Cervello in forma grazie al volontariato

13 gennaio 2017
Aggiornamenti e focus

Cervello in forma grazie al volontariato



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Fare volontariato e dedicarsi ad attività socialmente utili aiuta il cervello fare i conti con i problemi tipici dell'invecchiamento, come il rallentamento o il declino delle funzioni di ragionamento e di memoria. «Anche se i cambiamenti fisiologici negli anni sono simili, le capacità cognitive delle persone possono essere molto differenti» esordisce Ann Bowling della Università di Southampton, prima autrice dello studio pubblicato sulla rivista Bmc psychology , che poi precisa: «Le modalità con le quali corpo e mente invecchiano sono il risultato di complesse interazioni tra fattori genetici, socio-economici e ambientali, incluse le relazioni sociali che si sviluppano nel corso della vita».

E per valutare il peso del coinvolgimento sociale sulle funzioni cognitive, Bowling e colleghi hanno preso in considerazione un gruppo di oltre 9mila uomini e donne nati nel Regno Unito e coinvolti in uno studio a lungo termine sin da quando erano bambini. «Dai dati raccolti negli anni è emerso che tra i fattori più importanti per determinare le capacità cognitive una volta arrivati a 50 anni c'è anche l'impegno civile all'età di 33 anni» spiega l'autrice, ricordando però anche altri fattori determinanti per la salute del cervello: attività fisica frequente, alto livello di istruzione, capacità cognitive in età pediatrica e appartenenza al genere femminile.

Come precisano gli autori, i dettagli alla base di questa lieve associazione non sono ancora noti, ma essere attivi nella comunità in cui si vive potrebbe aiutare le persone più in là negli anni a sentirsi utili e ad aumentare la propria autostima, con conseguenze positive sul benessere psicologico generale. «Lo studio non mette in luce un rapporto causa-effetto, ma solo una lieve associazione tra impegno civile e capacità cognitive in età più avanzata» commenta non senza qualche dubbio sulla reale importanza dei risultati Ezriel Kornel, neurochirurgo del Weill Cornell Medical College di New York City che poi conclude: «È presto per trarre conclusioni che possano essere utilizzate nella pratica quotidiana; meglio puntare su fattori più noti per mantenere "giovane" il cervello, come per esempio l'attività fisica».



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