Breve vademecum per scoprire i farmaci biosimilari

20 aprile 2015
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Breve vademecum per scoprire i farmaci biosimilari



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Che cosa è un farmaco biosimilare?
Il termine "biosimilare" indica un medicinale simile a un farmaco biologico/biotecnologico (v. avanti) di riferimento già autorizzato e in commercio, e il cui brevetto è scaduto.

Che cosa è un farmaco biologico (o biotecnologico)?
È un medicinale in cui il principio attivo, ovvero la sostanza che cura la malattia, è costituito da molecole complesse e di grandi dimensioni (solitamente proteine) estratte da fonti viventi (organismi umani, animali) oppure prodotte utilizzando microrganismi modificati mediante l'ingegneria genetica, in modo tale da ottenere sostanze che normalmente non possono essere sintetizzate. Sono esempi di farmaci biologici prodotti come ormoni (ad esempio l'insulina), enzimi (proteine che innescano l'attivazione di reazioni biochimiche nell'organismo), emoderivati (componenti estratti dalla parte liquida del sangue, il plasma, sottoposti a modifiche di ingegneria generica per essere utilizzabili in terapia), nonché medicinali che interagiscono con il sistema immunitario dell'organismo come sieri, vaccini, immunoglobuline, allergeni e anticorpi monoclonali.

Il farmaco biosimilare è, in pratica, il generico di un farmaco biologico?
No, e per varie ragioni. Il 'farmaco generico' è la copia fedele di un farmaco di origine (detto originatore), che è il risultato di processi di sintesi chimica farmaceutica tradizionali che sono ripetibili in laboratori diversi. Il farmaco biosimilare, invece, è "una nuova versione" del farmaco biologico di riferimento ottenuta da organismi viventi e, come tale, soggetta alla normale variabilità naturale. Ci sono, poi, importanti differenze tra i farmaci di sintesi chimica e quelli biologici e biosimilari da tener presente. Tra queste, vanno ricordate le dimensioni delle molecole (inferiori per i farmaci di sintesi chimica rispetto ai biologici/biosimilari), la complessità strutturale tridimensionale (maggiore per i farmaci biologici/biosimilari) e la complessità delle tecniche di produzione dei farmaci biologici/biosimilari. Quest'ultimo aspetto, in particolare, introduce degli elementi di differenziazione tali che non sono immediatamente trasferibili da un laboratorio all'altro, contribuendo a determinare l'unicità del prodotto.
La non identicità è dunque una caratteristica intrinseca di qualsiasi lotto di un farmaco biologico. Ne consegue che il percorso normativo di registrazione di un farmaco biosimilare sia più complesso di quello utilizzato per la registrazione di un farmaco generico (v. avanti).
Volendo, quindi, rappresentare in maniera molto semplificata il concetto di biosimilarità, se il 'farmaco generico' è il 'gemello omozigote' del farmaco originatore, il farmaco biosimilare è 'il gemello eterozigote' del farmaco di riferimento.

Il farmaco biosimilare è efficace e sicuro come quello di riferimento?
Perché un'Azienda ottenga, all'interno dell'UE, l'autorizzazione all'immissione in commercio (Aic) di un suo biosimilare di un prodotto di riferimento, deve sottostare ad un complesso e dettagliato iter di registrazione del prodotto codificato dall'Ema (l'ente regolatorio europeo per la registrazione dei farmaci) e valido per tutti i paesi Ue (procedura centralizzata di registrazione farmaci: una sola domanda, una sola approvazione, vincolante per tutti i paesi Ue). Poiché il principio attivo di un medicinale biosimilare è essenzialmente simile, ma non identico, a quello del medicinale biologico di riferimento, l'iter della registrazione di un prodotto biosimilare è molto differente da quello dei farmaci equivalenti di medicinali non biologici, per i quali è generalmente sufficiente presentare i risultati degli studi di bioequivalenza (Dir. 2003/63/EC, Ann I, P.II).
Con l'ultima revisione da parte dell'Ema delle proprie linee guida sul processo di approvazione dei farmaci biosimilari, è stato stabilito che i produttori di farmaci possano, d'ora in poi, confrontare,nei trial preclinici in vivo e in alcuni studi clinici, il biosimilare con un farmaco di riferimento non approvato nell'area economica europea.
La biosimilarità di un farmaco rispetto a quello di riferimento deve essere dimostrata tramite "l'esercizio di comparabilità", ovvero un insieme di procedure di confronto graduale che si basano, nell'ordine, sull'esecuzione di studi di qualità (per accertare l'esistenza di comparabilità fisico-chimiche e biologiche), e, in seguito, di studi clinici e non clinici (per garantire che eventuali differenze osservate in termini di qualità non abbiano alcun impatto sulla sicurezza ed efficacia del medicinale biosimilare rispetto al medicinale di riferimento). Alla base, dunque, delle verifiche di comparabilità di un farmaco che si candida alla registrazione come biosimilare di un farmaco di riferimento, vi è un robusto confronto "testa a testa" sulla base del soddisfacimento di specifici standard di qualità, sicurezza ed efficacia, previa definizione a priori delle differenze ritenute accettabili in quanto non clinicamente rilevanti.
Inoltre, sul fronte della sicurezza, come per tutti i farmaci autorizzati alla commercializzazione, è prevista una fase di farmacovigilanza post-marketing. Questa è di particolare rilevanza per i farmaci biosimilari (come per tutti i farmaci biologici) in quanto si propone di monitorare ed eventualmente limitare, il rischio eventuale di immunogenicità, ovvero la capacità di indurre una reazione immunitaria nell'organismo. Tale condizione, normalmente insignificante dal punto di vista clinico, può, in alcuni casi, portare a conseguenze gravi, come nel caso dell'anemia aplastica a seguito dell'impiego di eritropoietina.

Come viene scelto il nome del farmaco biosimilare?
I farmaci biosimilari, come tutti i farmaci in commercio, devono, in base alla normativa Ue, avere un nome di fantasia (nome commerciale o brand name) oppure essere denominati con il nome del principio attivo unitamente al nome dell'azienda/marchio registrato. La denominazione approvata, insieme al numero di lotto, è importante per una chiara identificazione del medicinale a supporto della segnalazione di reazioni avverse e del monitoraggio dell'utilizzo sicuro del medicinale.

Il farmaco biosimilare ha le stesse indicazioni terapeutiche del prodotto di riferimento?
Secondo le indicazioni dell'ente regolatorio dei farmaci europeo (Ema), nel caso in cui il farmaco originatore sia autorizzato per più di una indicazione, l'efficacia e la sicurezza del farmaco biosimilare devono essere confermate o, se necessario, dimostrate separatamente per ogni singola indicazione. Sono ammesse deroghe a questa regola, sulla base dell'esperienza clinica, dei dati disponibili in letteratura del meccanismo d'azione e dei recettori coinvolti nelle diverse indicazione.
Queste, però devono essere opportunamente giustificate e discusse dall'azienda produttrice con l'ente regolatorio prima dell'inizio del programma di sviluppo del biosimilare.

Quali sono i farmaci biosimilari attualmente disponibili in Italia?
A livello europeo, e dunque anche nel nostro paese, sono presenti sul mercato biosimilari di eritropoietina, utilizzata per aumentare i globuli rossi nei pazienti affetti da anemia associata a insufficienza renale cronica o alla chemioterapia per i tumori solidi; di ormone della crescita, utilizzato per il deficit di ormone della crescita nell'adulto; e del fattore di crescita emopoietico, filgrastim, indicato per trattare la riduzione di globuli bianchi conseguente alla chemioterapia o alle terapie che precedono il trapianto di midollo osseo in pazienti oncologici, oltre ai casi di neutropenia congenita (carenza di globuli bianchi) e nel trattamento di supporto ai pazienti affetti da virus HIV. È dei primi mesi del 2015 l'introduzione anche nel nostro Paese del biosimilare di infliximab, un anticorpo monoclonale che, inibendo una proteina che promuove processi infiammatori, consente il trattamento di malattie infiammatorie autoimmuni croniche come il morbo di Crohn, la colite ulcerosa, l'artrite reumatoide, l'artrite psoriasica e la psoriasi.

Quali sono i vantaggi derivanti dall'impiego di farmaci biosimilari?
Secondo alcune stime, i biosimilari dovrebbero consentire ai sistemi sanitari europei di risparmiare da 11,8 a 33,4 miliardi di euro, nel periodo compreso fra il 2007 e il 2020.
Dal punto di vista del sistema sanitario pubblico, l'impiego di questi farmaci, in luogo dei più costosi farmaci biologici, potrebbe riuscire a migliorare l'accesso ai farmaci in due modi: in primo luogo innescando una competizione virtuosa tra biosimilari e farmaci di riferimento, con conseguente riduzione dei prezzi. In secondo luogo, contribuendo ad alimentare il finanziamento di nuovi farmaci con i risparmi generati dall'impiego di farmaci biosimilari. Ciò renderebbe accessibile a tutti i frutti dell'innovazione terapeutica (vocazione universalistica dei sistemi sanitari pubblici).
Nel nostro Paese, le procedure di prezzo e rimborso dei biosimilari e dei farmaci biologici sono le stesse e prevedono la negoziazione del prezzo condotta da Aifa con l'Azienda Farmaceutica (Delibera CIPE 1° febbraio 2001). Nel caso dei biosimilari, per consuetudine e per analogia con i farmaci equivalenti, la negoziazione del prezzo ha come riferimento una riduzione obbligatoria del prezzo, pari ad almeno il 20 per cento rispetto al prezzo del farmaco di riferimento.

Ma non sarà che i farmaci biosimilari costano meno perché sono di qualità inferiore rispetto ai farmaci di riferimento?
Non è così. I farmaci biosimilari, prima di essere messi in commercio, sono sottoposti a severi controlli e alle normative che regolano la produzione e l'immissione in commercio di tutti i farmaci. La qualità del farmaco biosimilare è garantita in prima istanza dalla concessione di Aic (Autorizzazione all'immissione in commercio) da parte di Aifa che verifica che la produzione del farmaco equivalente sia effettuata da un'officina farmaceutica autorizzata.
Il costo inferiore rispetto ai farmaci di riferimento si giustifica con il fatto che i farmaci biosimilari sono prodotti con processi più moderni rispetto alle metodiche impiegate quando il farmaco di riferimento è stato messo a punto. Ciò consente un sensibile contenimento dei costi di produzione, senza influenzare negativamente la qualità del farmaco biosimilare.

Cosa prevede la legislazione italiana a proposito della sostituzione di un farmaco biologico con un suo biosimilare?
L'ente regolatorio europeo (Ema) non si esprime sulla sostituzione dei farmaci biologici con i loro biosimilari, rimandando ad ogni singolo paese europeo la responsabilità di regolamentare la dispensazione e lasciando al medico la decisione ultima di trattare un paziente con un farmaco biologico o con il suo biosimilare. Nel nostro Paese, la sostituibilità automatica fra due farmaci è ammessa se attuata fra medicinali compresi nelle cosiddette liste di trasparenza, predisposte da Aifa. Queste liste, ad oggi, comprendono solo farmaci generici, ma non farmaci biosimilari, bloccando di fatto la sostituzione automatica da parte del farmacista.
Con un pronunciamento ufficiale del 2012, Aifa esclude la possibilità di una sostituzione automatica, lasciando, come Ema, al medico la responsabilità di valutare, caso per caso, l'opportunità di passare all'uso di un biosimilare dal farmaco biologico di riferimento. Per quanto riguarda i pazienti di nuova diagnosi ("drug naive"), invece, Aifa non vede alcun motivo perché si sconsigli l'adozione di partenza di un farmaco biosimilare.In base a queste decisioni, Aifa si riserva in seguito la possibilità di ritornare sulla decisione di non inserire i farmaci biosimilari nelle liste di trasparenza di Aifa, almeno fino a quando non sarà disponibile un maggior numero di dati di bioequivalenza e sul loro profilo di sicurezza.



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