C'è ma non si vede

13 febbraio 2004
Aggiornamenti e focus

C'è ma non si vede



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In passato la celiachia era considerata una patologia rara, con una frequenza media in Europa di un caso ogni 2000-3000 soggetti. Unica eccezione era rappresentata dallIrlanda occidentale, con una incidenza di un caso ogni 450 soggetti. Unanomalia, secondo lallora primario pediatra irlandese, causata dal cambiamento delle abitudini alimentari occorso tra lottocento, quando la patata era lalimento fondamentale, ed il secolo seguente, allorchè i cereali contenenti glutine avevano invece preso il sopravvento. Un carico di glutine in una popolazione non avvezza che avrebbe potuto contribuire a spiegare laumento dincidenza della celiachia. In ogni caso questi numeri hanno varcato i confini irlandesi raggiungendo tutti i paesi europei, compresa lItalia, dove oggi la frequenza della celiachia è ben più alta rispetto a ventanni fa. A ulteriore conferma di questa tendenza arriva uno studio dell Università di Bristol, pubblicato sul British Medical Journal,
secondo il quale benchè la malattia venga diagnosticata a un bambino ogni 2500 in realtà ne colpirebbe uno ogni 100.

Celiachia cioè?
La malattia, come noto, è causata da un danno alla mucosa dellintestino, risultato di una ipersensibilità al glutine alimentare, un componente di cereali come grano, segale, avena e orzo. Un danno che conduce a un alterato assorbimento degli alimenti. Per quanto riguarda il bambino l'intolleranza si evidenzia, nella maggior parte dei casi, dopo circa qualche mese dall'introduzione del glutine nella dieta, tra i 6 mesi e lanno e mezzo, con un quadro clinico caratterizzato da diarrea, il sintomo più frequente allesordio, vomito, anoressia, irritabilità, arresto della crescita o calo ponderale. Nelle forme che esordiscono tardivamente, dopo il secondo-terzo anno di vita, la sintomatologia gastroenterica è più sfumata e in genere prevalgono altri sintomi quali il deficit dell'accrescimento (sia di statura sia di peso), il ritardo dello sviluppo puberale, i dolori addominali ricorrenti e l'anemia che non risponde alla somministrazione di ferro per via orale. Un quadro sempre meno frequente grazie alla diagnosi sempre più precoce della malattia. Ma come avviene? La diagnosi si fa con un prelievo del sangue, in cui vengono evidenziati gli anticorpi antigliadina e anti-endomisio. Da poco tempo, però, è possibile anche effettuare un test ancora più specifico: il dosaggio degli anticorpi per la transglutaminasi. Se gli anticorpi sono ppresenti, si conferma la diagnosi con il prelievo di un frammento di mucosa intestinale nel corso di una endoscopia digestiva. E proprio dallanalisi di campioni di sangue alla ricerca degli anticorpi rivelatori della malattia è partito lo studio del Bmj.

Una malattia sottostimata
La ricerca ha preso in considerazione 5470 bambini di sette anni e mezzo detà. Sui campioni di sangue esaminati è stato possibile evidenziare un totale di 54 bambini positivi allesame, anche se a solo quattro era già stata diagnosticata la malattia e dunque si alimentavano senza glutine. Una casistica doppia nelle femmine, con in generale sintomi gastrointestinali non troppo evidenti. Ma non è finita qui. I ricercatori hanno evidenziato anche che i bambini celiachi sono in media 2,7 centimetri più bassi e pesano un chilo meno degli altri. Valori corrispondenti a un ritardo di circa nove mesi della crescita. Non è ancora del tutto chiaro se esista un legame tra questa ridotta crescita e il morbo celiaco. Ma non sono le prime evidenze in questo senso, un fatto che sembra suggerire - sostengono i ricercatori - che la malattia possa iniziare già a livello fetale. Quello che risulta chiaro, invece, dallo studio è che la frequenza del morbo celiaco a sette anni risulta analoga a quella degli adulti, come a dire che la malattia sarebbe già presente, seppur latente, anche se viene scoperta successivamente. La malattia, cioè, è presente ma senza sintomi evidenti. Lauspicio ora è che la ricerca ispiri altri studi mirati a identificare le cause della malattia, magari già a livello intrauterino, e se possibile apra la strada per nuove strategie preventive.

Marco Malagutti



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