Sono depressa?

28 ottobre 2004

Sono depressa?


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23 ottobre 2004

Sono depressa?

Gentili dottori, in ufficio sono costantemente tesa: ho un collega che ha atteggiamenti che io interpreto come violenze psicologiche, forse perchè sono troppo sensibile, suscettibile e permalosa, o forse perchè è una persona molto ignorante (parla appena in italiano, scrive e legge come un bambino) e arrogante, con idee razziste e cattive che non riesco ad accettare e quindi faccio fatica a riconoscerlo come "superiore". il nostro capo comune è il mio fidanzato, che riconosce i limiti di questa persona, ma che li accetta perchè è un bravo lavoratore che "serve all'ufficio". Inoltre lui mi accusa di subire troppo certe sue pressioni, e nei litigi non mi difende mai. . . il mio punto di vista è che questo collega si è montato la testa, il mio fidanzato gli ha dato alcune responsabilità che i precedenti titolari non si sarebbero mai sognati di affidare ad una persona così poco delicata, e questa cosa sicuramente gli ha fatto credere di essere migliore degli altri, e ora non fa che cercare il pelo dell'uovo pur di poter fare un rimprovero, o fare notare che lui è onnipresente. Questa cosa mi sta facendo stare molto male, mi sento molto depressa e oppressa, lavoro tutto il giorno senza sosta occupandomi praticamente di tutto, e anzichè sentirmi dire ogni tanto un "brava", ho nelle orecchie il continuo ronzio di questa persona che va a cercare meticolosamente ciò che non è stato fatto o che poteva essere fatto meglio, o che non dovevo fare affatto. . . Sono tentata dal mandare al diavolo tutto, lui e anche questo lavoro, per poter concentrarmi nello studio a cui ora dedico tutte le ore di pausa e anche la notte se necessario. Ma non posso lasciare a terra il mio ragazzo, dato che il mio lavoro è praticamente indispensabile e che non sarebbe facile trovare, una persona che come me si occupa praticamente DI TUTTO. Con lui non posso sfogarmi, perchè interpreta i miei lamenti come un modo per mettere in cattiva luce ai suoi occhi questa persona, e si arrabbia molto e mi dice che così facendo rompo l'armonia e lo metto sotto pressione. Dice anche che il problema è solo mio perchè anche se è palese che al collega io non stia molto simpatica, al contrario di me lui non va a lamentarsi. Ci credo bene! Di cosa dovrebbe lamentarsi?! Io non faccio a lui ciò che lui fa a me. Sono molto infelice, mi sento insoddisfatta, mi rifugio nello studio della storia per potermi sentire lontana dalla sofferenza. Mi viene da piangere per niente, mi starò ammalando di depressione a 22 anni? x favore, aiutatemi a capire qual'è il modo giusto di comportarmi. Mille grazie, Vera

Risposta del 28 ottobre 2004

Risposta a cura di:
Dott.ssa GIULIA MARIA D'AMBROSIO


Al di là di chi ha torto o ragione in tutta questa storia, quello che è evidente è che lei non può stare in una simile situazione. Mischiare lavoro e affetti, soprattutto in questo modo, dove lei è ufficialmente una sottoposta del suo moroso, e dove pretende che lui le dia una mano per motivi affettivi e non lavorativi, sta creando un pasticcio di cui non so se lei si rende conto, e rende me alquanto sospettuosa anche sulle qualità del suo fidanzato, che dovrebbe proteggerla (ma non la protezione che intende lei).
E' evidente che lei e il suo moroso avete due modi differenti di concepire il mondo del lavoro. E', a mio parere, inutile e imprudente trovarsi a litigare per una simile questione. La crescita del vostro rapporto non può assolutamente mischiarsi con problemi di graduatoria di ufficio. Neanche se lei avesse evidentemente ragione.
Queste diatribe diventano luoghi dove ci si gioca il potere all'interno della coppia, e dove si logora la capacità di vedere se l'altro corrisponde veramente a quello che ci immaginiamo debba essere un compagno di vita.
Si cerchi immantinente un altro lavoro.
In una coppia, qualora non vi sia un affiatamento perfetto, sin dalle primissime battute, riguardo ai princìpi con cui ci si muove nel mondo, è bene che ognuno risolva i propri problemi senza infastidire l'altro.
Perciò, se lei soffre sul lavoro, faccia un atto di autonomia e cerchi di capire cosa vuole fare.
Lui farà ugualmente, troverà un'altra impiegata e le insegnerà a lavorare come gli piace. Senza recriminazioni.
Questo per salvaguardare il rispetto reciproco.
Sia sempre silenziosa e dignitosa, quando le cose non vanno, e agisca in modo efficace. Questo ora e per sempre.

La sua richiesta, ahimè, mi pone le ennesime riflessioni sul mondo odierno. Ammiro la sua intraprendenza per aver chiesto aiuto a questo portale, ma è incredibile che i giovani debbano chiedere a uno psichiatra consigli che una volta buoni padri e madri sapevano dare con solida discrezione e sapienza.

Un caro saluto, mi tenga informata. Aspettare che i prìncipi ci sveglino dal nostro lungo sonno e ci salvino, oggidì, non è cosa. E non è detto che sia un male.

Dott. Ssa Giulia Maria D'Ambrosio
Specialista attività privata
MILANO (MI)



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