Come bere un bicchier d'acqua

07 settembre 2005
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Come bere un bicchier d'acqua



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Il colpo è duro. Già perché se da tempo l'omeopatia è una disciplina medica discussa, nessuno aveva mai usato toni ultimativi come quelli usati sulla rivista Lancet, secondo la quale si tratta di finti rimedi pari a bere un bicchiere d'acqua. Di più. L'editoriale pubblicato dalla rivista afferma, a scanso di equivoci, che "bisogna che i dottori siano chiari e onesti con i loro pazienti sull'assenza di benefici dell'omeopatia, e con se stessi sulla debolezza della medicina moderna nel prendere atto del bisogno di attenzione personalizzata da parte di loro pazienti". Come a dire: l'omeopatia non funzionerà ma qualche problema la medicina tradizionale deve averlo se i pazienti cercano alternative. Ma su che cosa si basano queste nuove conclusioni pubblicate da Lancet? A scatenare il dibattito è stato uno studio dell'università di Berna nel quale l'omeopatia viene definita un placebo privo di effetti reali.

Una storia lunga un secolo


Va detto, innanzitutto, che la ricerca non è priva di precedenti. In Italia, infatti, già nel corso dello scorso anno il comitato di bioetica si era pronunciato, prima opponendosi a un progetto di legge che prevede l'insegnamento universitario e la creazione di corsi di formazione per terapie alternative, come l'omeopatia, e poi sconsigliando l'uso dei prodotti ai bambini se non per patologie molto lievi. In più il "Gruppo 2003", un gruppo di scienziati tra i quali Silvio Garattini e Giuseppe Remuzzi, ha firmato un documento contro le medicine alternative. Ma l'avversione all'omeopatia va ancora più indietro nel tempo se si considera, come fa l'editoriale di supporto alla ricerca, che già nel 1846 John Forbes aveva comparato omeopatia e allopatia. Le conclusioni? L'omeopatia in molti casi funziona come la medicina tradizionale ma non certo per il principio che le diluizioni successive aumenterebbero la potenza, la cosiddetta memoria dell'acqua che è uno dei principi cardine dell'omeopatia, e che per Forbes è un "oltraggio alla ragione". L'idea di Forbes era che si trattasse di concentrarsi sui "demeriti" della medicina allopatica. Ed eravamo nel 1846! I ricercatori svizzeri hanno comparato i risultati di 110 trattamenti omeopatici con altrettante somministrazioni di farmaci convenzionali, in situazioni cliniche che vanno dalle affezioni respiratorie a malattie che richiedono cure chirurgiche. Di questi poi ne sono stati selezionati un certo numero di maggiore rigore metodologico dai quali risulterebbe che l'omeopatia non ha effetti più rilevanti del placebo. Il contraccolpo non è stato da poco. Del resto si parla di una disciplina medica (o presunta tale a questo punto...) che riguarda soltanto in Italia 7,5 milioni di persone, con una spesa sanitaria complessiva di 290 milioni di euro l'anno per patologie che vanno da quelle gastrointestinali (18%) alle allergie (11%) e all'ansia (9%). Le risposte non si sono fatte attendere e a farsene portavoce è stato Antonio Negro, decano dei medici omeopatici italiani. Negro ha dichiarato a La Repubblica che "quando prendiamo in considerazione studi scientifici come questo, che sono di sicuro interesse, dobbiamo considerare però che in gran parte si occupano di situazioni teoriche, a carattere sperimentale. La salute e la guarigione di un paziente non consistono nella sola variazione di alcuni valori presi arbitrariamente in considerazione". La difesa cioè è di fatto sempre la stessa: l'omeopatia è una disciplina fortemente individualizzata, in cui il trattamento viene selezionato sulla base delle specifiche modalità con cui ciascun disturbo si manifesta in ogni singolo paziente. In attesa che si trovino i giusti criteri per dare valutazione scientifica all'omeopatia, la sensazione è che di questa vicenda, nonostante i toni definitivi di Lancet, si tornerà a parlare molto presto.

Marco Malagutti



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