Da piccoli è tutta un'altra crisi

26 luglio 2006
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Da piccoli è tutta un'altra crisi



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Certe malattie, averle da piccoli o averle da grandi fa differenza. Per esempio, è noto che le malattie esantematiche, contratte da bambini sono la normalità, non a caso si chiamano malattie esantematiche infantili. Una varicella o una parotite prese da adulti possono essere più grave e più complesse. Non sono esenti dalleffetto età anche gli attacchi convulsivi epilettici. Alcuni erroneamente considerano la loro comparsa in età adulta non diversa rispetto alla loro natura nel periodo infantile. Questa sovrapposizione è destinata a essere sostituita da una distinzione in termini di incidenza, cause ed esito.

Circostanze molto diverse
In effetti, finora i neurologi si erano basati su dati di popolazione adulta, ma recentemente si è visto che non è più possibile estenderli alla popolazione infantile. La conferma di quanto siano diverse le coorti di età è emersa da ricercatori dellUniversità di Londra. I dati sono stati estrapolati da uno studio di sorveglianza inglese sugli attacchi epilettici nellinfanzia, North London Status Epilepticus in Childhood Surveillance Study (NLSTEPSS), isolando un gruppo di 226 bambini (da 29 giorni a 15 anni) con attacchi convulsivi epilettici. La condizione è stata definita come crisi, intesa come convulsione epilettica continua, tonica, clonica o tonico-clonica o come due o più crisi (quindi intermittenti) senza il recupero della coscienza tra una e laltra, che durino almeno 30 minuti. Sulla base di questo criterio risultava che 176 bambini avevano avuto il primo attacco e 50 ne avevano avuto almeno uno precedente. La distinzione tra la forma adulta e infantile delle convulsioni epilettiche emergeva già considerando le cause. Negli adulti gli attacchi epilettici possono essere dovuti a problemi circolatori, ipossia, abuso di alcool, overdose o bassa concentrazione di farmaci antiepilettici. La causa più comune della convulsione epilettica tra i bambini erano gli accessi febbrili prolungati come emergeva nel 32% dei casi. Il 17% erano manifestazioni sintomatiche acute di un insulto acuto sottostante come la meningite, altamente probabile (12%) nei bambini con il primo attacco, o infezioni virali del sistema nervoso centrale. In percentuali simili (16%) potevano sussistere le condizioni predisponenti come anomalie cerebrali che si manifestavano in una crisi senza che ci fosse stato un insulto acuto. E infine, altrettanti (16%) avevano una riacutizzazione delle anomalie cerebrali, questa volta dovuta per esempio a insulto o crisi di febbre.

Campanello di allarme
Anche i valori di incidenza variavano. Nella popolazione infantile erano stati registrati tra i 18 e i 20 nuovi casi ogni 100 mila bambini allanno, circa 4-6 casi in più per 100 mila allanno della popolazione adulta. Quindi, decisamente più comuni, ma per fortuna meno fatali, in termini statistici: la mortalità infantile associata agli attacchi convulsivi epilettici era del 3%, ben diversa dalla mortalità del 13% tra gli adulti giovani, del 38% tra le persone anziane. Ma al di là dei dati epidemiologici, emergono due elementi importanti per la gestione delle convulsioni di questo tipo nei bambini. Innanzitutto, se si tratta di un primo attacco, in assenza di febbre o di patologie neurologiche, il primo sospetto che deve sorgere è quello di una meningite batterica acuta. E quindi procedere anche in questa direzione con i test di diagnosi. In secondo luogo, il 16% di quelli che avevano avuto il loro primo attacco andavano incontro a un secondo episodio entro un anno e con maggior probabilità se cerano anomalie cerebrali. Vale a dire che nel momento in cui si presenta il primo episodio, il secondo diventa prevenibile. Dettaglio non trascurabile.

Simona Zazzetta

Fonte
Chin RF et al. Incidence, cause, and short-term outcome of convulsive status epilepticus in childhood: prospective population-based study. Lancet. 2006 Jul 15;368(9531):222-9



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