Un programma di Telethon per le malattie genetiche senza diagnosi

09 maggio 2016
Interviste

Un programma di Telethon per le malattie genetiche senza diagnosi



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Migliaia di bambini, ogni anno, sono colpiti in Italia da una malattia genetica, che in molti casi comporta una prognosi scoraggiante. Per alcuni di questi bambini e per i loro genitori, però, la situazione è ancor più difficile, perché non si riesce neppure a dare un nome, e quindi caratteristiche precise, alla malattia, di cui si può affermare con certezza solo l'origine genetica. Per questo la Fondazione Telethon ha lanciato un nuovo programma, chiamato "Malattie senza diagnosi", che nei prossimi tre anni intende coinvolgere famiglie e professionisti per riuscire a capire di più sul presente e sul futuro di questi malati, e magari in prospettiva individuare strategie per migliorare la loro vita. Dica33 ne ha parlato con Nicola Brunetti-Pierri, pediatra e ricercatore presso il dipartimento di Scienze mediche traslazionali dell'Università "Federico II" di Napoli e presso l'Istituto Tiger, tra i responsabili del programma finanziato con quasi due milioni di euro.

Professor Brunetti-Pierri, che cos'è il programma "Malattie senza diagnosi", e a chi si rivolge?
«Il programma è rivolto a un gruppo di pazienti molto selezionati, in gran parte bambini, che soffrono di una malattia in cui è fortissimo il sospetto di un'origine genetica, ma in cui gli esami non hanno finora permesso di arrivare a una diagnosi certa. In generale sono caratterizzate da un ritardo dello sviluppo e qualche forma di disabilità intellettiva e spesso malformazioni congenite. Lo scopo è quello di analizzare con altissima precisione il Dna dei malati e dei loro familiari, a partire dai genitori, per un totale di circa 1.300 individui».

In che cosa consiste l'esame?
«Per i malati e i familiari si tratta di un semplice prelievo di sangue, che viene poi sottoposto a un'indagine molto approfondita e ad ampio spettro, così da raccogliere informazioni genetiche relative a migliaia di malattie contemporaneamente. I dati vengono studiati attentamente e condivisi con i ricercatori che hanno avviato e stanno avviando programmi simili all'estero, per esempio in Canada e Stati Uniti ma anche in Olanda, Gran Bretagna e Germania. La condivisione è molto importante perché si tratta spesso di malattie molto rare, per cui è possibile che alcuni tratti comuni emergano solo quando si prende in esame un numero ampio di malati».

Quali sono gli obiettivi?
«I pazienti spesso vengono sottoposti a esami molto costosi e invasivi, dalle risonanze magnetiche alle biopsie, alla ricerca di una risposta che spesso non ottengono: uno degli obiettivi è quindi quello di individuare i pazienti che soffrono di una malattia già nota, che magari nel loro caso non si presenta con caratteristiche "da manuale". Dopodiché sappiamo che per sviluppare nuove terapie occorre conoscere le cause della malattia, per cui è importante raccogliere e analizzare tutte le informazioni che permetteranno in futuro di scoprire nuove cause di malattia, che diventeranno bersagli per la ricerca di nuove terapie. Anche in assenza di terapie, inoltre, la migliore conoscenza genetica della malattia potrebbe significare per molte coppie la possibilità di avere altri figli, eliminando il rischio di ricorrenza grazie alla diagnosi prenatale o, con la fecondazione assistita, grazie alla diagnosi preimpianto».

Chi può partecipare?
«Poiché si tratta di indagini molto costose sono stati fissati dei criteri molto precisi, tra cui il fatto di aver già effettuato un esame del cariotipo. Sarà poi il medico di fiducia - pediatra di famiglia o specialità del centro di riferimento per le malattie rare - a registrare il proprio paziente e i suoi familiari nel sito internet. Sarà data priorità alle situazioni più gravi o più complicate, all'età di insorgenza della malattia e alla storia familiare del paziente».

Fabio Turone



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