14 settembre 2010
Aggiornamenti e focus
Un nuovo virus, ma non fa paura
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Comparso sulla scena nel 1997 in Giappone, il TTV (Transfusional-Trasmitted Virus) è stato isolato per la prima volta in pazienti malati di epatite fulminante contratta in seguito ad episodi di trasfusioni.
Gli studi che sono seguiti hanno spesso trovato il virus associato a patologie a carico del fegato, causate dai diversi virus dell'epatite e comunque situazioni caratterizzate da un transitorio livello alto della alanina aminotranferasi (ALT, parametro usato per accertare possibili danni alle cellule epatiche).
Si tratta di un virus costituito da un singolo filamento di DNA, privo di involucro lipidico esterno, sulla sua patogenicità regna ancora l'incertezza in quanto tuttora non esistono prove certe o dati statistici che possano indurre a credere che il TTV, una volta entrato nell'organismo, possa causare una malattia.
Tra le categorie a rischio di contagio suggerite dalle ricerche, al primo posto ci sono inevitabilmente i pazienti che necessitano di frequenti trasfusioni:
Uno studio condotto nel 1999, presso l'università di Milano, ha individuato un'elevata percentuale di rischio tra gli emofiliaci curati con vari preparati di fattori di coagulazione: il 22% dei donatori e il 69% dei pazienti è risultato TTV-positivo.
Questa incidenza può essere causata dal metodo di preparazione del prodotto emoderivato: è stata osservata, in vitro, l'inefficacia dei trattamenti con detergenti o solventi, mentre la pastorizzazione (60°C per 12 ore) dei preparati assicura l'inattivazione del virus.
Un lavoro analogo è stato eseguito in Francia, ha prodotto valori più bassi per il TTV: solo il 27.7% dei pazienti politrasfusi risultava averlo contratto, una percentuale comunque più alta rispetto agli altri virus veicolati dal sangue.
Gli studi che sono seguiti hanno spesso trovato il virus associato a patologie a carico del fegato, causate dai diversi virus dell'epatite e comunque situazioni caratterizzate da un transitorio livello alto della alanina aminotranferasi (ALT, parametro usato per accertare possibili danni alle cellule epatiche).
Si tratta di un virus costituito da un singolo filamento di DNA, privo di involucro lipidico esterno, sulla sua patogenicità regna ancora l'incertezza in quanto tuttora non esistono prove certe o dati statistici che possano indurre a credere che il TTV, una volta entrato nell'organismo, possa causare una malattia.
Tra le categorie a rischio di contagio suggerite dalle ricerche, al primo posto ci sono inevitabilmente i pazienti che necessitano di frequenti trasfusioni:
- emofiliaci
- talassemici
- dializzati
Uno studio condotto nel 1999, presso l'università di Milano, ha individuato un'elevata percentuale di rischio tra gli emofiliaci curati con vari preparati di fattori di coagulazione: il 22% dei donatori e il 69% dei pazienti è risultato TTV-positivo.
Questa incidenza può essere causata dal metodo di preparazione del prodotto emoderivato: è stata osservata, in vitro, l'inefficacia dei trattamenti con detergenti o solventi, mentre la pastorizzazione (60°C per 12 ore) dei preparati assicura l'inattivazione del virus.
Un lavoro analogo è stato eseguito in Francia, ha prodotto valori più bassi per il TTV: solo il 27.7% dei pazienti politrasfusi risultava averlo contratto, una percentuale comunque più alta rispetto agli altri virus veicolati dal sangue.