Difetti visivi

20 giugno 2008
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Difetti visivi



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Quando la luce entra nell’occhio umano viene fatta convergere in un punto detto fuoco; in un occhio che ci vede bene (senza difetti) il fuoco deve cadere esattamente sulla retina, in questo caso la visione sarà nitida e l’occhio normale viene definito emmetrope.

Miopia

Quando il fuoco, cioè il punto nel quale vengono fatti convergere i raggi che entrano nell’occhio, si trova davanti alla retina, parliamo di miopia.

Un occhio miope è cioè più lungo del dovuto e per rendere possibile una visione corretta sarà necessario anteporgli una lente negativa (divergente) che, facendo divergere i raggi luminosi consenta al fuoco di cadere esattamente sulla retina.

Quella descritta viene definita miopia assile, riguardante cioè l’asse ottico dell’occhio umano, è la più comune, si eredita dagli antenati e tende a manifestarsi in maniera graduale e progressiva fino alla raggiunta costituzione oculare adulta.

È pertanto erroneo considerare ogni variazione od aumento della miopia che avvenga entro i 25-30 anni di età quale conseguenza di particolari sforzi visivi o di atteggiamenti di sguardo non corretti; come la statura o i connotati del viso un occhio è soggetto ad evoluzione fino al conseguimento dell’età adulta, sviluppando se ne è geneticamente predisposto il difetto ereditato.

Questo spiega la naturale progressione della miopia, il cui aumento risulta più repentino nell’adolescenza per poi stabilizzarsi negli anni successivi.

È importante correggere la miopia con occhiali o lenti a contatto adeguate, non tanto perchè ciò permetta di arrestarne l’evoluzione, ma piuttosto per abituare i nostri occhi ad una visione nitida fin dai primi anni di vita.

Ipermetropia

Quando il fuoco, cioè il punto nel quale vengono fatti convergere i raggi che entrano nell’occhio, si trova dietro alla retina, parliamo di ipermetropia.

Un occhio ipermetrope è cioè più corto del dovuto e per rendere possibile una visione corretta sarà necessario anteporgli una lente positiva (convergente) che, facendo convergere i raggi luminosi consenta al fuoco di cadere esattamente sulla retina.

Quella descritta viene definita ipermetropia assile, riguardante cioè l’asse ottico dell’occhio umano, è la più comune, si eredita dagli antenati e tende a manifestarsi fin dai primi anni di vita.

In alcun casi la presenza del cristallino gioca un ruolo importantissimo, infatti l’accomodazione (lo sfruttamento del potere elastico del cristallino) facoltà che normalmente utilizziamo per mettere a fuoco oggetti vicini (lettura, ricamo ecc.), può venire in aiuto alla visione per lontano, ponendo temporaneamente rimedio ad alcune forme lievi di ipermetropia.

Ciò accade quando il difetto sia limitato a valori contenuti, ma complica la vita all’oculista che per effettuare una corretta valutazione dell’entità del difetto deve "smascherarlo" nella sua interezza bloccando l’accomodazione.

Ciò è quanto avviene quando l’esame della refrazione avviene dopo l’instillazione di colliri (cicloplegici) che dilatano la pupilla e soprattutto bloccano temporaneamente l’elasticità del cristallino.

L’ipermetropia presente in molti bambini in forma latente (l’occhio del bambino e più corto del normale) può regredire o spesso rimanere non diagnosticata, grazie al compenso garantito dall’accomodazione per poi manifestarsi più avanti quando il compenso del cristallino viene progressivamente meno; in ogni caso una visita oculistica può fugare ogni dubbio sull’esistenza di questo difetto subdolo che può essere causa di cefalea o affaticamento nella visione per vicino.

Astigmatismo

In condizioni di normalità la cornea o comunque le lenti naturali che compongono la parte anteriore dell’occhio umano dovrebbero avere le dimensioni di una mezza sfera, dovrebbero cioè assomigliare alla metà di un pallone da calcio. Quando assumono una forma simile alla metà di un pallone da rugby, alla metà cioè di un ovoide, definiamo tale difetto come astigmatismo.

La luce diretta alla retina non viene più in questo caso fatta convergere in un punto (fuoco) ma in una linea (linea focale); tale aberrazione evidentemente non permette una visione distinta, inoltre data la sua complessità richiede per essere corretta lenti particolari di forma cilindrica e per di più orientate secondo un asse.

Per essere più semplici diremo che in una montatura di occhiale con lenti rotonde basta ruotare di poco la lente su se stessa per alterare il potere desiderato.

Tale difetto è normalmente presente fin dalla nascita e tende a rimanere stabile, se non intervengono altre patologie oculari, per tutto il corso della vita.

Le lenti a contatto tendono a correggere l’astigmatismo per quanto riesca loro in maniera meccanica, si comportano cioè come dei veri e propri conformatori; immaginiamo di appoggiare una scodella sferica su di un budino ovale, quest’ultimo tenderà ad assumerne la forma. Lo stesso accade per le lenti a contatto, ma il ritorno alla sfericità è consentito solamente quando l’astigmatismo è ridotto in caso contrario dovremo ricorrere a lenti "toriche" nelle quali "la superficie interna della scodella" è asimmetrica.

L’astigmatismo va assolutamente corretto in età infantile, in caso contrario una visione non a fuoco dei nostri occhi non permetterà loro di imparare correttamente a vedere; una correzione tardiva per quanto precisa non renderà ragione di una acutezza visiva normale di 10/10.

Presbiopia

La presbiopia è quel difetto che impedisce ai nostri occhi una corretta visione per vicino.

I primi sintomi insorgono normalmente tra i 40 ed i 45 anni ed è dovuta alla progressiva riduzione della capacità accomodativa.

Un soggetto emmetrope sano, senza cioè difetti visivi, si avvale della elasticità di una lente naturale che i nostri occhi contengono, il cristallino, per mettere a fuoco un qualunque oggetto posto vicino.

Questa facoltà prende il nome di accomodazione ed è dovuta all’azione di un piccolissimo muscolo, il muscolo ciliare, che contraendosi induce il cristallino ad assumere una forma più sferica e così facendo ci permette di mettere a fuoco, ad esempio, le righe dell’articolo che state leggendo.

Il decadimento fisico dovuto all’implacabilità dell’anagrafe provoca nei nostri occhi una progressiva diminuzione dell’elasticità del cristallino o, in termini tecnici, una riduzione della capacità accomodativa.

Questo fenomeno termina intorno ai 60 anni e pertanto non deve spaventare la necessità di utilizzare occhiali per lettura gradualmente più spessi, non state peggiorando bensì seguendo il normale corso della vita.

A questa condizione, che limita inevitabilmente attività quotidiane come il leggere, lo scrivere o il cucire, si può tranquillamente porre rimedio ricorrendo all’uso degli occhiali.

Il soggetto presbite può scegliere di portare un paio di occhiali adatti alla sola lettura; oppure può orientarsi verso un paio di lenti bifocali, quelle per intenderci con le mezze lune nella parte inferiore, oppure ancora verso quelle multifocali.

Il cristallino grazie alla sua elasticità è a tutti gli effetti una lente che cambia, senza che noi ne siamo consapevoli, il suo spessore più volte ogni minuto; ciò evidentemente non accade con le lenti dei nostri occhiali.

Questo spiega perché un tempo i ricettari degli oculisti differenziavano la prescrizione di "lenti per lettura" e "lenti per musica", dobbiamo cioè abituarci al fatto che un paio di lenti semplici ci permette una messa a fuoco ad una distanza ben precisa.

Per poter vedere bene da lontano, per potere guidare e al tempo stesso leggere un libro o ricamare indossando lo stesso paio di occhiali dovremo la nostra scelta dovrà necessariamente essere orientata verso lenti multifocali.

Le lenti multifocali, dette anche progressive, sono quanto di più sofisticato oggi la tecnologia ottica proponga, infatti posseggono un potere refrattivo (uno spessore) che varia gradualmente dalla porzione centrale della lente a quella inferiore.

La visione a distanze differenti è possibile poiché, abbassando lo sguardo, i nostri occhi vanno alla ricerca della porzione di lente che possiede la gradazione che meglio ci consente la messa a fuoco dell’oggetto che stiamo in quel momento osservando.

Tutto ciò avviene in maniera naturale e confortevole se, fin dall’inizio, chi sceglie di portare occhiali progressivi è disposto ad affrontare un periodo iniziale di adattamento non sempre semplicissimo da superare con successo. Va da sé che il tutto deve avvenire con il consenso dell’oculista curante che ritenga il difetto del paziente in questione tranquillamente correggibile con questo tipo di lenti.

D’altro canto le lenti progressive permettono al soggetto presbite di leggere solamente se abbassa gli occhi ma non il capo, se così facesse infatti guarderebbe attraverso il centro ottico della lente che è adatto alla visione per lontano.

In definitiva una scelta intelligente deve essere dettata dalle esigenze soggettive: chi nella vita quotidiana alterna molto spesso la visione per vicino a quella per lontano, il professionista che parla al cliente e lavora alla scrivania o al computer ad esempio, trarrà enorme vantaggio dall’uso di un solo paio di occhiali multifocali. Chi al contrario si dedica per tempi lunghi alla lettura, in poltrona, a letto o alla scrivania senza mai staccare gli occhi da un testo scritto sicuramente si troverà a suo agio con un paio di lenti graduate per quella esclusiva distanza a cui è abituato a leggere, sarà così libero di volgere il capo nella direzione desiderata senza problemi di messa a fuoco.

Esistono poi, per i più esigenti, lenti a contatto multifocali, che al vantaggio delle lenti per occhiali progressive appena descritte, aggiungono la comodità delle normali lenti a contatto.

Anche questa soluzione disponibile di recente richiede un training non sempre immediato.

A quanto abbiamo detto esiste una sola categoria di persone che rimane immune: i miopi.

La miopia limita fortemente la visione per lontano (quando non viene corretta adeguatamente) ma consente la messa a fuoco per vicino senza che l’accomodazione intervenga.

Naturalmente anche i miopi diventano presbiti ma possono leggere senza occhiali: unico neo resta per loro la distanza a cui vedono a fuoco, che dipende dal grado di miopia che posseggono.



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