Adozione all’estero, consigli per non perdersi

15 dicembre 2010
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Adozione all’estero, consigli per non perdersi



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L'adozione di un bambino nato in un paese estero comporta un tortuoso percorso burocratico, lungo anche tre anni. È una constatazione che vale anche sotto il profilo della tutela sanitaria, un punto che forse non è sempre lampante ai genitori che adottano all'estero. Un sondaggio del Ciai (Centro italiano aiuti all'infanzia) condotto qualche anno fa su circa duecento famiglie adottive chiarisce i contorni della questione: nella maggior parte dei casi i bambini sono arrivati in Italia provvisti di una scheda sanitaria rilasciata nel paese d'origine, ma spesso le informazioni contenute erano incomplete o inadeguate rispetto agli standard occidentali. Meno della metà dei bimbi, inoltre, era stata sottoposta alle vaccinazioni previste nei paesi europei e secondo il calendario previsto. Soltanto il 20%, in particolare, era stato sottoposto a profilassi contro il morbillo e non più del 5-7% era stato vaccinato contro la rosolia. Per contro, tra i bambini sottoposti a visita medica al loro arrivo in Italia quasi un quarto rivelava un'infezione gastrointestinale e uno su dieci era affetto da più infezioni contemporaneamente.

Questi dati dovrebbero chiarire al di là di ogni dubbio che una delle prime operazioni da compiere quando si arriva in Italia con un bambino adottato all'estero è quella di sottoporlo a un'accurata visita pediatrica. Fino alla sentenza del Tribunale dei minori che ufficializza l'ingresso nella famiglia, il piccolo rimane un "extracomunitario" e i tempi perché il giudice si pronunci variano, a seconda dei casi, da qualche mese a qualche anno. Per iscrivere il bambino all'Asl e ottenere la Tessera sanitaria con cui procedere poi alla scelta del pediatra, tuttavia, basta presentare allo sportello il documento provvisorio che attesta la richiesta del permesso di soggiorno rilasciato dalla questura. L'Asl provvede quindi a creare un codice fiscale provvisorio e rilasciare una tessera temporanea che rimarrà valida fino a quando arriverà la sentenza del Tribunale dei Minori. A giudicare dalle esperienze raccontate sul web dalle famiglie adottive, può capitare che alcune Aziende sanitarie richiedano invece un passaggio preventivo all'ufficio anagrafe del Comune (sempre per l'attribuzione di un codice fiscale provvisorio al bambino), ma si tratterebbe di casi abbastanza isolati. La cosa migliore da fare, in ogni caso, è quella di rivolgersi fin dall'inizio a uno dei pediatri di libera scelta che operano nella propria zona: per esperienza, infatti, sono loro le persone che possono suggerire il percorso più breve nella giungla burocratica del nostro paese.



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