenzio: l’importanza delle pause

08 agosto 2016
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Solitudine e silenzio: l’importanza delle pause



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Siamo esseri sociali, abbiamo una vita ricca di vissuti reali e virtuali che comprendono lavoro, amicizia, amore, convivialità. Ma dopo aver trascorso una giornata circondati di persone, con un occhio ai social network e ai cellulari, prendersi una pausa, possibilmente in solitudine e in silenzio, è una condizione indispensabile che ci consente di tornare nella nostra casa, nel nostro cuore: nella nostra querencia. Si tratta di un concetto metafisico che deriva dal verbo spagnolo "querer", che significa desiderio.

È il luogo ideale dell'arena dove il toro non può essere attaccato: lì può rifugiarsi, recuperare le energie e ripartire. È il luogo in cui ci si sente a casa, dove è possibile ritrovarsi e ascoltarsi. Eppure spesso ci costruiamo una vita piena di impegni, di pensieri, di desideri, per non ascoltare le nostre esigenze più profonde. Una pausa è la sospensione di un'attività, un disimpegno temporaneo. Può durare per un istante, ore o intere stagioni della vita.

Possiamo metterci in pausa e sederci a meditare, lasciar andare i pensieri e concentrarci sul respiro. Infatti, «la pratica della meditazione - come sostiene Stephan Bodian, psicoterapista autore di Meditazione per negati (ed. Oscar Mondadori) - aiuta a guardare al di là delle preoccupazioni egocentriche e a sintonizzarsi con i sentimenti altrui». Oppure possiamo metterci in pausa trascorrendo del tempo in mezzo alla natura, o prendendoci un anno sabbatico. Possiamo metterci in pausa durante una conversazione, lasciando perdere ciò che stiamo per dire per ascoltare veramente l'altra persona. In una pausa semplicemente interrompiamo tutto ciò che stiamo facendo, diventiamo totalmente presenti. In questo momento potreste smettete di leggere per stare lì senza fare "niente" e osservarvi.

Quando riprendiamo le nostre attività, lo facciamo con una maggior presenza. Interrompendo le nostre abitudini, ci apriamo a modi nuovi e creativi per rispondere ai nostri desideri o alle nostre paure. Questo ci consente di dare maggior senso, equilibrio e stile a tutte le nostre attività. Il concetto di pausa del quale parliamo non è il concetto di svago ma si avvicina a quello di vuoto, a quello di silenzio. Impossibili da raggiungere in assoluto.
Il vuoto secondo i fisici quantistici è addirittura la sostanza più complessa che esista e contiene tutte le particelle e tutte le interazioni conosciute e sconosciute.

Il compositore statunitense John Cage nel 1952 compose un pezzo "silenzioso" per qualunque strumento musicale. Sebbene l'opera venga percepita come "quattro minuti e trentatré secondi di silenzio", secondo l'autore "non è per nulla un'opera silenziosa, in quanto il vero centro di attenzione dovrebbero essere i rumori casuali che si sentono durante il silenzio dei musicisti, al pari di quelli dati dalla caduta di un oggetto, dal ronzio di un insetto o dal respirare degli spettatori". La durata particolare della composizione, invece, è probabilmente un riferimento allo zero assoluto: infatti, quattro minuti e trentatré secondi corrispondono a 273 secondi, e lo zero assoluto è posizionato a -273.15 °C, temperatura irraggiungibile, come il silenzio assoluto.

Quello di pausa è un concetto che varia nel tempo e da luogo a luogo. Per le filosofie orientali la pausa è un concetto fondamentale, è l'istante che non comporta attività, la pausa tra due pensieri, la pausa tra due respiri. La pausa che si cerca lasciando "cadere il pensiero", seduti senza far nulla, lasciando che la mente si calmi e i pensieri si posino. Questo "stare seduti' è chiamato zazen e non ci si siede in zazen per ottenere un risultato di cui si fruirà dopo. Sedersi in zazen è già la soluzione.

Maria Elena Capitanio



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