Sostituzioni pericolose

02 marzo 2007
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Sostituzioni pericolose



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Perché un trapianto abbia successo è necessario abbassare le difese dell'organismo ricevente, cioè abbattere almeno momentaneamente quelle barriere immunitarie che tenderebbero a rifiutare qualsiasi cosa arrivi dall'esterno e non venga riconosciuto come proprio.Ma per lasciar entrare un organo, nel caso di un trapianto d'organo, si apre una porta da cui possono entrare anche altre cose, per esempio i virus, i quali, al di là delle infezioni, possono anche essere la causa di sviluppo di alcuni tumori. Le osservazioni condotte finora lo hanno confermato, rilevando anche l'aumento del rischio di tumori cutanei diversi dal melanoma, del sarcoma di Kaposi e del linfoma non-Hodgkin. Non è ancora chiaro se ci sia la possibilità che anche altri tumori si verifichino con maggiore probabilità, poiché non ci sono studi abbastanza ampi e a lungo termine per stabilirlo. Resta, inoltre, il dubbio su quali tumori diventino più a rischio dopo che il paziente subisce il trapianto.

Fasi sensibili


Aree di incertezza sussistono nel caso del trapianto di rene, anche se esiste una documentazione ampia che sostiene la possibilità di evoluzione di un più ampio spettro di neoplasie maligne, in seguito all'intervento. Ma non è chiaro quali siano quelle che incorrono con maggior frequenza e se il rischio aumenta a causa dell'immunosoppressione oppure sia associato a preesistenti fattori di rischio associati all'insufficienza renale allo stadio terminale (che ha l'indicazione al trapianto) oppure alla dialisi.
Diversi studi, tra cui uno italiano relativo alla Lombardia, hanno individuato un aumento del rischio statisticamente significativo nella popolazione di pazienti con indicazione al trapianto o alla dialisi, anche se gli stessi autori hanno manifestato molta cautela nell'interpretare il dato.
A questo punto per individuare la fase più rischiosa del decorso della patologia renale non rimaneva che confrontarle. Lo hanno fatto in un lavoro, recentemente pubblicato, i ricercatori della University of New South Wales di Sidney, valutando il rischio nella stessa popolazione di pazienti nei due periodi precedenti la terapia immunosoppressiva: la dialisi e la fase terminale dell'insufficienza renale prima della terapia sostitutiva renale.

Incidenza in eccesso


I dati raccolti in un campione di quasi 29 mila pazienti sono il risultato di un monitoraggio condotto per circa quattro anni e mezzo prima della terapia sostitutiva, per due anni e mezzo durante la dialisi e per otto anni e mezzo dopo il trapianto.
Escludendo i tumori cutanei non-melanoma e tutti quei tumori (mieloma, tumore al rene e al tratto urinario) per i quali è noto l'aumento dell'incidenza in casi di stadio terminale dell'insufficienza renale, in tutti e tre i periodi considerati si registrava un aumento di nuovi casi. Il rapporto standardizzato di incidenza (SIR) usato per misurare era più alto durante la dialisi rispetto al periodo precedente e dopo il trapianto, e quindi in seguito all'immunosoppressione, diventava più alto che in entrambi i momenti precedenti. In particolare, prima di qualsiasi intervento, aumentava significativamente l'incidenza del linfoma di non-Hodgkin, del sarcoma di Kaposi, tumore alle labbra, al colon e alla tiroide. Con la dialisi raddoppiava l'incidenza del sarcoma di Kaposi, tumore alle labbra, alla lingua, allo stomaco, al polmone, alla cervice, alla tiroide e in altre localizzazioni non specificate. Con l'immunosoppressione e il trapianto, oltre ad alcuni di quelli riportati si aggiungevano altri siti di insorgenza e per 18 di questi l'incidenza diventava tripla, dei quali, per altro, cinque sono associati all'infezione da papillomavirus: tumore della lingua, del cavo orale, della vagina, della vulva e del pene. Anche per altre forme di tumore è possibile risalire a una causa virale: il virus di Epstein-Barr per il linfoma di Hodgkin e di non-Hodgkin; il virus dell'epatite B e C per il tumore al fegato e l'herpes virus per sarcoma di Kaposi. E' evidente che l'aumento dell'incidenza è riconducibile all'uso di immunosoppressori, ma visto comunque l'aumento dell'incidenza nella popolazione di pazienti con la patologia terminale, gli autori della ricerca ipotizzano che altri aspetti della malattia e del trattamento emodialitico. Le alterazioni del metabolismo, i deficit nutrizionali, la ritenzione di composti cancerogeni, l'interazione tra uremia e disfunzione immunitaria indotta dalla dialisi, espongono a fattori di rischio come radiazioni ultraviolette, tabacco e alcol. Gli immunosoppressori non fanno altro che inserirsi in un quadro già compromesso.

Simona Zazzetta



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