Prolasso e incontinenza: malattie femminili troppo spesso taciute

02 dicembre 2013
Interviste

Prolasso e incontinenza: malattie femminili troppo spesso taciute



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Wwbdd. Ovvero World women bladder disorder days, un nome un po' complicato ma che accende i riflettori su patologie che inquinano notevolmente la qualità della vita quali infezioni, incontinenza, dolore, prolasso e tutto ciò che può conseguire da disturbi che colpiscono il pavimento pelvico.

Una iniziativa, questa dei giorni dedicati ai disturbi femminili, ideata e promossa dall'Associazione italiana di urologia ginecologica (Aiug) che l'ha voluta, e diffusa nel mondo, perché «è indispensabile la divulgazione e la sensibilizzazione su problematiche che se non proprio misconosciute, sono almeno taciute». Chi parla è il Segretario scientifico di Aiug, Mauro Cervigni, docente di urologia ginecologica all'università Tor Vergata di Roma.

Taciute?
«Sì, perché sono patologie che riguardano la sfera intima, l'apparato urogenitale, riguardano la fase evacuativa e quindi tutte quelle problematiche di cui ci si vergogna a parlare. Cose come l'incontinenza sia urinaria che fecale, i problemi di svuotamento che significano le difficoltà di urinare specie nel maschio ma anche nella donna. Quest'ultimo disturbo nelle donne è spesso conseguenza del prolasso. Altre patologie sono la defecazione ostruita nel caso di stitichezza... E poi un secondo scopo dell'iniziativa è anche parlare alla classe medica perché anche i nostri colleghi non considerino più questa parte funzionale come la cenerentola della medicina...».

Lei dice taciute. Ma hanno un'incidenza notevole sulla qualità della vita...
«Tutti i più recenti studi dimostrano come patologie quali l'incontinenza riducano notevolmente l'indice della qualità della vita, soprattutto quando si tratta di pazienti anziani ai quali questi problemi rende difficoltose non solo le relazioni sociali, i rapporti familiari, i contatti con l'esterno, ma anche la manualità quotidiana. C'è dunque una difficoltà non solo nell'aspetto più intimo della vita ma anche nella vita di relazione».

Quante persone soffrono di queste patologie?
«In Italia si parla, anche se sono stime non precisissime, di 4 o 5 milioni di incontinenti, quasi il 10 per cento della popolazione, di cui la maggior parte donne. E questo tipo di problematiche colpisce anche le donne giovani. La ginecologia urologica, infatti, le tratta dall'età adolescenziale fino alla terza età».

Un numero molto alto...
«Per questa ragione la nostra associazione ha promosso questa iniziativa. Una delle prime cose da superare nel paziente incontinente è la vergogna del dichiararlo perfino al medico curante. L'aspetto culturale è molto importante. Lo scorso anno ero in Giappone a un congresso e ho parlato con alcuni colleghi giapponesi che si occupano di queste patologie. Mi dicevano che la scarsità di letteratura su incontinenza e prolasso in Giappone non è determinata dal fatto che siano patologie poco diffuse, perché mi spiegavano che le donne giapponesi sono molto soggette a questi disturbi. Ma è un problema culturale: la società giapponese è molto rigida, militare, maschilista e quindi la donna si vergogna di dirlo anche al proprio medico. Ma le assicuro che lo stesso succede anche da noi. Siamo un paese di cultura latina, con una grande influenza cattolica, anche da noi tutto ciò che non è apertamente palese diventa tabù».

Da qui la vostra iniziativa
«Esatto. Noi abbiamo lanciato due campagne, una per la sensibilizzazione e una per la cura del perineo che è la zona dove ci sono gli sfinteri ed è chiamato anche pavimento pelvico e che comprende gli apparati urogenitali. L'incontinenza penalizza maggiormente le donne rispetto agli uomini proprio per la differenza anatomica dell'apparato urogenitale. Negli uomini, infatti, c'è la prostrata che ha una funzione di barriera alla fuoriuscita dell'urina, nella donna invece c'è la vagina che è un organo che tende a cedere con la gravidanze e la menopausa. Questa differenza fa sì che l'incontinenza sia più diffusa tra le donne».

A che punto sono oggi le cure?
«Oggi sono ormai molto progredite rispetto a una decina di anni fa. Esistono infatti delle terapie mini invasive per l'incontinenza urinaria femminile, delle tecniche che si praticano in anestesia locale e che garantiscono la ripresa dell'attività lavorativa in una settimana con risultati assolutamente validi: tra l'80-90 per cento. Poi c'è quella che viene chiamata incontinenza da urgenza o vescica iperattiva, è quando si sente uno stimolo imperioso. Ha presente quello che uno sente quando mette la chiave nella toppa e non c'è la fa più e ti esce qualche goccia di urina? Anche per questa patologia ci sono dei farmaci assolutamente nuovi, validi e senza effetti collaterali. Per casi più complicati ci sono anche terapie con stimolazioni elettriche che costringono a una sorta di ginnastica tutta la muscolatura del pavimento pelvico. Queste stimolazioni elettriche avvengono con delle sonde che non danno fastidio e funzionano in tutti i casi di incontinenza. In situazioni di particolare difficoltà, come in donne anziane, obese o diabetiche, si possono usare delle infiltrazioni di tipo botulinico, come quelle che si usano normalmente in chirurgia estetica: si fanno delle punturine nella vescica, una tecnologia che funziona bene per la vescica iperattiva. Ultima soluzione nata è l'impianto di veri e propri pace maker nella vescica, o anche al retto nel caso di incontinenza fecale, che sono come quelli usati a livello cardiaco».



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