Psicosi da anti-ADHD

06 febbraio 2009
Aggiornamenti e focus

Psicosi da anti-ADHD



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Non è così raro che gli enti regolatori per l'approvazione dei farmaci, dopo l'entrata in commercio del prodotto, richiedano ulteriori chiarimenti per evidenziare eventuali effetti collaterali nella popolazione di pazienti trattati. Ed è proprio quello che ha richiesto la Food and Drug Administration (FDA) alle aziende farmaceutiche produttrici di farmaci per il trattamento del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). L'invito è stato esteso per tutti i prodotti approvati e proposti per l'approvazione negli Stati Uniti, con l'obiettivo di migliorare la conoscenza delle potenzialità di indurre reazioni psichiatriche avverse e determinarne la frequenza.

Casi e segnalazioni


Gli autori dell'analisi, esperti del Center for Drug Evaluation and Resaerch (CDER) dell'FDA, hanno voluto valutare due tipi di dati sugli eventi avversi: quelli provenienti dai database degli studi clinici condotti in programmi di sviluppo delle molecole per uso pediatrico e quelli raccolti dalle segnalazioni spontanee di casi nell'Adverse Event reporting System (AERS) sempre dell'FDA. E' stato possibile esaminare 49 studi clinici randomizzati e controllati contro placebo, relativi a otto farmaci, tra approvati e proposti, e sono stati rilevati 11 casi tra bambini e adulti, di eventi avversi consistenti in allucinazioni, psicosi e manie, che coinvolgevano sensazioni tattili o visive di insetti, serpenti e vermi, riportate soprattutto nei casi pediatrici. Dalla fonte AERS sono invece state riscontrate 865 segnalazioni postmarketing di casi di segni e/o sintomi di psicosi o manie. La maggior parte erano casi pediatrici, e quasi metà interessavano bambini non più grandi di 10 anni. I sintomi scomparivano alla sospensione della terapia in una percentuale variabile dal 25 al 59%, a seconda del farmaco, ma non era stato possibile risalire a nessun tipo di fattore di rischio per la maggior parte degli eventi.

Pericolo di diagnosi aggiuntive


Le evidenze raccolte hanno portato i ricercatori dell'FDA ad alcune conclusioni, la prima delle quali è che il numero dei casi è limitato e da considerarsi piccolo. Ma la non significatività statistica non significa trascurabilità clinica, dal momento che nei gruppi trattati con il placebo non erano stati registrati eventi avversi di questa natura. La prima ricaduta di queste osservazioni è che la prescrizione di uno qualsiasi di questi farmaci deve essere accompagnata dalla piena consapevolezza da parte di medici, pazienti e genitori che sintomi psicotici o manie possono comparire in soggetti trattati con terapie standard e approvate. Sottolineano più volte questo passaggio proprio perché tra le peggiore ipotesi prospettate c'è anche quella di vedere bambini trattati con altri farmaci anche per questi effetti collaterali, col rischio di diagnosi aggiuntive. E Kate Gelperin, coautrice dell'indagine, aggiunge: "Un altro punto su cui dovremmo richiamare l'attenzione è che questi farmaci sono sempre più usati in bambini più piccoli, se dovessero avere allucinazioni, non sarà facile capire che cosa gli sta accadendo e non sarà certo facile per loro descriverlo a un adulto. Quindi se un bambino dice di non voler andare a letto perché è pieno di formiche, va considerata l'ipotesi che potrebbe essere in atto uno degli eventi avversi riscontrati". Inoltre, mostrano preoccupazione per la dimensione del fenomeno, a loro avviso sottostimato, dal momento che i campioni inclusi negli studi clinici sono popolazioni selezionate per assicurare un'elevata probabilità di successo della terapia e bassa probabilità di intolleranza, una circostanza che però non rispecchia la pratica clinica. In uno scenario così delineato la presentazione del profilo di sicurezza da parte del medico prescrittore diventa una condizione strettamente necessaria prima di avviare la terapia.

Simona Zazzetta



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