Il rene non si vende

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Il rene non si vende



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Un noto chirurgo milanese dichiarò una volta che "la chirurgia era un atto troppo impegnativo per prestarlo a pagamento" ragion per cui iniziò e chiuse la sua carriera in un ospedale pubblico dove, appunto, il paziente non paga direttamente. Lo stesso si potrebbe dire della donazione di organi. Un atto troppo estremo, anche quando si effettui il prelievo da cadavere, perché possa essere affidato alle leggi del mercato. E tuttavia la questione non è così semplice, a maggior ragione se si tratta di donazione da vivente. A scanso di equivoci sarà il caso di dire subito che le voci di predazione, traffico e furto di organi non hanno nulla a che vedere con l'Italia.
Tuttavia un problema di mercato esiste altrove. Negli anni novanta fece scalpore il caso dei pazienti che migravano in India per potersi sottoporre al trapianto di rene, con una pratica in cui al donatore veniva riconosciuta un compenso in qualche modo mascherato da donazione. Fece scalpore anche perché vi furono pure italiani che ricorsero a questa possibilità.
La legge Italiana a questo riguardo è rigorosissima. Non solo è vietata la vendita di organi e tessuti, ma non è nemmeno possibile importare o esportare tessuti e organi, anche a titolo gratuito, da e verso paesi in cui si sappia che ne viene fatto commercio. Il tutto è contenuto nell'articolo 19 della Legge 1° aprile 1999, n. 91 "Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti"pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 15 aprile 1999.

Dal punto di vista del paziente


Va detto che è difficile condannare il paziente che, privo di altre prospettive, accetti una situazione di questo tipo, però va chiarito che al di là delle questioni morali, anche dal punto di vista medico gli inconvenienti non sono pochi. Anche quando ci si reca all'estero per eseguire un trapianto "regolare" in linea di massima il decorso è meno favorevole: i controlli medici sono più difficili, comunque onerosi e, in definitiva, i benefici per la salute vengono ridotti, a volte drasticamente. E si sta parlando di strutture riconosciute, spesso pubbliche e, insomma, di procedure condotte alla luce del sole. Il tema di questi acquisti è stato rilanciato recentemente da un'inchiesta della rivista canadese Featurewell, ripresa in Italia dal Manifesto. In questa inchiesta giornalistica si faceva il caso della Turchia, paese nel quale ha a lungo operato, e opera ancora, il dottor Yusuf Ercin Sonmez, che ebbe l'idea di far giungere nel suo paese i "donatori" di reni indiani così da risolvere il problema delineato prima: dover fare assistenza postoperatoria a pazienti trattati all'estero. D'altra parte la situazione dei nefropatici turchi era drammatica: 11.000 persone in lista d'attesa contro 3.500 interventi l'anno. Dopodiché Sonmez pensò bene di allargare il giro, organizzando un vero e proprio mercato in cui nefropatici israeliani potevano acquistare trapianti chiavi in mano in Turchia grazie a donatori indiani ma anche dei paesi dell'Est europeo. Inutile dire che Sonmez è stato radiato dall'Ordine dei medici turco e interdetto dall'attività (che però pare riesca a proseguire più o meno clandestinamente).

Oltre le leggende metropolitane


Dunque c'è un problema reale, tanto che un Ente al di sopra di ogni sospetto di scandalismo come l'Università Di Berkeley ospita Organs Watch, un'organizzazione no profit che si propone di controllare la veridicità e la fondatezza di tutte le notizie in merito a commercio e predazione di organi e tessuti di cui viene a conoscenza. Tra l'altro, Organs Watch si è avvalsa anche del supporto economico dell'Open Society Institute, la fondazione istituita dal multimiliardario George Soros. Di molte di queste notizie si è avuto riscontro obiettivo, come nel caso della Repubblica Popolare Cinese, dove gli organi dei condannati a morte (visto che lì la pena capitale è ammessa e largamente praticata) vengono effettivamente venduti. Anche all'estero, come prova il fatto che nel febbraio 1998 l'FBI arrestò a New York due cittadini cinesi che stavano trattando la vendita di cornee, reni e fegato di prigionieri giustiziati. Persino negli Stati Uniti, a metà degli anni ottanta, un uomo d'affari della Virginia propose di importare reni dai paesi del Terzo Mondo, e fu l'allora senatore Al Gore (poi vicepresidente con Clinton) a promuovere la legge che vietava qualsiasi compravendita di questo tipo.
Le leggi comunque ci sono, ma questo non basterà se non passa il concetto che mettere a disposizione della società i propri organi dopo la morte è un imperativo morale: a questo punto non soltanto per aiutare a sopravvivere altri esseri umani altrimenti condannati, ma anche per evitare speculazioni che è poco definire rivoltanti.

Maurizio Imperiali



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