Il dolore articolare e muscoloscheletrico: da sintomo a malattia

21 dicembre 2016
Aggiornamenti e focus

Il dolore articolare e muscoloscheletrico: da sintomo a malattia



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Se non curato, il dolore, da sintomo diventa malattia. È il monito lanciato dagli esperti nell'ambito della campagna di informazione sul dolore NienteMale, promossa proprio quando l'Anno europeo contro i dolori articolari - promosso dalla Federazione europea per il trattamento del dolore - volge al termine.

«La patologia colpisce circa il 15 per cento della popolazione adulta ma, oltre i 60 anni, questa percentuale supera il 25-30 per cento», spiega Leonardo Punzi, Direttore Cattedra e Unità Operativa Complessa di Reumatologia, Dipartimento di Medicina Dimed, Università di Padova. «Le sedi più colpite sono le ginocchia, l'anca e le mani. Nonostante sia sottostimata, l'artrosi è anche la causa più frequente di ospedalizzazione nei reparti di ortopedia per interventi di artroprotesi».

«Se non adeguatamente trattato, il dolore può evolvere verso una forma cronica e, da sintomo, divenire malattia» interviene Massimo Allegri, Ricercatore confermato presso l'Università di Parma, II Servizio Anestesia Rianimazione e Centro del Dolore AOU di Parma. «Il dolore svolge il ruolo fondamentale di segnale d'allarme per il nostro organismo. Se però il messaggio continua nel tempo, il sistema nervoso va incontro ad alterazioni tali per cui si instaura un meccanismo di cronicizzazione in base al quale l'impulso doloroso è avvertito indipendentemente o con intensità aumentata rispetto allo stimolo iniziale. Quindi, non solo aumenta l'intensità del segnale, ma questo può essere inviato anche in assenza dello stimolo che lo aveva innescato. Controllare il dolore è dunque essenziale per impedire, o quantomeno ridurre, il rischio di cronicizzazione; ciò avviene con i farmaci in grado di bloccare la trasmissione degli impulsi dolorosi: a livello periferico con gli antinfiammatori non steroidei (Fans), se c'è un'infiammazione, e a livello centrale con il paracetamolo, gli oppioidi e gli adiuvanti» conclude Allegri.

«Per quanto riguarda l'artrosi, purtroppo non c'è cura che possa arrestarne la progressione e quindi si ricorre ai farmaci sintomatici», commenta Punzi. «Qui il primo analgesico di riferimento per efficacia e tollerabilità, in base anche alle indicazioni fornite dalle Linee guida Eular, è il paracetamolo. Se il paziente non risponde a questa terapia, si passa ai Fans che però non sempre si possono prescrivere. Bisogna tener conto, infatti, che il 15 per cento degli anziani assume anticoagulanti. Somministrare un antinfiammatorio a questi soggetti fragili significherebbe aumentare il rischio di sanguinamento, per cui è preferibile passare agli oppioidi deboli, come la codeina, che possono essere utilizzati in associazione al paracetamolo a dosi più basse» afferma Punzi.



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