Il peso non cala? Non può essere sempre colpa dei geni!

03 novembre 2016
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Il peso non cala? Non può essere sempre colpa dei geni!



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Non ci sono scuse genetiche che tengano quando si parla di perdere peso. In altre parole essere portatori di un particolare patrimonio genetico non modifica le possibilità di successo quanto si decide di ridurre i chili in eccesso.
«Tra i tanti identificati, il "gene Fto" è quello che ad oggi è riuscito a spiegare la maggior parte delle differenze nelle caratteristiche dell'obesità nel corso della vita» spiega Katherine Livingstone, della Newcastle University (Regno Unito), prima autrice di uno studio da poco pubblicato sulla rivista British medical journal .

Dal momento che studi precedenti hanno dimostrato che i portatori di una particolare variante del gene Fto hanno un maggior rischio di accumulare peso e diventare obesi, i ricercatori hanno cercato di capire se questa caratteristica genetica fosse legata anche a un maggiore difficoltà nel perdere peso. E per raggiungere il loro obiettivo, Livingstone e colleghi hanno preso in considerazione la letteratura scientifica già pubblicata sull'argomento arrivando a selezionare 8 studi per un totale di poco più di 9.500 persone coinvolte.

«Le strategie utilizzate per perdere peso erano varie e includevano il controllo dell'alimentazione, l'aumento dell'attività fisica o anche l'uso di farmaci» spiega la ricercatrice, che poi aggiunge: «E a conti fatti abbiamo potuto osservare che non ci sono state differenze significative nei risultati sulla base delle caratteristiche genetiche dei partecipanti».

Ciò significa che anche i portatori della variante "pro-obesità" del gene Fto potevano perdere peso e le loro probabilità di successo erano le stesse di chi aveva, almeno in teoria, la genetica di Fto dalla sua parte. «Di fronte a questi risultati i singoli cittadini possono smettere di dare la colpa ai geni se non riescono a perdere peso, e i professionisti della salute ora sanno che le caratteristiche genetiche di Fto non possono rappresentare un ostacolo alla messa in campo di strategie contro l'epidemia di obesità» conclude John Mathers, professore di nutrizione umana alla Newcastle University e coordinatore dello studio.



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