Il punto non è l'eutanasia

29 settembre 2006
Aggiornamenti e focus

Il punto non è l'eutanasia



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E' abbastanza fastidioso, ogni qual volta si affronta un tema etico, sentire ripetere che la politica deve fare un passo indietro. Perché a rigore la politica, termine con il quale si indica di solito chi siede al Parlamento, o poco distante, è espressa direttamente dai cittadini attraverso il voto. Quindi è ovvio che certe discussioni vedano, debbano vedere, la partecipazione della politica, semmai chi è scontento voterà meglio la prossima volta. Questo vale massimamente per la questione del testamento biologico o, come meno correttamente si dice, dell'eutanasia.

Una convenzione del 2001


Per il testamento biologico, di cui ora si aspetta l'introduzione per legge, in realtà non si deve decidere, come ha spiegato Stefano Rodotà, se introdurlo, ma come introdurlo. Infatti, sottoscrivendo nel marzo 2001 la Convenzione europea di biomedicina, l'Italia ha accettato che i medici siano "obbligati a riconoscere i desideri precedentemente espressi dal paziente che si trovi in condizioni di incapacità di intendere e di volere". Che cosa dovrebbe dunque contenere un testamento biologico? Soprattutto se si vuole essere rianimati, ed evidentemente tenuti in vita al di là di quelli che paiono limiti biologici. Peraltro, la Commissione nazionale di bioetica aveva a suo tempo espresso il parere che al medico fosse concesso di fare obiezione di coscienza, così come sull'interruzione di gravidanza. Malgrado le forti differenze tra le due situazioni, anche soltanto per il fatto che c'è una volontà direttamente espressa dal soggetto, si è parlato in entrambi i casi di difesa della vita. Però si potrebbe a buon diritto parlare, in queste situazioni, di prolungamento della morte; francamente riesce difficile capire perché le convinzioni di un terzo, il medico, dovrebbero prevalere sulla volontà di un individuo di non sottrarsi a un destino inevitabile. Tra l'altro, il testamento biologico potrebbe essere modificato in qualsiasi momento e, secondo la quasi totalità degli esperti, si potrebbe non tenerne conto nel caso che tra la sua stesura e il momento presente fossero intervenuti progressi medici che cambiano la prospettiva, cioè tali da permettere interventi più significativi del prolungamento dell'agonia.

Il business è da un'altra parte


Si dovrebbe anche considerare che già la pratica del consenso informato ha profondamente modificato la situazione in fatto di decisioni sulla propria vita e la propria morte. Senza prendere esempi astrusi, per molti tumori una cura non c'è, per esempio quello del pancreas, e per molti altri i dati di sopravvivenza non sono esaltanti; oppure il trattamento è attualmente così invasivo da compromettere la qualità della vita in un modo giudicato inaccettabile dalla persona. E' evidente che non esiste, in un paese civile, nessun diritto della collettività a imporre una cura, in queste condizioni, in nome della tutela della vita. A questo punto resta il tema dell'eutanasia vera e propria, cioè di un intervento attivo da parte del medico per porre fine alla vita anticipatamente rispetto al destino biologico. Un tema che non è il caso di affrontare con dichiarazioni come quella resa dall'onorevole Luciano Violante, e rilanciata dalle agenzie, che si spera venga smentita. Violante avrebbe detto: "Del resto, se noi ci preoccupiamo che i ragazzi mettono il casco per non morire o se ci allacciamo le cinture quando siamo in auto, mi sembra singolare agevolare il suicidio delle persone". Chi pensa all'eutanasia, di solito, si trova ad affrontare prospettive diverse da un giro in moto.
A volte, peraltro, si ha l'impressione che a fare scandalo, a essere impronunciabile sia non tanto l'idea di una morte più o meno pilotata e assistita, ma il dover riconoscere che, comunque, prima o poi, si muore. E a chi teme che il testamento biologico apra la strada a stragi di vecchietti per liberare posti letto, e quindi lucrare, è bene far presente che oggi per fare del buon business è meglio promettere l'allungamento senza limiti della vita, anche quando è impraticabile.

Maurizio Imperiali



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