Acufeni, ansia e depressione

06 luglio 2004

Acufeni, ansia e depressione


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17 giugno 2004

Acufeni, ansia e depressione

Salve, sono una ragazza di 19 anni. Da sette mesi soffro di forti e fastidiosi acufeni, dati da trauma acustico, che mi hanno portato ansia forte e frequente, depressione, insonnia e panico. La mia vita non è più la stessa e la serenità e il silenzio non fanno più parte delle cose che mi sono care. Lo specialista mi ha detto che non c'è niente da fare e che dovrò conviverci. Il mio terrore è proprio quello di non riuscire ad abituarmi e di sentirlo per tutta la vita. Non riesco a concentrarmi e a vivere in modo sereno. Ho paura che aumentito o che restino così forti. Sto portando a compimento la maturità classica e lo studio mi riesce molto difficile. L'insonnia poi non giova e il sentirmi diversa ed ostacolata rispetto agli altri non è uno stimolo ad incrementare l'impegno e ad uscire dallo stato catatonico e sofferente in cui sono caduta. Mi piacerebbe avere un consiglio, o anche solo una parola di conforto. Grazie Martina

Risposta del 20 giugno 2004

Risposta a cura di:
Dott.ssa GIULIA MARIA D'AMBROSIO


In considerazione della giovane età e del momento di emergenza-esami che sta vivendo, faccio un'eccezione e speriamo che mi sia perdonata dalla redazione.
Si procuri TEMPESTIVAMENTE il seguente rimedio omeopatico (non è necessaria ricetta):
Aconitum napellus 200 ch
Prenda gocce o granuli o tubodose, quello che hanno a disposizione in farmacia in quel momento, poi si procuri, con calma, lo stesso rimedio in gocce da tenere lì.
Per la prima somministrazione prenda 10 gocce (direttamente in bocca) o 10 granuli o tutto il tubetto-dose (senza toccare i granuli con le dita, butti tutto in bocca direttamente).
Riprenda il rimedio in gocce (10) quando, dopo la prima attenuazione, i sintomi riprenderanno.
E' necessario l'uso anche di Hypericum 30 ch per curare il nervo, e di un altro rimedio per curare gli attacchi di panico legati al trauma, ma a questo punto è necessario che prenda contatto con un omeopata UNICISTA che tenga monitorata la situazione da vicino. Si fidi e sia costante, e speriamo che sia possibile un recupero soddisfacente.
Si faccia viva. Tanti auguri e coraggio.

Dott. Ssa Giulia Maria D'Ambrosio
Specialista attività privata
MILANO (MI)

Risposta del 25 giugno 2004

Risposta a cura di:
Dott.ssa GIULIA MARIA D'AMBROSIO


Carissima, non è affatto un peso risponderle né tanto meno leggerla. E come vede anche la redazione (a cui sono grata) ha inteso benissimo il particolare momento di emergenza.
Il rapporto con sua madre mi sembra problematico da ben prima che accadesse questo incidente che le ha sconvolto la vita, è vero, ma che ora le darà la possibilità anche di ripartire. L’ “iniziazione” avviene sempre attraverso una rottura, un abbandono, una malattia. E’ la storia degli esseri umani. Magari potrebbe leggere qualche libro che parli di favole e vita, per esempio qualcosa di Marie Louise Von Franz, un’analista junghiana morta due anni or sono anzianissima, una delle persone più complete e sagge che si siano viste.
Prenda quello che le serve anche di nascosto, pazienza: quando si è in situazione di guerra con la vita, bisogna agire con le regole della guerra. Diventerà forte, e in futuro saprà cosa significa dare davvero una mano a chi ha bisogno, e prima di tutto ai figli che le auguro di avere.
Sua mamma non è in grado di sopportare l’imperfezione della figlia (lei è la primogenita, scommetto, o comunque la prima figlia femmina). Col tempo prenderà contatto con ciò che questo significa.
La possibilità di iniziare un lavoro di psicoterapia è una bella occasione. Quanto al “cerebralizzare”, visto che giustamente ha bisogno di un ascolto molto e chiaramente empatico, le consiglierei di rifuggire gli analisti che usano il famigerato lettino. E si ricordi che l’analista (le consiglio una donna che abbia una età oltre i 45 anni) deve essere una persona con cui si sente a suo agio. Ha il diritto di scegliere e di avere un colloquio con diverse persone prima di decidere. Per stare in tema le indico che il termine “ Depressione esogena” significa “reattiva a un evento esterno”, al contrario di quelle endogene che appartengono alla sfera dei disordini biochimici e, probabilmente, geneticamente correlati.
Quanto ai rimedi omeopatici, non perda tempo, soprattutto con quello principale. Io non sono un’omeopata, ma uso una manciata di rimedi (diciamo che ne maneggio una trentina, aiutata da una collega espertissima) da quasi vent’anni, e ho visto risultati che inizialmente sembravano irraggiungibili. La clausola fondamentale, senza nulla togliere ai colleghi di altre scuole, per gli eventi gravi, però, è di assicurarsi che l’omeopata appartenga a una vera scuola unicista.
Non posto la sua seconda lettera per discrezione. Non si scusi e scriva tutte le volte che lo desidera, attendo sue notizie. Per fortuna non è necessario rivolgersi a Emergency per trovare un medico che sappia ascoltare. Ne incontrerà altri.
Dia spazio ai suoi sogni di realizzazione.
Un caro abbraccio.

Dott. Ssa Giulia Maria D'Ambrosio
Specialista attività privata
MILANO (MI)

Risposta del 06 luglio 2004

Risposta a cura di:
Dott.ssa GIULIA MARIA D'AMBROSIO


Cara Martina, da quello che mi dice direi che l’aspetto dello shock è ancora prevalente nel condizionare i suoi rapporti con l’esterno. La invito a cercare l’omeopata unicista che le dicevo, in modo da calibrare quei tre rimedi che intravedo necessari per la sua situazione.
Il terapeuta che la segue va benissimo, se lei si sente veramente appoggiata e confortata nel suo percorso: per fortuna la vita si mostra nella sua varietà creativa, accanto ai consigli “in linea di massima”…! Comunque, se è curiosa di sapere a quale scuola fa principalmente riferimento, glielo chieda, è un suo diritto, fermo restando che il rapporto umano che si crea è comunque l’aspetto più curativo in assoluto. Quanto all’”infantile”, lo sono anche io … di solito chi ha una formazione sull’infanzia riesce a cogliere con più attenzione gli squilibri che si sono creati tra chi si mette in analisi e le persone della sua primissima infanzia. In realtà, molti dei motivi di squilibrio e sconforto nascono da situazioni apparentemente governabilissime nei primi mesi di vita. Forse l’angoscia che sua madre ha avuto all’idea di perderla (è una ferita molto grave, per una donna che ha appena partorito, aver rischiato la vita del figlio, sia pure per una gestosi, e la propria; lascia la traccia di non essere brave abbastanza a far figli, e questo può scatenare una serie di reazioni di difesa, e l’allontanamento psicologico è una delle soluzioni possibili) è diventata questa impossibile ricerca di perfezione in entrambe. Vedrà che le cose si chiariranno.
Il libro che cita è molto bello, ma credo che non c’entri nulla con quello che vive lei. Non credo che la metterà nelle condizioni di cerebralizzare troppo le cose. Piuttosto forse un’occhiatina a “Mia madre, me stessa” della scrittrice americana Nancy Friday mi sembrerebbe più adatto. Cita Svevo, ma penso che il suo cuore si aprirà molto meglio alle atmosfere incantate ed estremamente, sottilmente veritiere di Virginia Woolf, che fu la vera inventrice del romanzo psicologico.
Quanto a cercare figure sostitutive al di fuori, è normale e sano – anche se per lei la partenza è stata ed è una voragine affettiva. James Hillman, un grande psicoterapeuta americano, afferma che la nostra tendenza a non misurarci più con la natura ci allontana dalla possibilità di trovare in modi diversi la soluzione alle nostre domande e ai nostri bisogni. La natura è madre e padre, molto più di quanto non lo siano i nostri poveri genitori, costretti a sorbirsi non solo il loro ruolo concreto ma anche quello archetipico, idealizzato, che noi proiettiamo loro sopra e che è impossibile da realizzare. La natura ci insegna a cavarcela. Lo tenga presente.
Mi scriva quando vuole. Un grande saluto.

Dott. Ssa Giulia Maria D'Ambrosio
Specialista attività privata
MILANO (MI)



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