Un'epidemia nascosta?

05 maggio 2005
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Un'epidemia nascosta?



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Suicidio, un atto innaturale se ne esiste uno, almeno nella visione corrente, visto che non sono mancate posizioni filosofiche che hanno attribuito a questo gesto una valenza positiva. In effetti è un gesto che richiede circostanze molto particolari, se si pensa alla potenza dei meccanismi che impediscono di togliersi la vita fisiologici (basta provare a smettere di respirare...) e anche psicologici (quante volte ci si risponde che alla fine non va poi così male). Per questo quasi sempre il concetto di suicidio viene incardinato a quello di malattia psichiatrica, a meno che non si sia di fronte al caso di chi è ormai condannato e sofferente. Quel che è certo è che è difficile fornire le dimensioni del fenomeno, e non soltanto per la cronica mancanza di dati italiana. Infatti molte morti possono sembrare incidenti, o per tali vengono fatte passare dai congiunti per timore del biasimo sociale, in molti casi poi tra le manovre messe in atto per togliersi la vita e il decesso, passa del tempo, e il rapporto causa-effetto si perde. Tra i pochi dati disponibili c'è quello che segnala la crescita costante dei suicidi dal 1965 al 1998, con una sostanziale stabilità da quella data in poi. Nell'anno 1991 si è stimato che i suicidi andati a effetto fossero poco più di 11 ogni 100000 uomini e 3,4 ogni 100000 donne. Risulta ancora più difficile stimare i parasuicidi, cioè i tentativi non riusciti. Lo studio più citato è del 1991 e parla di circa 56 donne e 38 uomini sempre ogni 100000. Ci sono anche altre differenze oltre a quella tra i sessi, per esempio suicidi e parasuicidi sono più frequenti tra 14 e 16 anni, ma la mortalità è superiore dopo i 65 anni, probabilmente anche per la maggiore resistenza fisica dei giovani o per la maggiore solitudine degli anziani.

Un'indagine non accademica
In fatto di dati, lo studio più recente non viene da un'istituzione accademica, ma da Altroconsumo, che ha inviato a oltre 25000 adulti italiani (dai 18 ai 70 anni) un questionario. Ovviamente l'indagine aveva più scopi: quantificare quanti considerano il suicidio come una strada praticabile (ideazioni suicide, tentativi), quali metodi sono stati usati per tentare di togliersi la vita, quanti hanno poi cercato un aiuto professionale e che beneficio ne hanno tratto. E poi, naturalmente, che cosa spingesse al suicidio e qual era la percezione del gesto. Il tasso di risposte è stato significativo, anche se i questionari restituiti erano alla fine 3370 circa. Nell'arco della loro vita, il 3,9% del campione ha tentato il suicidio, rispettivamente il 5,2% delle donne e il 2,7% degli uomini, se si passa agli ultimi 12 mesi, la percentuale scende allo 0,56 e allo 0,31 per donne e uomini rispettivamente, cioè globalmente lo 0,43%. Quanti hanno pensato al suicidio? L'84,8% del campione, anche se il 49% aveva un'ideazione suicida molto bassa e il 24% un'ideazione bassa; soltanto il 3,3% e l'1% circa avevano pensato intensamente e molto intensamente al suicidio. Però, non è un fenomeno trascurabile, anzi. I ricercatori, poi sottolineano anche l'elevata percentuale di coloro che hanno conosciuto direttamente persone che si sono suicidate: il 48,5%, più di quanti dichiarino di conoscere persone che lo hanno solo tentato.

Un atto socialmente inaccettabile
Insomma, ci sarebbe qualcosa di più di quanto dicono i dati ufficiali, soprattutto per i tentati suicidi, e va detto che l'ultimo studio rigoroso condotto a questo proposito risale al 1991. C'è poi un ultimo, e più preoccupante aspetto, che è quello della difficoltà di chi ha ideazioni suicide a parlarne con i medici, in particolare quelli di base. Certamente pesa la scarsa accessibilità delle cure psichiatriche in regime pubblico, ma anche i forti pregiudizi che permeano la società. C'è ancora un 68,6% del campione che dice che suicidarsi è sottrarsi alle proprie responsabilità, o un 55,6% che ritiene vi sia soprattutto esibizionismo tra coloro che si suicidano in luoghi pubblici, o ancora la maggioranza che ritiene che chi parla di suicidio poi non va oltre. Una grande fretta di giudicare prima di capire...

Maurizio Imperiali

Fonte
Santos O et al. Suicidal behavior in Italy Occhio Clinico 2004; 9: 21



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