Xenotrapianto ancora lontano

07 marzo 2007
Aggiornamenti e focus

Xenotrapianto ancora lontano



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C'è chi ritiene che lo xenotrapianto potrà avere un grande impulso nel secolo in corso e potrà permettere di ovviare a uno dei principali problemi relativi ai trapianti: la carenza di organi. C'è chi, al contrario, ritiene sia una perdita di tempo, in virtù dei pochi risultati ottenuti fino ad oggi e delle grandi problematiche sia tecniche che etiche che questo tipo di trapianto comporta. Ma di che cosa si tratta esattamente? Lo xenotrapianto è il trapianto di organi, cellule o tessuti tra specie animali differenti. Il maiale è il donatore per eccellenza, visto che dispone di organi anatomicamente e fisiologicamente simili a quelli umani. Ma fino a ora non si è giunti a risultati definitivi, e se ne parla ormai dagli anni '60. La rivista Journal of Applied Genetics ha recentemente pubblicato una review che passa in rassegna gli studi effettuati fino ad oggi e fa il punto della situazione.

Un'alternativa credibile?


Il problema da affrontare è quello delle lunghe liste d'attesa e della carenza di organi disponibili. Basti pensare che se anche tutti dessero l'assenso alla donazione degli organi, comunque qualcuno rimarrebbe senza. Negli Stati Uniti le liste d'attesa eccedono di 88000 pazienti e il rapporto donatori e pazienti è di 1:4. Servono alternative. E lo xenotrapianto è da anni considerata un'alternativa credibile. A fasi alterne però. Negli ultimi anni si è in una fase di ristagno, sia perché alcuni trial clinici tardano a realizzarsi, sia perché i fautori si sono arroccati su posizioni più caute. In più la Food and Drug Administration ha emanato linee guida particolarmente restrittive sull'argomento. Ma gli ostacoli tecnici a questo tipo di trapianti non mancano. Si va dal rigetto iperacuto che si verifica entro pochi minuti, al rigetto vascolare acuto che si verifica entro pochi giorni, al rigetto cellulare definitivo che si verifica dopo alcune settimane. Problemi che si manifestano dai primi tentativi di trapianto di questo genere. Già negli anni '60 quando il francese Kuss e l'inglese Ross trapiantarono il rene e il cuore di un suino in un essere umano, i riceventi rigettarono gli organi nel giro di pochi minuti. Il fatto è che mentre nell'allotrapianto, cioè tra organismi della stessa specie, esiste una reazione di rigetto acuto che è facilmente dominabile coi farmaci disponibili, nel caso di trapianti tra specie diverse, esistono anticorpi preformati che causano il rigetto iperacuto. Una reazione molto aggressiva del sistema immunitario del ricevente verso il tessuto del maiale riconosciuto come estraneo all'organismo. Una reazione che avviene molto precocemente dopo xenotrapianto e comporta la perdita irreversibile dell'organo trapiantato per coagulazione del sangue al suo interno (trombosi intravascolare). Un problema superabile? Una strategia messa in campo è quella della creazione di animali transgenici, nei quali l'espressione di alcune proteine umane sulla superficie cellulare possa ridurre e, possibilmente prevenire, alcuni dei meccanismi di rigetto. Un tentativo di superare il problema che per il momento ha portato a un tasso di sopravvivenza di 23 giorni con trapianto di cuore di maiale in un primate. Ma ancora la soluzione è di là da venire. Ma i problemi non finiscono qui. Uno dei problemi più evocati dai detrattori, infatti, è il rischio di trasmissione di zoonosi (infezioni degli animali) all'uomo. Questi agenti patogeni, come sostiene il libro Ladri di geni di Gianni Tamino, ad esempio virus o retrovirus, trovano grazie all'immunosoppressione praticata per evitare il rigetto, le condizioni ideali per passare all'uomo e tramutarsi, col tempo, in agenti patogeni umani; tanto più che le barriere naturali di difesa contro le infezioni, la pelle e il tratto gastrointestinale, vengono in questo modo aggirate. E l'ipotesi dell'orgine dell'Aids dalle scimmie la dice lunga in questo senso. Le perplessità perciò non mancano e in più il crescente successo della ricerca sulle cellule staminali, con la produzione in vitro di tessuti e organi per trapianti, ha ridotto gli sforzi nella ricerca sugli xenotrapianti. Almeno per ora. Ma non sembra essere finita qui.

Marco Malagutti



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