Vaccino influenzale: il beneficio è prima di tutto sociale

26 gennaio 2012
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Vaccino influenzale: il beneficio è prima di tutto sociale



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«Vaccinarsi contro l'influenza e prendersi l'influenza è possibile» Lo ha affermato qualche giorno fa Primo Mastrantoni, segretario dell'Aduc (Associazione per i diritti degli utenti e consumatori). «Il vaccino» prosegue viene infatti prodotto prima dell'inizio della stagione influenzale, il che significa che il virus dell'influenza può non coincidere con quelli testati per produrre il vaccino. Si calcola che un 30/40% delle persone vaccinate contragga comunque l'influenza». «Le affermazioni circa la produzione anticipata sono vere» commenta Aurelio Sessa, presidente regionale Simg Lombardia (Società italiana di medicina generale) «ma ciò è imposto da necessità tecniche che non inficiano la validità del vaccino. Non si può aspettare l'isolamento del virus stagionale, per cui in luglio/agosto si isola quello maggiormente circolante nell'emisfero australe (dove sta finendo il periodo invernale); quindi ha avvio la produzione, mediante coltivazione su embrione di pollo, che richiede 2/3 mesi. Seguono i tempi tecnici di distribuzione. Si ha allora a disposizione nell'emisfero boreale un vaccino universale che va somministrato in novembre, in quanto statisticamente il picco dell'epidemia si ha tra dicembre e gennaio e il vaccino necessita di 10-15 giorni per essere efficace. Proprio perchè la caratteristica del virus influenzale è la grande variabilità antigenica, può manifestarsi un fenomeno non prevedibile, il mismatching, ovvero una marcata non corrispondenza tra il ceppo del vaccino e quello circolante. Nel 90% dei casi, però, il virus che circola è contenuto nel vaccino. La cui utilità, peraltro, è rivolta più alla collettività che al singolo individuo. Consiste, cioè, nel ridurre globalmente il numero di complicanze gravi e di decessi negli anziani e nei soggetti a rischio. È poi evidente che un ruolo fondamentale è giocato dal sistema immunitario, tipicamente meno efficiente negli anziani, per cui se due di questi hanno una capacità di risposta immunitaria dimezzata è possibile che, vaccinati entrambi, uno dei due contragga l'infezione



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