Questioni di geni

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Questioni di geni



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Molti studi sembrano confermare che i tumori si prestino a riferimenti concausali anche di tipo genetico. Sono state, infatti, scoperte delle modificazioni (alterazioni o lesioni) dei geni appartenenti al patrimonio umano (il genoma), che stanno alla base di alcune forme tumorali, per esempio dei tumori dell'ovaio, della mammella, della prostata e dell'intestino. Alla base di un tumore, però, può esserci sia una sola modificazione che riguarda una piccola parte di un unico gene (in gergo una "mutazione puntiforme" monogenica), sia più alterazioni che riguardano diversi geni (mutazioni poligeniche). Queste alterazioni (dette "aberrazioni") possono causare degli errori nella trascrizione del DNA, i quali possono trasmettersi dalle cellule dei genitori a quelle dei figli. In questo modo si possono così ereditare i tumori e le altre malattie dette, appunto, genetiche e familiari. Nel caso specifico di un tumore, il gene (o i geni) mutato è quello in grado di controllare i meccanismi che stanno alla base della normale proliferazione cellulare. La stessa anomalia genetica si ritrova, così, in molti dei componenti di una stessa famiglia che vanno considerati non necessariamente malati, bensì soggetti predisposti. Esistono, poi, successivi e molteplici fattori di rischio aggiuntivi (ambientali, chimici, fisici, scorrette abitudini alimentari), che possono collaborare insieme, sostenendo (inducendo o stimolando) la moltiplicazione e la manifestazione (espressione) dei geni lesi, la cui replicazione darà origine alle cellule anomale che compongono il tessuto tumorale.

Geni che si candidano


Nel caso specifico dei tumori della mammella (che presentano una certa analogia con quelli delle ovaie), sono state dapprima studiate intere famiglie e più generazioni nelle quali si era identificata la presenza di un marcatore (un particolare frammento modificato) del gene BRCA1, posto sul cromosoma 17. Ciò si doveva a una mutazione del BRCA1 correlabile alla predisposizione al cancro mammario e/o ovarico, che era già stata segnalata in molti studi e per la prima volta identificata nel 1990 (il gene è stato poi interamente isolato nel 1994). In ulteriori studi, più di 100 mutazioni nel gene BRCA1 (in gergo biomolecolare si discute su almeno 100 geni denominati: "geni candidati"), sono state pure segnalate e questo, anziché meglio definire, potrebbe paradossalmente rendere maggiormente difficile l'individuazione delle persone da considerarsi a rischio. In successivi studi di popolazione si è dimostrato, però, che circa il 20% delle donne, di origine ebraica, con cancro della mammella insorto prima dei 40 anni d'età e circa il 10% di tutte le donne con un cancro mammario insorto prima dei 35 anni, presentavano una mutazione del gene BRCA1. Le cose si sono complicate, in seguito, quando nel 1995 è stato isolato un nuovo gene: il BRCA2, che in presenza di mutazioni può essere considerato determinante nel 70% dei tumori mammari che non corrispondono a mutazioni del BRCA1. Queste scoperte, comunque, non hanno scoraggiato i genetisti, ma, al contrario, sono servite per "migliorare il tiro". Alla luce delle nuovissime applicazioni della genetica alla terapia (la terapia genica) sono state, infatti, sviluppate in laboratorio delle particolari molecole (simili a dei farmaci molecolari) capaci di raggiungere e colpire specifici bersagli genici anche molto piccoli. Sempre a proposito di tumori mammari, si sono recentemente aggiunti alcuni geni candidati. Alcuni studiosi, infatti, hanno dimostrato che uno specifico recettore chiamato HER2 (human epidermal growth factor-2) risulta maggiormente rappresentato nel 20-25% di tutte le donne portatrici di tumori mammari che manifestano una mutazione precisa del gene che codifica (che possiede, cioè, la sequenza precisa per la sintesi di una proteina corrispondente) per il recettore HER2. Questo recettore ha la funzione di raccogliere i segnali che riguardano, appunto, i fattori deposti alla normale crescita cellulare. Tale scoperta, quindi, appare di particolare interesse per gli oncologi clinici, che hanno già iniziato la realizzazione di alcuni protocolli di studio e di trattamento (chemioterapia molecolare) anche in Italia.

Il punto attuale


Appartenendo ad una famiglia nella quale è ricorrente una certa forma tumorale ereditaria, (in particolare, se si tratta di tumore della mammella) è possibile fare qualcosa di preventivo e di concreto? Non c'è dubbio sull'importanza delle recenti acquisizioni della genetica molecolare, piuttosto esiste ancora qualche problema sulla scelta dei programmi di screening (diagnosi e selezione) delle popolazioni esposte al rischio. E gli stessi problemi permangono per il counselling genetico (la messa in pratica di programmi di educazione, prevenzione e cura da parte di personale medico adeguatamente preparato) sia dei soggetti già affetti, sia dei parenti esposti al rischio.
Il primo passo da compiere, comunque, è quello di selezionare i test genetici maggiormente predittivi, cioè i più efficaci dal punto di vista diagnostico. Tutto ciò dipende anche dall'ottimizzazione dei metodi di laboratorio che stanno acquisendo un grado sempre più elevato di sensibilità e di specificità, soprattutto per quanto riguarda l'accertamento del BRCA1 e del BRCA2. Inoltre, si sta facendo molto anche per approntare i test che riguardano l'accertamento dell'HER2. I test diagnostici maggiormente in uso oggi in Italia e in Europa sono basati sull'utilizzo di sonde a DNA e proprio contro l'espressione di HER2 sono già in atto i primi trattamenti onco-molecolari.
La partecipazione a certi programmi di screening, di counselling e di terapia molecolare, non è cosa effettuabile in massa: i costi in Italia sono ancora molto elevati e i centri altamente specializzati per affrontare questi problemi sono ancora insufficienti.
Nonostante tutto, il cancro della mammella è una di quelle malattie degenerative, che può considerarsi oggi in una fase positiva. L'incidenza delle forme più resistenti è in costante declino e ciò si deve sicuramente anche ai grandi progressi della genetica oncologica.

Patrizia Maria Gatti



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