L'alternativo vale la candela?

24 giugno 2005
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L'alternativo vale la candela?



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Valutare le terapie complementari, ma anche quelle alternative, significa anche tenere presente l'aspetto economico. La cosa è piuttosto intrigante, perché in effetti le medicine complementari impiegano di solito sostanze naturali (piante, integratori eccetera) poco costose oppure non impiegano alcun tipo di medicinale (è il caso dell'agopuntura o della chiropratica) e comunque hanno un ricorso alla tecnologia molto basso. Quindi, in caso di risultati in termini di efficacia almeno equivalenti, dal punto di vista economico potrebbero in molti casi valere la pena. Malgrado questo, come ricorda uno studio recente, le analisi economiche che mettano a confronto terapie complementari e terapie scientifiche sono relativamente poche e anche tra quelle finora condotte, le ricerche con tutte le carte in regola non sono molte. Su 56 valutazioni economiche, infatti, soltanto 14 rispondevano a tutti principali criteri di qualità. Tanto per citare alcuni esempi, tra le terapie complementari che sono risultate più convenienti delle cure tradizionali anche dal punto di vista economico si trovano: l'agopuntura per l'emicrania, la manipolazione per il mal di schiena, le tecniche di visualizzazione e rilassamento per coloro che hanno subito interventi cardiaci, persino la spa therapy (bagni in acque mineralizzate, massaggi eccetera) per i malati di Parkinson.

Questione di soldi, ma non solo


Giustamente gli autori dello studio parlano di medicine complementari, in quanto è ovvio che l'aromaterapia non può sostituirsi ai farmaci impiegati per controllare il parkinsonismo, ma associare questi trattamenti può a volte ridurre l'uso di altri farmaci o anche della cura, principale. Nel caso classico dell'ipertensione, peraltro, è provato che chi fa attività fisica spesso richiede un dosaggio inferiore di medicinali per mantenere la pressione sotto controllo. In alcuni casi, però, la terapia complementare non mostra un vantaggio così netto. Per esempio, una di queste indagini di alta qualità aveva esaminato le tecniche di controllo dello stress nei pazienti sottoposti a chemioterapia condotte però in due diverse modalità: sotto la guida di un terapeuta o autonomamente da parte del paziente. Nel primo caso non cambiava nulla rispetto alla situazione tradizionale, nel secondo il paziente "stava meglio", e si otteneva un vantaggio economico. Un altro aspetto da sottolineare, però, è che quando si parla di vantaggio economico non si intende, il più delle volte, un risparmio in denaro, ma un aumento dell'utilità economica del paziente, che a sua volta viene valutata in termini di QUALY, cioè di anni di vita pesati per la qualità. In altre parole, il paziente ha una qualità di vita migliore e, di conseguenza, può dedicarsi di più alle normali occupazioni, comprese quelle che danno un reddito. E' chiaro che non è sempre così: se si ricorre alla chiropratica per la lombalgia, e il rimedio funziona, si useranno meno antinfiammatori e questo comporta un risparmio netto.

Il caso dell'agopuntura


Al di là degli aspetti tecnici, però, resta il fatto che questa valutazione a tutt'oggi manca e che, quindi, pensare di poter far erogare le prestazioni complementari a carico dell'assistenza sanitaria resta un obiettivo irrealistico: le risorse sono poche e prima di destinarle a nuove prestazioni è bene sapere se ne vale la pena. C'è anche una resistenza da parte degli stessi professionisti che si dedicano alle medicine complementari: perché l'erogazione a carico di mutue, assicurazioni o servizi pubblici significa porre un tetto alle richieste economiche, adottare pratiche più o meno standardizzate e questo contrasta con l'idea di terapia individualizzata. Peraltro, nella prospettiva europea, alcune pratiche sono già entrate nel circuito dell'assistenza erogata dalle strutture pubbliche o convenzionate, per esempio l'agopuntura. Che caso strano conta molti studi rigorosi ed economicamente conviene...

Maurizio Imperiali



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