Colesterolo da non sottovalutare

17 settembre 2010
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Colesterolo da non sottovalutare



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Nelle persone con un moderato innalzamento dei livelli di colesterolo ''cattivo'' (LDL), ma che non presentano ancora i sintomi di malattia aterosclerotica, la somministrazione di rosuvastatina ad alti dosaggi si è dimostrata in grado di rallentare l'ispessimento della parete dell'arteria carotidea (CIMT). E' quanto si evidenzia dai risultati dello studio METEOR (Measuring Effects on intima media Thickness: an Evaluation Of Rosuvastatin), da poco pubblicati su JAMA.Per comprendere i significati di questo studio e le prospettive di trattamento future, ci siamo rivolti al professor Francesco Prati (U.O.D. Cardiologia-Laboratorio di Emodinamica, dellAzienda Ospedaliera S.G. Addolorata di Roma).

Professore, che cos'è l'aterosclerosi?
Laterosclerosi è il processo caratterizzato dall'accumulo di depositi adiposi o fibrosi nellepareti delle arterie, da cui originano le placche ateromatose. Lispessimento delleplacche restringe il lume (calibro) dellarteria e, di conseguenza, riduce lapporto di sangue a organi vitali quali il cuore e il cervello, che vengono quindi privati di ossigeno e di nutrienti vitali. Questa condizione è definita ischemia.

Qual è il ruolo del colesterolo nellaterosclerosi?
In presenza di una predisposizione individuale e di fattori di rischio quali ipertensione e tabagismo, la parete arteriosa viene progressivamente infiltrata dal colesterolo presente nel sangue. Tale evento innesca una reazione a catena che causa laccumulo di colesterolo (la cosiddetta placca) e in seguito il restringimento del lume vasale.

Perchè laterosclerosi è importante?
Perchè è una patologia progressiva, nonchè la principale responsabile delle malattie cardiovascolari, prima causa di morte a livello mondiale. Una placca ateromasica può provocare dolore toracico durante lesercizio fisico (angina); ischemia cerebrale (ictus); infarto del miocardio. Un'altra complicanza, favorita dalla presenza di placche arteriose, è la formazione di un aneurisma, uno sfiancamento della parete vasale, dovuto all'indebolimento e ispessimento della parete stessa, la cui rottura provoca unemorragia interna massiva e improvvisa.

Non esiste una cura capace di far regredire la placca una volta che si è formata?
Rosuvastatina, l'ultima statina arrivata sul mercato, è accompagnata da un'ampia costellazione di studi clinici che ne dimostrano l'efficacia e ne chiariscono il meccanismo d'azione. Uno di questi, ASTEROID (A Study To Evaluate the Effect of Rosuvastatin On Intravascular Ultrasound-Derived Coronary Atheroma Burden), ha dimostrato che il trattamento continuativo con rosuvastatina ad alti dosaggi ha portato, in due anni, ad una riduzione significativa del volume dellateroma, nei pazienti ad alto rischio di eventi cardiovascolari o con pregressa sindrome coronarica acuta.

Lo studio METEOR, invece, evidenzia solo una non-progressione della placca, come mai?
Lo studio METEOR è stato effettuato su una diversa categoria di pazienti: senza precedenti, asintomatici, con aumento moderato dei livelli di colesterolo LDL e basso rischio coronarico (inferiore al 10% secondo i parametri di Framingham). In questi soggetti era quasi impossibile apprezzare una regressione, mentre si è chiaramente visto che lo spessore della parete dell'arteria carotidea (CIMT) è progressivamente aumentato nel gruppo placebo, e non nel gruppo in trattamento con rosuvastatina.

Significa che, in prospettiva, si potrebbe prescrivere rosuvastatina ad alte dosi come prevenzione primaria?
Per adesso no, anzi. Bisogna fare molta attenzione: non tutti gli studi forniscono risultati esportabili nella pratica quotidiana. Lo studio METEOR ha un valore sperimentale: aggiunge informazioni sulla patogenesi dell'aterosclerosi e conferma che rosuvastatina, agendo sul colesterolo, sia LDL che HDL, manifesta effetti più ampi sul profilo lipidico. Semmai questi dati si possono impiegare a supporto di quella che sta diventando una teoria sempre più accreditata, cioè che sia opportuno ridurre i livelli di colesterolo LDL anche al di sotto dei 100mg/dl attualmente consigliati. In definitiva, per ora, si prospetta l'idea di un intervento farmacologico più aggressivo, ma solo nei pazienti con ipercolesterolemia e considerati ad alto rischio cardiovascolare.

Cuori da salvaguardare, sempre

Una scarsa proporzione di anziani, con recente diagnosi di diabete di tipo 2, riceve farmaci antipertensivi, antipiastrinici o ipolipidemizzanti. Il trattamento del diabete è importante, ma controllare la glicemia non dovrebbe essere l'unico obiettivo terapeutico, anche nei soggetti dai 65 anni in su. Data la loro speranza di vita, questi pazienti possono trarre beneficio anche da una protezione cardiovascolare farmacologica. Si prevede che il numero di pazienti con diabete di tipo 2 aumenti nel prossimo decennio e, se continuerà a prevalere l'uso subottimale dei farmaci nei pazienti anziani, si assisterà anche ad un incremento delle risorse sanitarie occupate.

HIV e colesterolo: qualcosa in comune

E' stato scoperto un meccanismo chiave tramite cui i farmaci inibitori delle proteasi promuovono l'arteriosclerosi e le malattie cardiovascolari. Essi infatti inibiscono l'efflusso di colesterolo dalle cellule schiumose, derivate dai macrofagi, nel processo che rimuove il colesterolo in eccesso da tessuti e pareti arteriose. Questo effetto può almeno parzialmente spiegare l'associazione clinica fra malattie cardiovascolari e proteasi-inibitori nei pazienti sieropositivi. Questi farmaci comunque hanno una marcata azione ossidativa, quindi una terapia antiossidante potrebbe minimizzarne gli effetti collaterali.

Ipolipidemizzanti anche con l'angina

Nei pazienti anziani, coronaropatici ma stabili, una terapia ipolipidemizzante intensiva riduce significativamente i tassi di eventi cardiovascolari maggiori. Questi dati sono coerenti con le attuali linee guida dell'American Heart Association (AHA) e suggeriscono che è possibile ottenere benefici clinici aggiuntivi trattando aggressivamente i pazienti anziani per ottenere valori target inferiori per le LDL. I pazienti anziani sono considerati a rischio anche solo per la loro età: infatti, dopo i 65 anni gli esiti tendono a non essere favorevoli, e non è noto se ciò si debba al peggiore stato di salute del paziente, a comorbidità o a sotto trattamento.

Statine utili a lungo nel post-infarto

Il trattamento con statine a dosi standard, dopo il ricovero per infarto miocardico, può ridurre la mortalità a lungo termine e prevenire eventi cardiaci futuri. Oltre al beneficio in termini di sopravvivenza, infatti, la terapia statinica è associata ad una riduzione del rischio di recidiva e di insufficienza cardiaca. Le categorie che traggono i maggiori benefici da questa strategia sono gli uomini, i pazienti dai 60 anni in su e quelli con livelli di colesterolo LDL dai 155 mg/dl in su. Altri studi avevano già suggerito che il trattamento statinico è utile nella stabilizzazione delle placche vulnerabili dopo eventi coronarici acuti, i risultati di questo nuovo trial sono coerenti con quelli precedenti.



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