Miopatie da statine

11 gennaio 2006
Aggiornamenti e focus

Miopatie da statine



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Correva l'anno 2001, quando esplose il caso della statina (cerivastatina) che aveva provocato il decesso di pazienti, in particolare una trentina negli Stati Uniti, e un'altra ventina nel mondo. Superato il furore della cronaca, si seppe che alcuni dei pazienti morti oltre alla statina, assumevano anche un altro farmaco e l'associazione risultò altamente pericolosa. In pratica, la combinazione di statine e fibrati generano condizioni tali da provocare la rabdomiolisi, vale a dire rottura delle fibre muscolari. Ha conseguenze fatali quando porta all'insufficienza d'organo, per eccessiva distruzione del tessuto muscolare, sia per l'entrata in crisi dei reni che non riescono a smaltire l'eccesso di sostanze riversate in circolo dal muscolo colpito. Un effetto collaterale, per altro segnalato, che si amplifica in associazione all'uso di altri farmaci.
Chiarita la questione sulle motivazioni dei casi e le responsabilità, e presi i dovuti provvedimenti sulla statina in questione, questa classe di farmaci continua a essere molto usata per la sua capacità di ridurre la morbidità e la mortalità cardiovascolare. Non a caso molte ricerche sono orientate sul possibile ruolo delle statine nel trattamento della demenza, l'ipertensione, il diabete mellito e l'artrite. Ma gli effetti collaterali restano, quelli miotossici, che comportano dolore muscolare che interessa dal 2 all'11% dei pazienti in cura e che, a livello clinico, si manifestano con un aumento di 10 volte della concentrazione di creatin chinasi. Inoltre, esistono fattori di rischio che esasperano la miopatia fino a rabdomiolisi, come l'insufficienza renale, la disfunzione epatica e l'ipotiroidismo.

Scelta consapevole


Tutti questi elementi vanno presi in considerazione nel momento in cui si inizia una terapia, e averne il più possibile aiuta a fare una scelta informata. Per esempio, l'esito di un'eventuale miopatia, cioè il corso naturale del disturbo, è un dato importante da sapere. Con questo obiettivo sono stati seguiti 45 pazienti che avevano sviluppato la miopatia in seguito all'assunzione di statine, con l'ipotesi che questo tipo di miopatia fosse autolimitante, cioè con un decorso clinico favorevole, sulla base della pratica clinica. Quasi tutti (44) avevano dolore muscolare, descritto come molto grave in più della metà e a carattere diffuso; 14 riportavano debolezza con limitata capacità funzionale nella vita quotidiana. La durata media della terapia con statine era stata di 6,3 mesi, circa un terzo dei pazienti aveva avvertito il dolore muscolare entro un mese dall'inizio, un altro terzo dopo sei mesi di cura. Nel 52% dei casi erano stati prescritti anche altri farmaci noti per l'interazione con la statina (calcio bloccanti, gemfibrozil, antibiotici macrolidi, ciclosporine, nefazodone cloridrato).
Le cartelle cliniche indicavano che in media dopo tre mesi dalla sospensione della cura si aveva la remissione: il 57% dopo un mese, il 34% dopo sei mesi, il 7% dopo 14 mesi. Il 13% invece era stato ricoverato per rabdomiolisi, si trattava di sei soggetti che assumevano anche altri farmaci inclusi tra quelli individuati come rischiosi nell'associazione con statine. In questi pazienti la disfunzione renale era generalmente temporanea e presente solo nella metà dei casi; alcuni, inoltre, tolleravano altre statine diverse da quelle assunte fino ad allora, senza sintomi ricorrenti.
I risultati, per quanto favorevoli o relativamente favorevoli, non escludono né minimizzano i rischi: i rischi ci sono, ciò che viene evidenziato è che le conseguenze sono reversibili. E' saperlo che rende la scelta informata e consapevole, come dovrebbe essere, sempre.

Simona Zazzetta



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