Bimbi tristi, adolescenti infelici

31 gennaio 2003
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Bimbi tristi, adolescenti infelici



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Ha destato molto scalpore nell'opinione pubblica, e anche in molti medici, la notizia che gli Stati Uniti hanno autorizzato l'uso nei bambini dai 7 ai 17 anni di un noto farmaco antidepressivo.
L'autorizzazione porta la firma della FDA (Food and Drug Administration) e giunge in seguito ai risultati positivi di studi clinici effettuati proprio su bambini e adolescenti. Il farmaco è la fluoxetina e appartiene alla classe degli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina), gli antidepressivi più recenti caratterizzati da un buon profilo di tollerabilità.
Si tratta sempre di uno psicofarmaco e le statistiche americane parlano di cifre allarmanti: la depressione colpirebbe il 2,5% dei bambini e l'8% degli adolescenti, il Disordine Ossessivo-Compulsivo (DOC) il 2% di entrambe le fasce d'età. Comprensibile che questi fatti destino preoccupazione e anche incredulità: anche i figli degli italiani sono davvero così infelici? Il ricorso ai farmaci non rischia di essere poco educativo?
Per avere una visione realistica, scientifica ma anche oggettiva, della situazione nel nostro Paese, Dica33 si è rivolto a uno specialista: il dottor Maurizio Bonati, direttore del Laboratorio per la Salute Materno-Infantile dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.

"Innanzitutto ridimensiono subito le cifre: i disturbi depressivi non sono affatto così diffusi. Tuttavia il DOC rientra tra le prime 10 malattie che affliggono i bambini della Comunità Europea, in particolare il nord Europa. Forse un segno dei tempi: ora che gravi patologie infettive sono quasi dimenticate emergono i disturbi dell'umore. Da uno studio effettuato dal Mario Negri, che sarà pubblicato a breve, risulta che il consumo (sporadico o cronico) di antidepressivi in Italia riguarda l'1,7 per mille dei minorenni; numeri decisamente tranquillizzanti".

Come si fa a capire se un bambino è depresso?


"Non è facile, o meglio è più difficile che con gli adulti perché durante l'infanzia le capacità espressive verbali sono ridotte. Il bambino fatica ad esprimere il suo disagio a parole, mentre lo manifesta con il suo comportamento, soprattutto quando si trova in mezzo agli altri. Non a caso i problemi emergono spesso nell'ambiente scolastico, quando il bambino si chiude nel mutismo, piange senza motivo, rifiuta i compagni e gli insegnanti (ma questi sono solo esempi ipotetici). A questo punto ci si rivolge allo specialista, lo psichiatra infantile, l'unico in grado di giungere a una corretta diagnosi".

Fatta la diagnosi servono i farmaci?


"No, assolutamente no. Nella maggior parte dei casi bambini e adolescenti vengono indirizzati verso un'adeguata psicoterapia, che dovranno seguire per qualche anno o più. In casi o momenti particolari può essere necessario aiutare i pazienti con un farmaco, che si affianca alla psicoterapia senza mai sostituirla".

In Italia però non ci sono antidepressivi per uso pediatrico, mentre negli Stati Uniti...

"Non è corretto: formulazioni pediatriche non esistono per ora in nessuna nazione. In Italia (e altrove) si sono sempre usati i farmaci per gli adulti, adattandone le dosi all'età dei pazienti. Si tratta del cosiddetto utilizzo off-label, consentito appunto in casi particolari. Gli studi effettuati dall'azienda statunitense, produttrice della fluoxetina, hanno confermato quanto già si praticava, connotandolo però di un maggior rigore etico. Oggi, infatti, è possibile prescrivere la fluoxetina a pazienti dai 7 ai 17 anni, sapendo a quali effetti collaterali potranno andare incontro. Sono informazioni utili a tutti i medici, anche se in Italia si tende a utilizzare un altro principio attivo, la paroxetina, sempre della classe degli SSRI".

Dunque i farmaci ci sono, mancano le informazioni sugli effetti che hanno nei bambini e negli adolescenti?

"Certo e questo è un grande problema sia per gli psichiatri sia per le famiglie. La fluoxetina ha confermato la sua efficacia anche su bambini e adolescenti, negli studi però la terapia farmacologica è durata solo 4-5 mesi, un intervallo di tempo troppo breve per aspettarsi una guarigione. Inoltre dopo 4 mesi compaiono alcuni effetti inaspettati: i piccoli pazienti hanno perso 1 kg di peso e sono cresciuti, in media, 1 cm meno dei loro coetanei. Eventi, questi, magari trascurabili negli adolescenti ma difficilmente accettabili nei bambini. In pratica sorge il lecito sospetto che la fluoxetina rallenti lo sviluppo".

Sono queste le ragioni di tanto allarmismo?

"In parte sì, in parte ve ne sono anche altre. Ricorrere agli psicofarmaci sapendo che, diversamente da un antibiotico, non sono in grado di debellare il disturbo scatena ovvi sensi di colpa. E un po' di colpe forse questa società le ha davvero. La scoperta di farmaci sempre più efficaci ha ridotto le malattie a semplici sintomi acuti, mi spiego: se esiste un farmaco che funziona la malattia deve scomparire in tempi brevi. Invece non è sempre così e lo dimostra il fatto che permangono molte patologie croniche.
I disturbi psichiatrici segnalano, specie nei bambini, l'esistenza di disagi relazionali e sono soprattutto una richiesta di attenzione. Attenzione che deve giungere dalla famiglia, dal medico, dagli insegnanti. Curare un disturbo dell'umore in un bambino o in un adolescente significa, prima di tutto, prendersi il tempo di ascoltarlo, per capire cosa lo disturba, quali implicazioni il disturbo ha con la sua crescita. Raggiungere una diagnosi, intraprendere un percorso di cura, con la psicoterapia e, se necessario, i farmaci, sono solo il primo passo. Il bambino, e il ragazzo poi, va seguito con costanza e pazienza in modo da essere sempre pronti a cogliere le sue richieste d'aiuto. Senza dimenticare che i minori sono più deboli, anche per il fatto che devono subire le scelte degli adulti: non possono decidere autonomamente come curarsi".

Elisa Lucchesini



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