Dolori al risveglio

01 gennaio 2000
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Dolori al risveglio



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Trattare il dolore è una necessità spesso trascurata e non soltanto quando si tratta del dolore cronico o di quello di fine vita. Molte ricerche, infatti, mostrano che anche il dolore transitorio, legato a eventi temporanei, è spesso sottovalutato o affrontato in modo superficiale. E il caso del dolore post-operatorio, affrontato da una revisione pubblicata sulla rivista Lancet. Per quanto sia pressoché inevitabile, esso non diviene per questo una cosa normale e, per questo, da sopportare e basta.

Da acuto a cronico il rischio c'è
Il dolore acuto post-operatorio presenta caratteristiche differenti da quello neuropatico o causato dal cancro, a cominciare dalle componenti emotive: nel dolore post-operatorio sono tutte correlate all'ansia a sua volta indotta dal timore per l'esito dell'intervento; al contrario, il dolore cronico si presenta con un andamento a volte fluttuante, ma in ogni caso senza interruzioni e le componenti emotive sono quasi sempre correlate alla depressione. Abbastanza logico, visto che il dolore cronico è causato da situazioni di cui chi soffre sa già che non vedrà la risoluzione. Però, il dolore acuto post-operatorio porta con sé parecchi rischi. Per esempio, se è intenso e male controllato, può anche trasformarsi in dolore cronico. Esistono diverse casistiche al riguardo. Anche senza arrivare a tanto, un forte dolore post-operatorio può ritardare la ripresa e la riabilitazione, soprattutto quando si tratta di interventi ortopedici. Restare a letto, avere una mobilità scarsa può favorire la comparsa di disturbi respiratori, anche gravi. L'immobilità forzata, poi, può aumentare il rischio di tromboembolia. Quindi se è logico il ricorso alla profilassi antitrombotica, non si può accanto a questa trascurare l'analgesia, che può contribuire al più rapido recupero della mobilità e della circolazione fisiologica negli arti.

Valutare caso per caso
L'articolo di Lancet fa presente che tra le cure del post-operatorio dovrebbe rientrare quindi una corretta valutazione del dolore, mediante domande mirate oppure servendosi delle scale visuali analogiche: una specie di righello sul quale il paziente deve indicare qual è l'intensità del dolore provato. Sulla base di questa valutazione, si aprono poi le scelte terapeutiche. Contrariamente a quanto si crede, nel trattamento rientrano diverse categorie di farmaci, che di solito si è abituati a considerare non minori ma più adatti al blando mal di testa. Il paracetamolo, per esempio, o antinfiammatori come il naprossene. E' una questione di dosaggio e, ovviamente, di via di somministrazione. Anche a questo proposito vanno sfatati alcuni luoghi comuni: non è detto che una supposta o un iniezione siano necessariamente "più forti" di una compressa. Spesso l'esclusione della somministrazione orale è dovuta non a ragioni di efficacia, ma al fatto che la persona accusa nausea e conati di vomito, oppure non è in grado di inghiottire (è chiaro che in queste situazioni è poco probabile che l'analgesico giunga a destinazione). A questi mezzi relativamente semplici, si affiancano oppioidi sintetici come il tramadolo, che ha un'azione centrale, impegnando gli stessi recettori degli oppioidi, ma presenta un minore rischio di deprimere la funzione respiratoria. Il tramadolo somministrato per via orale, parenterale o rettale ha dimostrato di possedere una buona efficacia analgesica sul dolore di origine più varia. Per gli interventi più importanti, e demolitivi, si ricorre quasi sempre agli oppioidi. Questi, oggi, possono essere somministrati con sicurezza sia per via orale, in questo caso aumentando il dosaggio per la minore biodisponibilòità, sia ovviamente per via iniettiva classica, ma anche sottocutanea, oppure intrarticolare e persino transcutanea e transmucosale. In ogni caso oggi possono essere impiegati con grande sicurezza, con le sole avvertenze di adeguare i dosaggi a peso ed età. Anche i dispositivi che consentono al paziente stesso di comandare le somministrazioni, sono dotati di dispositivi che prevengono incidenti quali il sovradosaggio. Infine, è possibile anche ricorrere al blocco regionale dell'area interessata dall'intervento, un'applicazione dell'anestesia spinale, in associazione agli oppioidi, così come si possono attuare regimi misti di antinfiammatori e oppioidi. Insomma, il dolore si può combattere, e gli analgesici sono mezzi sicuri e scalabili. Molto spesso, poi, curare il dolore è una necessità anche per migliorare il decorso e quindi... è inutile fare gli eroi.

Maurizio Imperiali

Fonte
Myles PS e Power I. Clinical update: postoperative analgesia.The Lancet 2007; 369:810-812



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