Morte perinatale: aiuto specializzato per elaborare il lutto

08 febbraio 2018
Aggiornamenti e focus

Morte perinatale: aiuto specializzato per elaborare il lutto



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«Ci dispiace immensamente, ma non ti preoccupare ne avrai sicuramente un altro»: quella che vuole essere l'espressione sincera di vicinanza è in realtà una delle espressioni che ferisce di più chi ha appena perso il proprio bambino nelle ultime settimane di gravidanza. Quella che in termini tecnici si chiama morte endouterina fetale, se la perdita del bambino avviene dopo la 22° settimana di gestazione, o morte perinatale quando avviene tra la 28° settimana e i primi 7 giorni dalla nascita, rimane uno dei grandi tabù sociali, un dolore devastante da affrontare. Un gruppo di esperti operatori sanitari dell'ostetricia, psicoterapeuti, formatori esperti di counselling, sta lavorando per mettere a punto buone pratiche per aiutare le famiglie ad affrontare questo lutto.

In Italia tre ogni giorno

Si stima che in Italia ogni giorno muoiono tre bambini nel periodo perinatale (fonte ISTAT 2014) ed è un evento di grande impatto sotto molteplici punti di vista. Improvvisamente, infatti, una coppia si trova a dover affrontare la morte di un figlio nel momento in cui invece si stava preparando ad accogliere una nuova vita. Il percorso di elaborazione del lutto in questo caso può essere molto complesso ed è fondamentale che anche gli operatori sanitari, le prime figure che i genitori si trovano di fronte, siano in grado di supportarli.
«Da tempo portiamo avanti una stretta collaborazione con il reparto di ostetricia dell'Ospedale Niguarda» spiega Chiara Marazzi, formatrice e counsellor, presidente dell'Associazione "La Parola Magica" «nella nostra società la donna che rimane incinta, il partner e gli altri familiari sono altamente coinvolti in una progettualità che inizia già nelle fasi immediatamente successive al concepimento. Si è fin da subito proiettati nell'accoglienza della vita che verrà, si investono tante energie per pensare ai vestiti, ai corredi, alla cameretta e questo investimento si paga con un prezzo altissimo quando arriva la perdita» sottolinea la counsellor.

Vivere il momento per elaborare il lutto

«Partorire un figlio che non piange è la cosa più innaturale che mi venga in mente...e il silenzio della sala parto è qualcosa di tremendamente assordante, fa male alle orecchie e al cuore». Spiegano Claudia e Andrea una coppia seguita dall'Associazione. E ancora, Simona: «Mi hanno chiesto se volessi tenerla in braccio, ed ho detto di sì. L'ho guardata e coccolata per qualche minuto, forse, 10, 15, non ricordo, mio marito ci ha scattato una foto e poi ho chiesto all'ostetrica di tenerla perché non avevo più la forza di reggerla. Al momento non capivo perché rimanesse davanti a noi con la bambina in braccio, solo dopo mi sono resa conto che voleva aiutarci a vivere ancora qualche ricordo con lei...».
Secondo le buone pratiche da mettere in campo in queste situazioni, infatti, «la coppia deve essere indotta a vivere il momento, vivere la nascita del bambino nonostante la morte» spiega Marazzi «Per quanto possa essere doloroso, tutto questo aiuta nelle fasi successive per l'elaborazione del trauma».
Cercare di rimuovere tutto frettolosamente, come se non fosse mai accaduto è quanto di più deleterio. «La frase che spesso queste coppie si sentono ripetere: 'vedrai che avrai un altro figlio', è un invito a dimenticarsi in fretta del presente, ma questo è l'approccio sbagliato. In primis c'è da affrontare l'immenso dolore della perdita, al futuro si potrà pensare solo a tempo debito. La vita è vita a qualsiasi stadio e merita rispetto».

La chiave è l'assistenza personalizzata

Anche per gli operatori della nascita non è affatto semplice avere a che fare con eventi del genere, che riguardano la morte. «Per noi arrivare a pronunciare la fatidica frase: 'Mi dispiace non c'è battito', è un incubo professionale e soprattutto umano» spiega Donatella Lissoni, Responsabile dell'Ostetricia di Niguarda «La mancanza di una riflessione sul tema può portare a condotte che sfociano in una gestione inadeguata dei casi. Ed è proprio da questi casi che siamo partiti per migliorarci: così grazie al percorso intrapreso negli ultimi anni, ci siamo resi conto che è estremamente importante garantire due aspetti fondamentali dell'assistenza: la continuità assistenziale di un team multidisciplinare formato ostetrico-ginecologico-psicologico e l'assistenza "one to one" durante travaglio, parto e post-partum.

Ci vogliono anche spazi attrezzati

«Ad esempio, serve sicuramente più privacy per queste coppie che mentre vivono un trauma così devastante sentono i vagiti degli altri bambini appena nati o le grida delle partorienti». Aggiunge l'ostetrica.
Infine, c'è l'aspetto della resilienza degli operatori a stretto contatto con le coppie. «Non è facile stare con il dolore della morte di un bambino e con quello dei genitori. Stare nel dolore e con il dolore comporta uno stress di tipo emotivo fortissimo che si può fronteggiare solo con una solida azione di accompagnamento e supervisione con esperti del settore» conclude Lissoni.

A cura di:
Chiara Romeo



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