Cistite: meglio evitare il trattamento fai da te

11 dicembre 2017
Interviste

Cistite: meglio evitare il trattamento fai da te



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In tante situazioni ci si trova a soffrire per i fastidi di un'infiammazione delle vie urinarie, e in particolare nelle donne in età fertile la cistite ricorrente è uno dei problemi più comuni. Spesso la cistite viene collegata a un'infezione batterica, e i pazienti tendono a ricorrere all'automedicazione, per la fretta di guarire e anche perché pensano che l'antibiotico sia la soluzione giusta. Proprio di questo si è parlato durante l'ultimo congresso della Società italiana di urologia (Siu), dove gli esperti hanno riferito che in Italia ormai un batterio su due è resistente ai fluorochinoloni, gli antibiotici più usati contro le cistiti. Come è giusto comportarsi quindi in caso si vada incontro a una patologia di questo tipo? Dica33 ne ha parlato con Vincenzo Mirone, segretario generale Siu.

Dottor Mirone, perché si presenta la cistite, e perché in alcune persone è così frequente?
La cistite, in particolare quando ricorrente, non dovrebbe essere considerata una malattia in sé, ma un sintomo, un'infiammazione che deriva da una patologia sottostante. Nelle donne, che sono frequentemente colpite da questo problema, le cause principali sono batteri che passano dall'intestino in vescica, e questo succede in particolare nei soggetti che soffrono di stitichezza e diarrea; è evidente che per debellare la cistite bisogna prima di tutto combattere i problemi intestinali e riportare alla norma l'intestino. Sempre nelle donne, talvolta la cistite si propaga per via retrograda, ed è in questo caso legata all'attività sessuale. Nell'uomo invece in genere la cistite si presenta dopo i 65 anni di età, accompagnandosi a problemi di prostata e di ritenzione urinaria.

Cosa bisogna fare quando si presenta questo problema per trattarlo al meglio?
Non bisogna sottovalutare l'infezione né decidere di trattarla da soli. Quando si soffre di cistite la prima cosa da fare è bere abbondantemente per diluire la carca batterica. Si è a lungo parlato dei benefici di alcuni frutti rossi e in particolare del mirtillo come coadiuvanti per una pronta guarigione, e sicuramente un succo di mirtillo non fa male, ma l'importante - come già sottolineato - è bere abbondante acqua. Dopo 24-48 ore, il medico potrà valutare come si sta evolvendo il problema per decidere se sia il caso o meno di somministrare antibiotici. Nel caso lo ritenga opportuno, dovrà porre una diagnosi corretta riguardo al batterio coinvolto e prescrivere il farmaco giusto per la durata necessaria. Questo non solo perché è fondamentale evitare l'insorgere di una resistenza, ma anche perché gli antibiotici influiscono negativamente sulla flora intestinale, che invece ha un ruolo molto importante di protezione. Anche se si tratta di una recidiva, è importante che il paziente non si limiti ad assumere di nuovo l'antibiotico prescritto dal medico la prima volta, ma che ritorni nell'ambulatorio.

Il problema della resistenza agli antibiotici è molto sentito dagli urologi in questo momento. Perché?
L'uso smodato e non controllato degli antibiotici è una vera e propria piaga. Teniamo presente che l'Italia è al secondo posto in Europa per l'utilizzo di antibiotici, e che nel 40% dei casi di cistite i pazienti prendono antibiotici che in realtà potrebbero non essere necessari. Abbiamo visto che addirittura l'80% dei batteri è resistente a causa dell'autodiagnosi, e che "ci siamo bruciati" moltissimi antibiotici, come i beta-lattamici, gli aminoglicosidi, le tetracicline e la fosfomicina, che ormai sono poco attivi. Più della metà dei ceppi di Pseudomonas aeruginosa, che è uno dei batteri principali a causare infezioni ospedaliere urologiche, è resistente ai fluorochinoloni. Proprio questi antibiotici, che in urologia abbiamo usato moltissimo, sono fra quelli che hanno perso più rapidamente efficacia. Stiamo tornando a utilizzare alcuni vecchi antibiotici che erano stati abbandonati come la nitrofurantoina, per i quali i batteri hanno sviluppato meno resistenze, ma non ci sono in vista nuovi principi attivi, perché le aziende non hanno investito molto in questo campo. Non bisogna dimenticare poi che oltre al problema dell'automedicazione, anche in ospedale spesso i pazienti urologici sono in terapia antibiotica anche se non sarebbe necessario, come nel caso dei pazienti con colica renale o in persone che presentano batteri nell'esame delle urine ma che non sono sintomatici. È fondamentale che anche i pazienti collaborino per evitare di trovarci un domani senza principi attivi validi per contrastare infezioni come le cistiti che sono oggi piuttosto semplici da curare.

Susanna Guzzetti



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