L'appendicite complicata, ma non troppo

30 marzo 2007
Aggiornamenti e focus

L'appendicite complicata, ma non troppo



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Non c'è bisogno di essere epidemiologi per pensare che l'intervento chirurgico più spesso eseguito nei bambini in regime di urgenza è l'appendicectomia. Negli Stati Uniti si tratta di 80000 interventi l'anno: sono parecchi e, inoltre, da un terzo a tre quarti di questi casi si presentano con una perforazione. Si tratta di una complicanza, dunque, molto comune, che gli studi attribuiscono soprattutto al ritardo con cui, di fronte a febbre e mal di pancia, si decide di ricorrere al medico. Ma per quanto frequente, per l'appendicectomia non esistono linee guida concordate, nemmeno negli Stati Uniti, e non tanto per l'esecuzione dell'intervento, ma per i trattamenti accessori. In particolare, ricorda uno studio recentissimo, per quanto riguarda la comprensione delle circostanze che possono condurre a un'ulteriore complicazione del trattamento dell'appendicite perforata: la formazione di ascessi addominali.

Quanto dura il dolore?


Per cercare di capire che cosa deve mettere in sospetto il chirurgo, ricercatori statunitensi hanno esaminato i casi di appendicite perforata, come dimostrata all'ecografia, che sono statti trattati in quattro ospedali pediatrici. Un totale, dunque, di 265 giovani di età compresa tra 1 e 18 anni (età media 10), dei quali 35 hanno sviluppato, successivamente all'intervento, un ascesso addominale; quest'ultimo è stato definito come la presenza all'ecografia di una o più raccolte di fluidi all'interno della cavità dell'addome. Per capire che cosa cambiava rispetto ai 230 giovani che non hanno avuto conseguenze, sono state considerate tutte le possibili variabili presenti prima dell'intervento, durante e immediatamente dopo. Quelle che avevano più probabilità di avere un ruolo dopo una prima scrematura erano il sesso, il tipo di copertura sanitaria, la presenza di dolore al quadrante inferiore destro, diarrea, vomito, la presenza di una ascesso durante l'intervento, il riscontro di un fecaloma (concrezione di feci disidratate), durata della terapia antibiotica post-operatoria. Alla fine, però, i due fattori che contavano veramente, e che quindi potevano predire la formazione dell'ascesso, erano la diarrea al momento del ricovero (il rischio aumentava di 3,63 volte) e la scoperta del fecaloma durante l'intervento (con un aumento del rischio di ascesso di poco meno di 9 volte).

Conclusioni tranquillizzanti


Lo studio ammette che c'era un forte variabilità, dovuta al numero ristretto di casi, per esempio, in cui è stato scoperto il fecaloma; quanto alla diarrea, che può indicare la presenza di un'infezione, la valutazione è molto soggettiva. Ma gli autori chiariscono che i risultati sono importanti soprattutto per i fattori che sono stati esclusi. Per esempio, il ricorso alla laparoscopia, l'intervento mini-invasivo, non aumenta la possibilità di un ascesso e anche la somministrazione prolungata di antibiotici per via endovenosa, quindi il prolungamento del ricovero, non hanno un effetto protettivo. Questo è un aspetto importante, visto che la mancanza di linee guida fa sì che, a seconda dell'ospedale, i bambini ricevano antibiotici in misura, e con costi, molto variabili. Si va da 400 a 4000 dollari. Per carità, nessuno vuole togliere gli antibiotici ai bambini, ma se non fanno la differenza...
In pratica, la conclusione è abbastanza tranquillizzante: anche se l'appendicite ha dato luogo a una perforazione, a tre giorni dall'intervento, se il bambino mangia senza disturbi e non ha febbre può essere dimesso con notevole sicurezza. E per un bambino molto probabilmente questa è la notizia migliore che può avere da un chirurgo.

Maurizio Imperiali



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