Contro la discriminazione genetica

25 maggio 2007
Aggiornamenti e focus

Contro la discriminazione genetica



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Oggi esistono test che possono identificare il rischio di sviluppare circa 2000 malattie, dal diabete ai tumori. E ci sono laboratori che promettono di individuare la propensione genetica all'alcolismo e al gioco d'azzardo. Un indubbio progresso, che, come tutti i progressi, porta con sé alcuni aspetti problematici da non sottovalutare. Uno su tutti riguarda l'aspetto della privacy che, non regolato da leggi, espone chi si sottopone al test a una possibile discriminazione sia da parte delle assicurazioni che stipulano polizze sanitarie sia da parte dei datori di lavoro. Del problema si è occupato un editoriale del New England Journal of Medicine proprio in occasione del via libera della Camera statunitense alla legge che vieta le discriminazioni genetiche.

Il cammino della legge


La legge non arriva all'improvviso. La prima legge sulla privacy genetica è apparsa nel 1989, infatti, negli Stati Uniti, in California, subito dopo il lancio del progetto genoma umano. Quindi nel 2005 il Senato americano ha deciso di varare all'unanimità una legge che proibisce alle società di assicurazione e ai datori di lavoro di operare discriminazioni ai danni di persone che abbiano una predisposizione genetica verso certi mali. "Il suo effetto immediato sarà quello di proteggere le persone che oggi sono riluttanti a sottoporsi a test genetici di qualsiasi tipo per paura di perdere il lavoro o l'assistenza medica" commentò la senatrice repubblicana, sponsor del disegno di legge. Perché la legge passasse alla Camera statunitense, però, c'è voluto parecchio tempo, anche se il testo è stato approvato con 420 voti favorevoli e solo tre contrari. Ora approderà al Senato. Ma la sua approvazione definitiva sembra scontata, visto anche il forte appoggio del presidente Bush in persona. Contraria, oltre alle potenti lobby assicurative e industriali, solo la Camera di Commercio statunitense, secondo la quale "la normativa avrà solo l'effetto di aumentare le cause, costosissime, degli impiegati contro le aziende".

Dati da non diffondere


Una normativa indispensabile, sottolinea invece l'editoriale del New England Journal of Medicine. Senza l'adeguata protezione legale, la paura della discriminazione genetica è tangibile ed è una paura che ha ricadute sia sulla ricerca medica sia sulla cura. La genetica, del resto, è entrata a pieno titolo in tutte le aree della ricerca medica e i ricercatori propongono sempre nuovi studi di popolazione, che permettano di distinguere li contributo della genetica stessa, dell'ambiente o dello stile di vita, a determinate malattie. Certo, però, se non adeguatamente tutelati, sono pochi i soggetti che accettano di sottoporsi a simili ricerche. E lo stesso dicasi per le nuove cure. L'entusiasmo pubblico per la genetica è evocato sempre più spesso. Ma un conto sono le speranze in nuove terapie, un altro è che i propri dati genetici siano condivisi da datori di lavoro e assicuratori, un problema quest'ultimo particolarmente sentito negli Stati Uniti. Un'eventualità che potrebbe portare i pazienti a rinunciare a un eventuale test genetico, benché utile per la salute. Una paura che pervade anche il mondo medico. Ecco perché, continua l'editoriale del New England, l'approvazione del Congresso statunitense è molto positiva, nonostante i tentativi di opporsi di imprenditori e assicuratori. Anche in Italia nel frattempo il Garante della privacy ha emanato nuove regole sulla raccolta e l'uso dei dati genetici a fini di ricerca e tutela della salute. Tra le altre cose, il garante stabilisce che i dati genetici non possono essere diffusi. I risultati delle ricerche possono essere diffusi solo in forma aggregata. Viene ribadito, così, il divieto di utilizzo dei dati genetici da parte del datore di lavoro e delle assicurazioni. In attesa di una legge organica, un primo passo importante.

Marco Malagutti



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